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DOCIMOLOGIA

 

DOCIMOLOGIA

H. Piéron ha proposto di chiamare d. (dal gr.​​ dokimázo,​​ valuto, stimo, e​​ lógos​​ discorso sistematico, scientifico) lo studio dei problemi posti dalla​​ ​​ valutazione. Il termine è rimasto prevalentemente nei Paesi francofoni. In genere si preferisce parlare di «studio della valutazione scolastica» o si ricorre a denominazioni più settoriali (studio dei​​ ​​ voti, degli​​ ​​ esami, del​​ ​​ profitto),​​ per trattare le funzioni e le carenze del valutare.

1. Gli studi docimologici inizialmente (dopo la metà dell’Ottocento) hanno evidenziato la mancanza di validità e di affidabilità delle abituali valutazioni scolastiche. Sono state documentate così le discordanze emergenti tra più correttori posti davanti allo stesso prodotto e dello stesso correttore chiamato a valutare la medesima prestazione in tempi o in situazioni diverse. È stata segnalata inoltre la scarsa predittività degli esami d’ammissione. J.M. Rice, uno dei pionieri della​​ ​​ pedagogia sperimentale, ha dato inizio alle grandi inchieste sul profitto degli alunni, utilizzando strumenti tipificati per poter così fondare conclusioni utili per migliorare il sistema scolastico e fornire ai docenti termini di confronto al di là della loro esperienza (​​ standard). Nel 1931 la Carnegie Corporation ha finanziato una ricerca internazionale sugli esami finali nella scuola secondaria affidandola al Teacher’s College della Columbia University. Sono stati così pubblicati vari studi nazionali di notevole impegno. In questo modo l’importanza della d. è stata ufficializzata e si è avviato lo scambio tra studiosi di diversi Paesi. Ben presto dalla disamina dei voti si è passati alle loro correzioni statistiche e alla revisione di tutto il processo di valutazione, attraverso la messa a punto di strumenti di rilevazione del profitto di tipo oggettivo. Si è transitati così dalla prima fase critica della d. a quella propositiva, detta del​​ Measurement.​​ A questa si sono affiancati successivamente studi centrati sugli aspetti formativi della valutazione che ne hanno esteso gli strumenti e arricchito le strategie (Evaluation). Si è cercato quindi d’individuare i fattori che producono i dissensi e le anomalie docimologiche con vari paradigmi (cfr. ricerche di​​ ​​ Calonghi, Noizet e Caverni per es.). Attualmente il focus si è spostato sulla necessità di valutare in forma integrata i saperi scolastici e le acquisizioni dell’esperienza secondo le istanze del mondo reale (valutazione autentica,​​ valutazione di competenze).

2. Di fatto la d. si è ispirata per alcune soluzioni ai principi della​​ ​​ psicometria, ma lo stimolo efficace per il suo pieno sviluppo deriva dalla​​ ​​ didattica. Quest’ultima, al momento della verifica, ha bisogno di fatti certi a proposito delle innovazioni adottate e lo studio critico delle valutazioni è il momento base, che aiuta a fornirgliene.

Bibliografia

Piéron H.,​​ Examens et docimologie,​​ Paris, PUF, 1963; Bonboir A.,​​ La docimologie,​​ Paris, PUF, 1972; Calonghi L.,​​ Valutare,​​ Novara, De Agostini, 1983; Coggi C. - A. M. Notti (Edd.),​​ D., Lecce, Pensa Multimedia, 2002;​​ Dubus A.,​​ La notation des élèves: comment utiliser la docimologie pour une évaluation raisonnée, Paris, Armand Colin, 2006.

L. Calonghi - C. Coggi




DOMANDA EDUCATIVA

 

DOMANDA EDUCATIVA

L’esigenza di​​ ​​ formazione può essere letta come d.e. personale e sociale, individuale, di gruppo, comunitaria.

