EDUCATORE
In termini ideali si potrebbe dire che è e. chi educa, vale a dire chi guida i processi di liberazione del potenziale vitale, di crescita e maturazione organica e funzionale, d’inserimento libero e attivo nella realtà della vita, di costruzione di sistemi personali di cultura. Con funzione di → formatore aiuta il soggetto (→ educando e → soggetti dell’educazione) a dotarsi di buone forme d’essere, di sapere, di agire, di comportarsi, di fare, riferendosi all’esperienza e alla cultura.
1. Tipi di e. Possiamo distinguere diversi tipi di e. a) E. per natura sono i → genitori. Prolungano la generazione nell’educazione, gestendola in condizioni privilegiate affettive, morali, sociali e perciò anche pedagogiche, perché primarie ed esemplari, anche se con insufficienze inevitabili che richiedono l’integrazione esterna di istituzioni e di operatori esterni. Validità e efficacia dipendono dalla → maturità globale generativa consapevole e intenzionale a riguardo dei figli e in relazione al proprio dovere e compito. Dipendono inoltre dal possesso iniziale e progressivamente aggiornato dei requisiti per proseguirla. Oggi nell’educazione dei figli emergono impreparazioni, influssi culturali e sociali negativi, rapporti difficili con le integrazioni esterne. Si è fatto urgente per i genitori un grave compito di educazione preventiva, di accompagnamento, di integrazione. A padre e madre si aggiungono le altre figure familiari e parentali e in certo senso i gruppi di convivenza stretta, incominciando da una presenza quasi naturale dei coetanei, anche di diverso sesso. b) E. per professione voluti dalla società in rapporto alla complessificazione e differenziazione dei compiti sociali. I loro titoli sono l’esperienza e la loro competenza professionale. Nel loro caso i programmi e i metodi sono da costruire, i buoni rapporti e il consenso da meritare, sia quando sostengono, aiutano o integrano la famiglia, sia quando sviluppano impegni educativi autonomi di → scuola, animazione, consulenza e orientamento, formazione professionale, terapia e rieducazione (insegnanti, animatori, orientatori, e. professionali, formatori, terapeuti, ecc.).
2. Qualità dell’e. Un quadro indicativo (che può valere come criterio di selezione e di reclutamento e che può essere utile per progettare la formazione o l’aggiornamento degli e.) include: – il possesso, proporzionato al compito, almeno sufficiente, della scienza e dell’arte dell’ → educazione: – la capacità pedagogica di leggere e interpretare, nelle situazioni, i bisogni e le possibilità, di definirvi finalità e obiettivi a medio e breve termine, di progettare contenuti e processi per le varie dimensioni della → persona e della vita da educare. In passato si collegava l’immagine del buon e. con la sua capacità di vedere, valutare e aprirsi affettivamente e relazionalmente agli educandi. Oggi si bada anche alla personalità profonda dell’e. che, emergendo dal suo intimo cosciente o inconscio, condiziona la percezione dei giovani e la relazione con essi, tende a tradursi in peculiare clima interpersonale, relazionale ed ambientale. L’e., con il suo messaggio affettivo e dinamico caratteriale, di personalità globale, mette in gioco idee e mentalità, percezioni e convinzioni, identità e immagini di ruolo, desideri palesi e nascosti, soprattutto motivazioni del suo essere e agire come e. in generale e nella situazione concreta. W. Schraml parla di necessaria «igiene mentale dell’e.». Possiede esigenze ideali o le presume e quasi pretende? Si lascia guidare da esse o le impone? Sviluppa controtransfert, ansia, proiezioni, sublimazioni? Come supera i pericoli dei propri limiti, delle proprie vulnerabilità? Manifesta maturità adulta o residui di onnipotenza infantile o di instabilità adolescenziale? In positivo si desiderano 1’ → accettazione profonda e incondizionata dei giovani nella loro realtà dinamica educazionale; l’attenzione alle persone; la capacità di → amicizia educante; il dono paziente e formativo di stima, fiducia, libertà, responsabilità, iniziativa; la capacità di comporre ascendente personale e concentrazione sui → valori proposti e sulla maturazione personale.
3. Gli stili educativi dell’e. A seconda degli stili educativi che assume, si possono distinguere diversi «volti» o «figure» di e. Nel concreto, si tratta per lo più non di estremizzazioni ideali, ma di accentuazioni variamente componibili. a) Il trasmettitore: riproduce tradizioni e sistemi, ripete direttive, è docile e fedele nel conservare. Non critica, non innova. Parla a memoria, chiede memoria. Esalta l’autorità, si propone con autorità. Interroga, non dialoga. b) L’ → animatore: libera forze intime vitali, facilita la crescita, guida la ricerca e la riflessione, impegna a scelte. Spesso è meno attento ai contenuti e più alle dinamiche relazionali, personalizza i rapporti e i messaggi. c) Il mediatore: sviluppa la vitalità e accentua la guida nel dialogo / confronto con le realtà esterne (natura, società, tecnica, cultura, fede) e nell’interazione dinamica di conoscenza, affettività, valutazione, operatività efficiente ed efficace. Forse è lo stile più completo. d) Il manager: organizza quadri, progetti, piani, programmi, istituzioni, esperienze. Spesso è meno attento alle persone e agli stessi valori. e) Lo → psicopedagogista: si concentra sui processi formali; si preoccupa di sanità personale e di normali approcci mentali, affettivi, comportamentali; sblocca situazioni cliniche complicate. f) L’operatore sociale: ama le situazioni ambientali, contestuali; considera le reti causali e solutive; condivide i problemi e cerca soluzioni comunitarie; tende a progetti e metodi socio-pedagogici, investendovi tecniche raffinate di ricerca e analisi dei bisogni e delle condizioni, preparando programmi adeguati di fattori agenti, strutture, mezzi, procedimenti. g) Il carismatico: ha fascino e ascendente di consenso e seguito. La sua personalità tende a diventare criterio di verità e valore. Parole, gesti, modi di pensare e fare diventano di tutti, fino a sembrare originali. h) L’accentratore personale: fa tutto da sé e attorno a sé. i) Il distributore comunitario organico: preferisce la collaborazione a ogni livello. Ricordando con simpatia l’«e. nato» di → Spranger, si pensa oggi a superare figure parziali d’e., quali l’erudito, il moralista, lo psicologo, il sociologo, l’animatore, ricercando figure polivalenti o meglio capaci di operare in → reti educative.
