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DESATELLIZZAZIONE

 

DESATELLIZZAZIONE

Nel processo di sviluppo dell’io delineato da Ausubel, la d. costituisce la tappa della maturità. La «satellizzazione» infatti è una condizione di dipendenza dalle persone significative in cui il bambino (e, più tardi, il preadolescente) pone se stesso per garantirsi sicurezza e protezione; «desatellizzarsi» significa sganciarsi da questa situazione per rendersi autonomi e per raggiungere una sicurezza intrinseca.

1. Nella tappa della maturità del processo di sviluppo dell’io, si possono distinguere due momenti: uno di​​ «risatellizzazione»​​ attorno al gruppo ed un altro di​​ «d. matura»​​ (mèta di maturità personale). Il ragazzo entra nella tappa finale della maturità sentendosi responsabile delle proprie azioni e capace di realizzare i passi necessari per raggiungere le mète che si prefigge. Comincia la costruzione conclusiva della personalità che mira alla maturità, cioè al raggiungimento delle seguenti mète di sviluppo: capacità di determinare da sé gli scopi che si vogliono raggiungere e di prendere da sé le decisioni che si impongono; accettazione dei valori e delle opinioni secondo la loro validità piuttosto che per il prestigio di coloro che le propongono; aspirazione a scopi più realistici, che siano in concordanza con le proprie possibilità e con le circostanze ambientali; capacità di portare a termine l’opera iniziata sopportando la prestazione senza perdere la fiducia in se stessi; autovalutazione oggettiva, capace di vedere le mancanze e i difetti in ciò che si fa e apprezzando la distanza tra le proprie realizzazioni e le mète che ci si era prefisse; attenuazione della propria motivazione edonistica; sviluppo di una responsabilità morale; accresciuta indipendenza esecutiva.

2. Educativamente si tratta di favorire, nel soggetto, il processo di maturazione attraverso il raggiungimento delle mète di sviluppo: adeguamento delle aspirazioni alle reali capacità personali e alle possibilità offerte dall’ambiente, rinuncia di uno status fondato sull’acquiescenza a una autorità superiore e acquisizione di una crescente indipendenza volitiva ed esecutiva.

Bibliografia

Ausubel D. P. - E.​​ V.​​ Sullivan,​​ Theory and problems of child development,​​ New York / London, Grune & Stratton, 1970.

A. Arto




DESCOLARIZZAZIONE

 

DESCOLARIZZAZIONE

La d. ha trovato un proprio spazio e una collocazione storica significativa quando l’industrializzazione è esplosa nel mondo occidentale con tutte le sue contraddizioni. Gli interventi dei suoi rappresentanti (I. Illich, E. Reimer, P. Goodman, K.W. Richmond) si pongono nella prospettiva di un’analisi multidimensionale del sovrasviluppo industriale e di una puntuale denuncia degli effetti negativi che derivano dall’avere inserito la produzione in una pianificazione razionale di crescita, rendendo gli uomini ingranaggi della burocrazia e pedine delle istituzioni.

1.​​ Le origini.​​ La tematica della d. emerge, con la sua originale fisionomia, soprattutto negli anni ’60, in un contesto storico e socio-culturale in cui la tumultuosità delle richieste per il rinnovamento della società e la complessità dei problemi non sempre permettono di trovare le soluzioni più adeguate. Molti sono gli aspetti polemici che i descolarizzatori condividono con gli «animatori» delle scuole di avanguardia e con le istanze più avanzate della​​ ​​ contestazione giovanile del 1968. Particolarmente viva è in loro la consapevolezza che le istituzioni scolastiche non solo sono fortemente influenzate da quelle politiche, economiche e sociali, ma costituiscono con queste una totalità unitaria, in cui ciascun ingranaggio è finalizzato alla conservazione e al consolidamento dell’intero sistema sociale, del quale viene proposta una inversione in senso «conviviale». Per Illich e per Reimer i problemi dell’educazione non possono essere risolti esclusivamente dalla istituzione scolastica.