1.​​ La pedagogia dell’offerta.​​ Nel nostro tempo sembra abbastanza evidente la ambivalenza di una pedagogia dell’offerta. Essa parte solitamente da progetti, programmi e modelli da trasmettere e far accogliere: è normalmente pedagogia di obiettivi e progetti stabiliti altrove. La metodologia educativa assume il compito di dare attuazione a tali obiettivi o progetti, senza un momento precedente di metodologia pedagogica di ricerca nel campo, per rilevare la d.e. da cui partire e con funzione di riferimento costante lungo l’intero processo di risposta. Tale pedagogia e i sovra-sistemi, che stanno alla radice dell’offerta, presentano debolezze interne, anche a motivo del pluralismo contestuale o di critiche esterne di rifiuto da parte di minoranze non disposte a lasciarsi manipolare. Ma se le pedagogie trasmissorie vengono colte come lontane rispetto alla realtà viva di bisogni, attese e domande, tuttavia, oggi, si hanno nuove forme di proposizione di pedagogia dell’offerta. Adulti e giovani risentono o soggiacciono supinamente alle indicazioni e ai messaggi dei sovra-sistemi che impongono comportamenti e offrono risposte pre-confezionate ai loro scopi: ieri quelli politico-ideologici oggi quelli del neocapitalismo internazionale e del mercato mondializzato. I bisogni sono indotti, l’omologazione è provocata, il consenso e l’adesione catturati. Nel campo dell’educazione, la pedagogia dell’offerta si è presentata come esigenza di adeguazione al mercato del lavoro, al successo professionale e esistenziale all’altezza dei trend attuali, magari innestata su istanze di autorealizzazione, di buona qualità della vita, di accesso ai beni di consumo, di equità e correttezza sociale. Le ricerche, i progetti, i programmi, i libri dell’offerta educativa sono molto sofisticati e sistematici a riguardo, offrono ideali, ricette di soluzioni dei problemi, modi di acquisizione di competenze.

2.​​ Verso una pedagogia della d.e.​​ Rispetto ad una pedagogia dell’offerta sembra oggi importante una pedagogia della d. o forse meglio una pedagogia del campo-d. Essa potrebbe costituire un nuovo indirizzo di pedagogia interdisciplinare. Nella pedagogia della d. persone informate, sensibili, responsabili, competenti e attive, individuano – rispetto alla problematica umana e esistenziale attuale – un campo problematico emergente, personale e / o sociale, adulto e soprattutto giovanile, generale o particolare, speciale e / o specifico; lo leggono in termini educativi di bisogno e possibilità, cioè di d. di intervento valido e efficace per risolverne i problemi di qualità della vita in esso presenti e per promuoverne o consolidarne forme qualificabili come umanamente degne a livello di esistenza personale e comunitaria; analizzano situazioni, necessità, risorse e condizioni; elaborano progetti e programmi di risposta o quanto meno di proposta educativa. La rispondenza alla d. giudica la validità della risposta-proposta.

3.​​ La d.e.​​ In effetti, la d.e. nasce in profondità, nei luoghi e nei tempi della vita individuale e comunitaria, nel suo sorgere, nel suo crescere e maturare. Ma la vita non si sviluppa sempre pacificamente; per cause interne ed esterne trova spesso condizioni di ingiustizia e di esclusione, di oppressione e repressione, di dominazione e di strumentalizzazione manipolatrice, di conflitto e lotta, di difficoltà e limite, di debolezza e errore, di fragilità e peccato: perciò si fa​​ problema,​​ ma sempre​​ valore-problema,​​ in quanto i problemi sono situazioni problematiche della vita, delle persone, del mondo e del loro intrinseco valore. Così nasce nel campo e nei campi la tensione di appello interiore e quindi la invocazione implicita o espressa, e cioè la d. che chiede o vuole ascolto, attenzione, comprensione, cioè intervento di aiuto per la​​ soluzione​​ che liberi i valori di vita e ne risolva i problemi. La soluzione viene da​​ risposte​​ a quanto è palese nella d., aggiungendo e accettando​​ proposte​​ alla d. profonda, ad attese latenti e possibili che all’inizio sono al di là delle capacità di d. esplicita. Si delinea così il quadro completo della educazione personale, sociale, epocale, umana. La credenza e la fede religiosa, in genere e quella cristiana in particolare, vi scorgono l’ordine del trascendente e della grazia, che non ha tanto una d. diretta, ma piuttosto una risonanza nelle profondità dell’uomo fatto da Dio e secondo Dio, a sua immagine e somiglianza, animato da tensioni infinite. In ogni caso bisognerà impostare e prolungare un cammino di​​ ricerca​​ per individuare e definire contenuti, processi, progetti e programmi; per incrementare il dialogo e il confronto democratico. Il risultato atteso è la​​ condivisione ideale​​ e la​​ convergenza operativa.

