DISAGIO
DISAGIO
Il termine d. riferito al contesto sociale è di recente utilizzo, in quanto in sociologia si preferisce adottare i termini più specifici di disadattamento, → devianza, → emarginazione con i quali si intende, in modo diverso, uno stato soggettivo e / o oggettivo di mancata integrazione nel tessuto sociale.
1. Il d. è in genere una difficoltà ad adattarsi ad un ambiente o a delle situazioni. Più specificamente il d. evolutivo si presenta come una normale e superabile difficoltà che accompagna la crescita soprattutto nel momento adolescenziale e può essere definito come «la manifestazione presso le nuove generazioni della difficoltà di assolvere ai compiti evolutivi che vengono loro richiesti dal contesto sociale per il conseguimento dell’identità personale e per l’acquisto delle abilità necessarie alla soddisfacente gestione delle relazioni quotidiane» (Neresini-Ranci, 1992, 31). Esso si trasforma in disadattamento quando il malessere diventa diffuso e si esprime come una difficoltà momentanea a rispondere positivamente ai compiti evolutivi propri dell’età soprattutto in termini di relazione con gli altri e di integrazione nel tessuto sociale. Se questo stato perdura può diventare devianza e marginalità sociale oppure, su un altro versante, può entrare in meccanismi di d. psichico profondo. A livello evolutivo il d. è visto come una categoria trasversale, quasi fenomeno fisiologico, che accompagna il ragazzo nella sua crescita e che è legato con la categoria del rischio.
2. Oggi, nella nostra società complessa ed altamente differenziata con maggior facilità il d. evolutivo può degenerare in d. sociale. Questo capita quando i fattori di malessere individuale sono molteplici e vengono assommati a fattori esterni conseguenti per es. a marginalità sociale. Spesso questa inadeguatezza del giovane a inserirsi in un determinato contesto sociale viene attribuita non solo a fattori interni al soggetto, ma soprattutto ad una generalizzata incapacità del mondo adulto a riconoscere le sue esigenze ed il suo bisogno di realizzazione. «Le espressioni di questa inadeguatezza si distribuiscono lungo l’asse privato-pubblico, con specifiche accentuazioni tematiche: l’abbandono familiare, l’incomunicabilità, l’inutilizzazione, il mantenimento di una dipendenza forzata, la mediocrità della risposta, il giovanilismo ad oltranza, la deresponsabilizzazione, il calcolo e il non riconoscimento, la dispersione delle risorse» (Milanesi, 1989, 130). L’ → educazione può entrare a sostegno del giovane come abilitazione a leggere criticamente la propria esperienza ed a progettarla nella prospettiva del valore e del significato della propria esistenza, tenendo conto criticamente delle esigenze della società.
Bibliografia
Butturini E., D. giovanile e impegno educativo, Brescia, La Scuola, 1985; Milanesi G. C., I giovani nella società complessa: una lettura educativa della condizione giovanile, Leumann (TO), Elle Di Ci, 1989; Neresini F. - C. Ranci, D. giovanile e politiche sociali, Roma, NIS, 1992; Speltini G. (Ed.), Minori, d. e aiuto psicosociale, Bologna, Il Mulino, 2005; Calvanese E., La reazione sociale alla devianza: adolescenza tra droga e sessualità, immigrazione e giustizialismo, Milano, Angeli, 2005; Mancini G., L’intervento sul d. scolastico in adolescenza, Ibid., 2006.
L. Ferraroli