2.​​ Il​​ dibattito negli anni ‘80.​​ Da tale dibattito emergono motivi di estremo interesse per quanto riguarda il superamento del livellamento e della massificazione operati dai​​ ​​ mass media e dalla spietata legge del​​ ​​ consumismo: contro questi condizionamenti i descolarizzatori intendono salvaguardare l’originalità e l’autonomia delle persone, oggi ridotte a «spettatori» e a «clienti» di un complesso ed esteso sistema istituzionale, destinato a distanziarsi sempre più dall’uomo. Anche in questa direzione la scuola dovrebbe assumersi le proprie responsabilità, coinvolgendo in questo difficile compito la comunità, e ristrutturando la propria organizzazione complessiva e i metodi d’insegnamento.

3.​​ Considerazioni critiche.​​ Molte sono state le critiche mosse da diversi studiosi alle proposte dei descolarizzatori, volte a trasformare radicalmente l’organizzazione del sistema scolastico e di quello sociale. Che cosa è effettivamente realizzabile nella scuola attuale sulla base delle loro provocazioni? Si tratta di una semplice sostituzione di nuove etichette a termini ormai obsoleti: da​​ scuola​​ a​​ trama,​​ a​​ centro culturale,​​ a​​ risorsa,​​ a​​ reticolato,​​ o forse ci troviamo di fronte alla ricerca di più adeguate opportunità educative per lo sviluppo dell’uomo del nostro tempo? Fino a che punto è realizzabile la società «conviviale» fondata sulla «austerità», in una società come la nostra caratterizzata dal predominio dell’«avere» sull’«essere»? Sono interrogativi di grande peso, a cui i descolarizzatori non danno delle risposte adeguate. Tuttavia, al di là della foga della loro polemica e dell’effervescenza del loro stile paradossale, le esigenze espresse costituiscono un prezioso contributo che può vivificare le ricerche attuali e consentire la elaborazione critica di validi programmi per il rinnovamento della società e della scuola.

Bibliografia

Illich I.,​​ Une société sans école,​​ Paris, Seuil, 1971; Id.,​​ Libérer l’avenir,​​ Paris, Seuil, 1971; Reimer E.,​​ School is dead. An essay on alternatives in education,​​ London, Penguin Education Specials, 1971; Caussat P. A. et al.,​​ Illich in discussione,​​ Martellago, Emme, [s.d.]; Caporale V.,​​ La d. Storia e prospettive,​​ Bari, Cacucci, 2006.

V. Caporale




DESIDERIO

 

DESIDERIO

Con il termine d. si designa la tensione psichica con cui si aspira a beni che ancora non si possiedono: in questa tensione sono mobilitate in misura diversa sia le tendenze inferiori dell’uomo, legate ai bisogni fisiologici di autoconservazione e di omeostasi, sia le tendenze più specificamente spirituali, legate ai bisogni di autorealizzazione e di autotrascendimento.

1. Per lungo tempo l’educazione si è proposta soprattutto obiettivi di controllo, contenimento e repressione nei confronti della spontaneità del d., nella presunzione di una sua insanabile contraddizione con i fini etici dell’educazione, all’interno di una visione fondamentalmente pessimistica delle tendenze naturali dell’uomo e di una interpretazione dualistica dell’esperienza morale. A partire da​​ ​​ Rousseau, visioni più ottimistiche della struttura delle tendenze naturali dell’uomo si sono fatte strada nella nostra cultura pedagogica, in corrispondenza con l’affermarsi di una diversa concezione dell’uomo, ma anche con l’abbassarsi delle pretese etiche avanzate dalla pressione sociale nei confronti dei singoli. Così, a una pedagogia del controllo e della repressione, è subentrata una pedagogia della spontaneità, della gratificazione e, al limite, del permissivismo.

2. Oggi sembra farsi strada l’idea che, se ogni educazione, proprio per poter essere efficace, deve poter far presa sugli interessi e le energie interiori dell’educando (e quindi anche sul mondo del d.), i d. come tali non possono essere abbandonati alla loro spontaneità immediata, di cui non è garantita la saggezza, ma devono essere selezionati, elaborati, ristrutturati: in una parola, educati.

Bibliografia

Bloch M. A.,​​ Les tendances et la vie morale,​​ Paris, PUF,​​ 1948; Abbà G.,​​ Felicità,​​ vita buona e virtù,​​ Roma, LAS, 1989.

G. Gatti