4.​​ Il​​ campo-d. e i campi-d.​​ La comprensione della d.e. richiede un ulteriore approfondimento del​​ campo-d.​​ e dei​​ campi-d.​​ Il​​ campo-d.​​ totale di riferimento, intervento e azione è, idealmente, il campo della persona, ma realmente è il campo-umanità, campo delle persone oggi viventi sulla faccia della terra nella loro generalità. Bisogna definirne e assumervi pedagogicamente le d., progettare risposte per risolvervi pedagogicamente i problemi di vita e valore. All’interno di questi orizzonti planetari, per interventi e soluzioni più concrete sarà necessario individuare​​ campi-d.​​ particolari dove siano possibili analisi, interpretazioni, elaborazioni di progetti, piani e metodi di risposta. Non è difficile capire come oggi sia profonda, la d. globale e articolata di educazione diretta delle persone, ma anche di soluzione, attraverso l’educazione, degli enormi valori-problemi di vario genere, che inquietano i circa sei miliardi di abitanti della terra. Continenti, nazioni, gruppi e singole persone dilatano sempre più e meglio i loro stili di vita, ma vivono anche dilaniati da ingiustizie, oppressioni, impotenza, indegnità di vita, abbandoni fisici e materiali, culturali e spirituali. La d.e. si specifica nelle diverse d. particolari (e nei diversi campi di d.): quelle dei giovani, degli adulti, degli anziani, delle famiglie, dei gruppi, dei movimenti, dell’associazionismo, delle comunità, della società civile, dei diversi soggetti sociali, delle comunità locali, nazionali, internazionali, mondiali, umane.

5.​​ La pedagogia della d.​​ La d.e. chiede un’adeguata e congruente pedagogia. Di tale compito si possono delineare i momenti principali: a)​​ Assumere la d.​​ Le d. si formano nella intimità esistenziale dei vari campi, come concreti vissuti di bisogni, possibilità e tensioni. Si​​ formulano​​ a livello di coscienza implicita ed esplicita interna, sotto forma di interessi e di desideri, e a livello di espressione esterna, sotto forma di richieste di intervento e aiuto personale e sociale, intersoggettivo e istituzionalizzato. Devono​​ essere percepite e assunte,​​ da responsabili e competenti capaci di formulare e / o dare risposte. È indispensabile un filtraggio di qualificazione, di priorità, di organizzazione, ma non di esclusione o manipolazione, con partecipazione d’impegno e competenza. b)​​ Analizzare la d.​​ La realtà del campo-valore-problema deve essere analizzata in tutte le dimensioni che permettono di individuare con precisione la natura della d., le necessità che essa impone di risolvere, le risorse che offre, le condizioni interne e esterne di operabilità. Questo si ottiene ricavando i dati dai sovrasistemi in cui si colloca, e da cui deriva, dove cerca e progetta la soluzione: il sistema della​​ ​​ personalità (quale struttura, dinamica e situazione antropologica olistica e particolare); i sistemi di​​ ​​ appartenenza e partecipazione sociale, culturale, politica; i sistemi educativi paralleli e interferenti. Dopo di ciò si può pensare al progetto. c) «Educare» la d.​​ La d. del campo e dei soggetti interessati non può essere assunta grezza. Fin dai primi interventi è necessario aiutare i soggetti, gli ambienti, le istituzioni coinvolte, a definirne il senso vero e completo, ad approfondire carenze, soprattutto a rendere consapevoli aspetti e condizioni nascoste, che superano l’immediato, spesso solo simbolico e parziale, e che vanno esplicitati, sostenuti, promossi, consolidati. d)​​ Aprire alla proposta.​​ Avviene quasi sempre che la d. riveli tensioni e integrazioni che stanno al di là dei punti di partenza e di primo approccio. Non si tratta solo di aggiunte estrinseche, ma anche di comprensione della normalità dello stato di invocazione e di attesa che l’immediato contiene e rivela. La d. trova aperture e compiutezza, ma anche la proposta, che nasce per questa via, avrà garanzia di aggancio, di investimento dinamico favorevole per il consenso impegnativo.