4. Soggetti-e. Sono e.: a) I → giovani come autoeducatori o coeducatori. I giovani sono veri soggetti attivi della propria educazione in quanto investono nei processi il proprio potenziale di vitalità fisica, psichica, mentale, affettiva, spirituale, di pensiero e amore, progetto e condotta. Lo sono quando possono partecipare in modo attivo e responsabile alla propria educazione e formazione; quando colgono senso e valore nei messaggi altrui, li interpretano con significati personali, li traducono in comportamenti fluidi e condotte quotidiane; quando operano con libertà impegnata e guidata le scelte che decidono della loro vita, identità, appartenenze e compartecipazioni. Questa → co-educazione, che passa alla autoeducazione, può crescere fino a rendere sempre meno necessario l’e. b) Le comunità educatrici. L’e. unico è una astrazione, dopo le figure patetiche dei pedagoghi di famiglia. Chi educa è in realtà un sistema e. di persone che convergono con ruoli e qualifiche molteplici e differenziati a un fine comune (famiglia, scuola, la comunità ecclesiale, la città e la società educante, il sistema della comunicazione sociale, del divertimento, dello sport, del lavoro, della politica). I singoli e. hanno personalità e attività ben individualizzata, ma il senso e il valore del loro agire sta nel coordinarsi organico e integrarsi in unità sempre maggiori di progetti e processi convergenti e divergenti, perfino risultando reciprocamente correttivi, comunicando però idealmente quadri organici di valori, giudizi, condotte e operando, come oggi si dice, in rete. La comunità educativa vede tutti i soggetti, adulti e giovani, interni e di contesto, impegnati in un progetto comune di lavoro, convergere in una intesa istituzionale esplicita di consenso, di partecipazione collettiva e differenziata nella unità plurale di progetto, programma, metodo. c) Oggi si diffonde la presenza sistematica di → esperti e consulenti specializzati, non per i casi difficili, ma per la buona impostazione preventiva. Tutti, a proprio modo, collaborano al progetto, verificano e valutano per decidere se proseguire, correggere, migliorare l’intero sistema o qualche fattore di esso, provano miglioramenti ed eventuali sperimentazioni innovative.
5. L’e. in azione. L’e. non è solo una persona, ma un ruolo che svolge una specifica funzione nel processo formativo: a) Informa. La promozione della consapevolezza precede ogni altro sviluppo educativo. Dare coscienza e conoscenza è la prima funzione che impegna l’e. Si estende all’io e alla vita intima, agli universi di appartenenza, alle situazioni e accadimenti, ai contenuti di scienza e notizia. Non è semplice informazione. Punta a comprensione, interpretazione, giudizio di valutazione oggettiva, soggettiva, personale. Implica conseguenze di adesione e azione, ricerca di sintesi di quadri e sequenze, comparazioni, progetti. Richiede all’e., il dominio esperto di molti mezzi, opportunità e tecniche di informazione. b) Motiva. Ben al di là di premi e castighi, guida con autorevolezza la valutazione e la valorizzazione oggettiva, soggettiva, personale di ciò che va assunto, assimilato, condiviso, preferito, scartato. c) Guida esperienze educanti. Oggi, più che per la vita, educa la vita, nella vita. Sa intrecciare positivamente le esperienze spontanee quotidiane con i momenti critici e significativi, ne aggiunge altre capaci di completare l’arco formativo. d) Anima. Supera la → direttività del pensare, giudicare, decidere, scegliere e comportarsi, per farsi animatore esperto e promozionale degli stessi atti, aiutandone la personalizzazione intelligente, responsabile, libera.
6. Formare gli e. L’e. è un po’ la chiave di volta dell’intero sistema e processo formativo. Ne vengono di conseguenza l’urgenza e l’importanza di una sua preparazione e formazione (iniziale, in processo, in continuo aggiornamento). Tale opera di formazione è diretta all’intera personalità dell’e. quale «contesto» del suo ruolo. Ma certo meritano particolare attenzione il ruolo e la funzione per se stessi. Sono frutto di formazione adeguata le competenze scientifiche antropologiche sui giovani d’oggi: facilità e difficoltà, condizioni sociali, culturali, ideologiche e prammatiche del vivere quotidiano, situazioni di convergenza o divergenza con le offerte educative. Ma è pure necessaria la competenza di → metodologia pedagogica, per l’intervento nei vari campi di valori e problemi; il saper raccogliere informazioni e domande, il saper preparare progetti e programmi, piani di lavoro; il saper eseguire l’azione educante, verificare, valutare, migliorare. Oltre che la scienza e la strategia, occorrono anche l’arte e la tattica di agganciare, mettere in crisi negativa e positiva, sviluppare proposte, condurre dialettiche e dialoghi di transazione, ottenere consensi e adesioni, destrutturare e ristrutturare, percorrere lunghi cammini di ricerca e sviluppo.
Bibliografia
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P. Gianola