Bibliografia

Lawton D.,​​ Programmi di studio ed evoluzione sociale. Dalla teoria alla pratica,​​ Roma, Armando, 1973; Girardi G.,​​ Per quale società educare?,​​ Assisi, Cittadella, 1975;​​ Furter P.,​​ Les systèmes de formation dans leurs contextes,​​ Berne-Frankfurt, P. Lang, 1980; Dalle Fratte G. (Ed.),​​ L’analisi dei bisogni. Prospettive teoriche e metodologiche emergenti da una ricerca in campo educativo,​​ Trento, Fed. Scuola Materna, 1983; Freire P.,​​ La pedagogia degli oppressi, Torino, EGA, 2002; Gianola P.,​​ Il campo e la d.,​​ il progetto e l’azione. Per una pedagogia metodologica.​​ Edizione a cura di C. Nanni, Roma, LAS, 2003.

P. Gianola - C. Nanni




DOMANDE NELL’INSEGNAMENTO

 

DOMANDE NELL’INSEGNAMENTO

Le d. sono azioni linguistiche generalmente usate per ottenere informazioni. Possono essere utilizzate in moltissimi contesti: nell’intervista, in prove di​​ ​​ valutazione dell’apprendimento, in contesti giuridici o in conversazioni con amici. Data la loro straordinaria efficacia nello stimolare un’attività della mente, sono state particolarmente studiate e ritenute uno strumento molto diffuso ed efficace per l’apprendimento. In questo ambito si distinguono due tipi di d.: d. rivolte direttamente durante una lezione; d. rivolte durante la lettura di un testo da apprendere.

1.​​ Tassonomie di d.​​ Il tipo di d. non è indifferente circa il processo mentale che induce; per questo si sono prodotte molte «tassonomie» (classificazioni) dei tipi di d. che possono essere utilizzate da un​​ ​​ insegnante. In genere la classificazione è costruita o in base ad una descrizione di processi mentali o in riferimento alla complessità del processo cognitivo che induce o in riferimento al «dove» può essere trovata la risposta. Si distinguono così d. che: a) spingono semplicemente ad un rilevamento o ricupero di informazioni (si chiede di: vedere, osservare, provare, nominare, ricordare, descrivere, contare); b) richiedono di stabilire un collegamento tra conoscenze nuove e previe (integrare, completare, descrivere, ricordare, definire, connettere, collegare, parafrasare); c) spingono ad un’analisi più approfondita (sintetizzare, analizzare, spiegare il perché, classificare, mettere in una sequenza, riassumere, stabilire analogie); d) pongono una sfida al pensare, immaginare e formulare ipotesi predittive, scoprire (applicare un principio, pianificare, giudicare, predire, inventare, inferire, ipotizzare, generalizzare, ecc.).

2.​​ Uso appropriato ed efficace delle d.​​ Non basta che l’insegnante sappia scegliere la d. che stimola maggiormente l’attività di riflessione. Egli deve anche saper usare questo strumento in modo appropriato. Numerose ricerche offrono un ampio ventaglio di indicatori che possono essere utili a questo scopo: a) contestualizzare la d.: creare cioè un clima non valutativo, dare un senso di libertà nel rispondere, saper trasformare la risposta sbagliata in una corretta, rilanciare ad un’ulteriore riflessione la risposta ricevuta; b) interpretare le diverse risposte dello studente: distinguere cioè tra risposta corretta, ma rapida e sicura, risposta corretta, ma esitante, risposta non corretta per mancanza di riflessione, risposta non corretta per carenza di conoscenza di fatti o del processo e reazioni diverse a seconda dei diversi tipi di risposta; c) dare tempo per la risposta: quanto più è alto il livello di attività cognitiva che la d. induce, tanto maggiore deve essere il tempo lasciato per trovare la risposta. Un tempo maggiore, oltre a garantire un maggior numero di risposte corrette, permette, anche risposte più articolate e complete; d) porre d. non superiori alle possibilità dello studente: una buona d. deve essere preparata esaminando le conoscenze previe che la risposta esige e i processi che richiede; e) fare d. chiare: strutture sintattiche complesse, d. multiple, uso di un lessico troppo astratto non facilitano la comprensione della d. e quindi rendono difficile una risposta; f) sviluppare le proprie conoscenze sulla materia di insegnamento; esse infatti migliorano la qualità e la pratica delle d.

Bibliografia

Anderson L. - C. Everston - J. Brophy,​​ An experimental study of effective teaching in first-grade reading groups,​​ in «Elementary School Journal» 79 (1979) 193-223; Rowe M. B.,​​ Wait time - slowing down may be a way of speeding up,​​ in «American Educator» 2 (1987) 1; Gall M. D. - M. T. Artero-Boname, «Questioning strategies», in T. Husen - T. N. Postlethwaite (Edd.),​​ The International encyclopedia of education,​​ Oxford, Pergamon Press,​​ 21995, 4875-4882.

M. Comoglio




DONNA

 

DONNA

Il termine d. da​​ dŏmna​​ (m), forma sincopata del lat.​​ domina​​ (signora, padrona) da​​ dominus​​ (signore, padrone), analogicamente al biblico «´​​ /​​ iššah», entra nella lingua nel 1294. Preposto a un nome femminile, conserva il senso lat. di qualifica nobiliare attribuita alle consorti di personaggi autorevoli o rappresentativi. Nel linguaggio comune indica la persona adulta di sesso femminile. Nel termine d. confluiscono opposte reazioni emotive socio-culturali e socio-religiose che vanno dall’esaltazione all’umiliazione / sudditanza, come pure polarità alternative, quali Eva / Maria, Diavolo / Angelo, Seduttrice / Consolatrice, Nemica / Rifugio. Spesso indica la d. in relazione, come figlia, sorella, sposa, madre dell’uomo. Difficilmente indica la d. concreta; in questo caso si usa il plurale. Spesso evoca la condizione asimmetrica della d. rispetto all’uomo, un’asimmetria che ha radici remote e persiste nonostante le azioni positive a favore della parità, come se non potesse essere eliminata, ma solo spostata in avanti.

1.​​ Dalla disputa all’autocoscienza femminile.​​ Nel 1595 Orazio Plata traduce e divulga l’opera di Acidalius Valens,​​ Disputatio perjucunda qua anonimus probare nititur «mulieres homines non esse»: «le d. non sono uomini», una tesi tanto ovvia da risultare ridicola, richiama però la​​ mens​​ misogina che identifica la persona umana con il maschio. Graziano (sec. XII) lo affermava sicuro: «L’immagine di Dio è nel maschio creato unico, origine di tutti gli uomini, che ha ricevuto da Dio il potere di governare come suo sostituto, perché è immagine di Dio unico. Ed è per questo che la d. non è fatta ad immagine di Dio» (Decretum Gratiani​​ q. 5, c. 33). È una concezione abbastanza generalizzata; è presente in numerose culture anche alternative tra loro; favorisce il transito indisturbato di stereotipi e resiste persino nella modernità: l’unità del genere umano si realizza nel maschio, il principe (archón) che rappresenta il principio (arché). Quindi, la d. è diversa dall’uomo nel senso che è inferiore, minore, bisognosa di essere custodita e sorvegliata. La coscienza dell’uguaglianza ancora nel sec. XVI è solo di d. dell’élite. Con il diffondersi della filosofia razionalistica, che fonda i diritti sulla comune natura umana, matura la consapevolezza dell’uguaglianza tra gli esseri umani che, però, viene più facilmente riconosciuta al servo che alla d. La Rivoluzione francese proclama l’uguaglianza, la libertà, la fraternità; diffonde le idee liberal-democratiche, redige la​​ Dichiarazione dei diritti del cittadino; non riconosce, però, la cittadinanza alla d. Olympie de Gougues viene ghigliottinata nel 1793 per la sua​​ Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne​​ (1791). Le d. più consapevoli danno vita a movimenti di emancipazione, iniziano rivendicando dei diritti civili, ma progressivamente estendono la richiesta alla piena cittadinanza in ambito socio-politico, familiare e religioso. Negli anni ’60 dall’idea di emancipazione si passa a quella di liberazione con la denuncia dei sistemi culturali maschilisti che ritengono la d. il secondo sesso (S. de Beauvoir,​​ Il​​ secondo sesso,​​ 1948). Si accende un vivace dibattito sul rapporto dialettico natura / cultura. Le scienze antropologiche, specie quelle umanistiche, lasciano intravedere l’urgenza di superare la contrapposizione perché l’identità si costruisce dal convergere in unità di molteplici fattori, in particolare il patrimonio genetico, contesto, autodeterminazione del soggetto.

2. L’attuale percorso: tessendo rapporti,​​ cercando vie nuove.​​ Negli anni ’70 inizia una riflessione propositiva sulla differenza, talvolta espressa in forme radicali che inferiorizzano il maschile a vantaggio del femminile, ricalcando con il segno opposto le orme del patriarcato. Al di là di questi esiti, il movimento di pensiero con altre espressioni culturali, specie con la riflessione sulla reciprocità, ha offerto un contributo significativo: ha risvegliato in molte d. il desiderio e l’impegno di crescere in un’identità più profonda, rifiutando l’omologazione al modello maschile e valorizzando la propria e l’altrui diversità come risorsa; ha spinto anche l’uomo a mettere in crisi gli stereotipi e le ambiguità dell’antropologia​​ recepta; è sempre più condivisa l’idea che l’umanità è uniduale nel confronto e nella reciprocità di maschile e femminile. In questo percorso le ragazze, valorizzando le possibilità offerte dalla scolarizzazione di massa, hanno sovente superato i ragazzi: è la generazione femminile del sorpasso negli studi universitari, nelle qualifiche professionali, non però nei poteri decisionali. In questo itinerario di nuova consapevolezza va riconosciuto, non solo a livello ecclesiale, ma globale, il ruolo singolare svolto da Giovanni Paolo II che con la​​ Mulieris dignitatem​​ ha divulgato le acquisizioni emerse dagli studi delle d., specie della teologia al femminile, le ha ricontestualizzate nella​​ Lettera alle d.​​ e in altri interventi. Esse sono riproposte, poi, nel​​ Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Il Papa ha coniato l’espressione «genio femminile» (MD​​ 30,31;​​ Lettera​​ 9-12). È una via singolare per approfondire l’identità e la missione della d.: in questa via – teorica e pratica – sono coinvolti d. ed uomini in reciprocità, valorizzando le rispettive diversità, gestendo responsabilmente gli eventuali conflitti, per costruire una umanità più giusta e solidale.

3.​​ L’antropologia biblico-cristiana fonte di ispirazione per un nuovo umanesimo.​​ Molte studiose, di estrazioni culturali diverse, negli anni ’80 hanno interpellato le teologhe a mettere in luce i valori simbolici femminili presenti nella tradizione biblico-cristiana, in particolare nelle Sacre Scritture, specie i due racconti della creazione (Genesi​​ 1-3) e la vita e opera di Gesù, e nell’esperienza monastica e religiosa, specie le congregazioni religiose femminili di fine ’700 e ’800 dalle quali emergono d. che con il loro protagonismo anticipano alcune istanze del femminismo. Si individuano raccordi interessanti tra aspirazioni ed istanze umane, specie femminili, e messaggio biblico-cristiano. I due racconti della creazione evidenziano la fondamentale uguaglianza tra d. e uomo che insieme costituiscono l’immagine di Dio; indicano che la sessualità umana non è una semplice differenza fisica, ma è segno nel corpo della chiamata all’amore, che la d. non riceve la sua identità dall’uomo, né viceversa. Nella loro singolarità sono le uniche creature dell’universo che Dio ha creato per se stesse, offrendo loro il dono della sua comunione. Quindi, l’identità e la dignità della creatura umana sono inalienabili, perché radicate in Dio e in Lui giungono a pienezza; la specificità dei due non è isolamento, né la loro unione dice subordinazione della d. all’uomo. La persona umana, maschio e femmina, è un evento che accade davanti a Dio e da Lui è salvaguardata; è il vertice della creazione e suo garante a nome di Dio, con la missione di portarla a compimento. Gesù con la sua vita, la sua opera e la sua predicazione rivela il mistero della creatura umana, la sua bellezza: «vale più di tutti gli esseri dell’universo». Nel ricondurre la creazione al suo principio, la riscatta dal male, rivendica la dignità di immagine divina per ogni persona, al di là della sua appartenenza socio-culturale o religiosa, persino al di là della sua condizione morale. Così, poveri, piccoli, peccatori, d., tutti sono destinatari privilegiati del Regno. Smaschera le ideologie che inferiorizzano la d.; denuncia la doppia morale / la legislazione ipocrita che colpisce la d. adultera e rimanda libero l’uomo. Dichiara che ogni persona, al di là delle differenze di sesso, lingua, cultura, religione, è fatta per Dio, per rivelare / annunciare il suo Nome. La vede nella sua integralità: non divide lo spirito dal corpo, anzi nella resurrezione proclama la dignità della corporeità. Raccoglie i figli di Dio dispersi nell’unica famiglia, costituendo una comunità religiosa ove le gerarchie sono capovolte: il primo è l’ultimo, il capo è il servo; elimina ogni criterio di discriminazione; offre alla parità tra i sessi il fondamento che nessuna legge umana può eludere o misconoscere: Dio Amore. Le d. riconoscono, perciò, in Lui il loro liberatore e nel suo messaggio trovano una fonte alla quale attingere per dare senso alla vita. Maria è l’icona perfetta della d., espressione compiuta del genio femminile, proprio nell’accoglienza operosa perfetta del progetto del Creatore sulla sua creatura. Quale Nuova Eva, con Gesù, Nuovo Adamo, è punto di riferimento nel cammino verso la pienezza della d. e dell’uomo, non rappresentando simmetricamente gli attributi femminili (Maria) e quelli maschili (Gesù) ma, piuttosto, segnalando il principio biblico per cui Dio fin dall’inizio ha voluto l’umanità come maschio e femmina. Indicano, quindi, la via della piena realizzazione nella trasparenza dell’amore. In questo modo la differenza non è divisione, tanto meno contrapposizione, l’uguaglianza non è cancellazione dell’altra polarità, ma una reciprocità fondata su Dio e aperta all’universo. Oggi soprattutto è urgente ricomprendere questo messaggio per elaborare e tradurre in prassi un umanesimo nuovo ove le tre dimensioni – teologale, umanistica e cosmica – si raccordino in unità secondo il progetto originario della creazione in Cristo, ove la differenza d. / uomo sia valorizzata nel cammino di uguaglianza nella dignità e di differenza sessuale, oltrepassando ogni tentazione di predominio e ogni fascinazione di isolamento («Non è bene che l’uomo sia solo»). Il cammino è lungo. A livello personale dura tutta la vita che non è mai ripetizione, anzi è sempre libertà protesa verso il bene e il vero. Prendere la scorciatoia della identità costruita occasionalmente dalla libertà individuale, secondo il paradigma della «società liquida» (Bauman) o del mondo virtuale, non è un guadagno; è piuttosto una perdita, genera paura e solitudine, segna il regno del «superuomo» e l’eliminazione dei piccoli, radicale alternativa all’unità della famiglia umana. Lo documentano le fatiche dell’ONU nelle Sessioni della Commissione sulla condizione della d. (cfr. la 49a​​ CSW: 28.02-12.03-2005), come pure quelle dell’EU (cfr. iniziative per l’anno 2007 dedicato alla parità). Il cammino di identità della d. chiama in causa l’uomo e interpella le scienze dell’educazione.

4.​​ Le scienze dell’educazione.​​ Sono richiamate ad offrire il proprio contributo alla costruzione di un umanesimo nuovo, nel quale la coscienza della differenza sessuale non sia rimossa, ma alimentata; la dimensione teologale emerga sempre più come indispensabile per salvaguardare dai vari attentati la dignità della persona, specie della d. A livello educativo queste scienze vengono interpellate ad elaborare una vera educazione nell’identità sessuale in una corretta coeducazione ove siano eliminati gli stereotipi ed emerga la dignità di immagine di Dio. Per la realizzazione di tali obiettivi è necessario ed urgente ri-centrare la cultura in tutte le sue espressioni nel senso dell’antropologia uni-duale, oltrepassando il relativismo e accogliendo la prospettiva teologica. La d., quindi, pone la questione antropologica: come la d. è relativa all’uomo, l’uomo è relativo alla d., ed entrambi trovano la loro radicale identità nella relazione con Dio e da Lui sono fatti custodi dell’universo.

Bibliografia

Børresen​​ K. E. (Ed.),​​ A immagine di Dio: modelli di genere nella tradizione giudaica e cristiana, Roma, Carocci, 2001; Mansoret M. (Ed.),​​ D. e filosofia, Genova, Erga, 2001; Roccella E. - L. Scaraffia (Edd.),​​ Italiane. Dall’unità d’Italia alla prima guerra mondiale, Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri / Dipartimento per le pari opportunità, 2003; Borriello L. - E. Caruana - M. R. Del Genio - M. Tiraboschi (Edd.),​​ La d.: memoria e attualità, 6 voll., Città del Vaticano, LEV, 1999-2005; Pontificium Consilium pro Laicis (Ed.),​​ Uomini e d.: diversità e reciproca complementarità, Ibid., 2005; Gaiotti De Biase P.,​​ Vissuto religioso e secolarizzazione. Le d. nella «rivoluzione più lunga», Roma, Studium, 2006; Valerio A. (Ed.),​​ D. e Bibbia: storia ed esegesi, Bologna, Dehoniane, 2006.

M. Farina




DOTTRENS Robert-Alexandre

 

DOTTRENS Robert-Alexandre

n. a Carouge, presso Ginevra, nel 1893 - m. nel 1984, pedagogista svizzero.

1. Maestro a venti anni, fu direttore didattico dal 1921 al ’27; nel 1931 conseguì il dottorato in sociologia e nel ’52 divenne ordinario di pedagogia all’Università di Ginevra. Fondò l’École du Mail, sede di innovazioni metodologico-didattiche, che funzionò dal 1925 al ’55, dapprima sotto la direzione sua e poi di suoi allievi. Ogni attività era scandita in osservazione, verifica e ricerca. I suoi contributi sono maturati in seno alla cosiddetta Scuola di Ginevra (​​ Claparède,​​ ​​ Ferrière, Bovet,​​ ​​ Piaget) e consistono sia in princìpi pedagogici ricavati dalla psicologia infantile, sia in procedure speciali da adattare a scuole comuni.

2. Buon conoscitore delle scienze umane e sociali, additò nella pedagogia un elemento propulsore di rinnovamento civile e di formazione democratica. Si occupò di organizzazione scolastica, aderendo al movimento delle​​ ​​ Scuole Nuove, con forte impulso alla didattica della lingua, a quella della scrittura, alla​​ ​​ docimologia. Sul piano delle riforme si occupò della​​ ​​ formazione degli insegnanti. D. è noto quale esponente della​​ ​​ pedagogia sperimentale (per cui si collega a​​ ​​ Buyse e Planchard) e quale promotore di un metodo individualizzato, ispirato in parte ad analoghi metodi di C. W. Washburne e di H. Parkhurst. Accolse anche le tecniche di​​ ​​ Freinet, studiò le principali riforme scolastiche ed esperienze pedagogiche in Inghilterra, Germania, Belgio ed Austria. Ebbe incarichi universitari anche all’estero. È stato autorevole membro dell’UNESCO (United Nations Educational Scientifical and Cultural Organisation),​​ del BIE (Bureau International d’Éducation)​​ e di altre istituzioni e associazioni.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ tra​​ le opere di D.:​​ L’enseignement individualisé,​​ Neuchâtel, Delachaux et Niestlé, 1936;​​ Éducation et démocratie, Ibid., 1946;​​ Instituteurs hier,​​ éducateurs demain!,​​ Bruxelles, 1966. b)​​ Studi:​​ Izzo D.,​​ R. D. e la pedagogia contemporanea,​​ Roma, Armando, 1968; Broccolini G.,​​ D., Brescia, La Scuola, 1971; Trombetta C., «D.R.A.», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica, Ibid., 1989, 4099-4101.

D. Izzo