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CERRUTI Francesco

 

CERRUTI Francesco

n. a Saluggia (Vercelli) nel 1844 - m. a Torino nel 1917, educatore e pedagogista italiano.

1. Di famiglia contadina, C. rimase orfano di padre a due anni; nel 1856 entrò come allievo nella prima istituzione educativa fondata da don​​ ​​ Bosco a Torino-Valdocco; si fece salesiano (1862) e fu ordinato sacerdote (1866). Ottenne il dottorato in lettere (1866) presso l’Università di Torino, dove ebbe come professore di antropologia e pedagogia​​ ​​ Rayneri. Nel 1885, chiamato al Consiglio generale dei​​ ​​ Salesiani, fu responsabile degli studi e della stampa. Rimase in carica fino alla morte, realizzando una significativa opera di organizzazione e promozione delle scuole salesiane e delle​​ ​​ Figlie di Maria Ausiliatrice.

2. La produzione letteraria di C. è ampia su svariati temi (letteratura, storia, religione, educazione e didattica); un centinaio di scritti riguardano argomenti pedagogici; fra di essi testi per gli istituti magistrali:​​ L’insegnamento secondario classico in Italia​​ (1882),​​ Storia della pedagogia in Italia​​ (1883),​​ Elementi di pedagogia​​ (1895),​​ Norme per l’insegnamento della aritmetica​​ (1897). C. collaborò in diversi giornali («L’Unità Cattolica», «La Stampa», «L’Italia Reale», «Il Momento») con scritti sulla politica scolastica del tempo e a difesa dei valori umanistici e cristiani della scuola. I suoi interventi furono apprezzati dal ministro della Pubblica Istruzione Paolo Boselli. Infine un nucleo significativo di scritti va individuato attorno al sistema preventivo:​​ Idee di don Bosco sull’educazione e sull’insegnamento​​ (1886),​​ Don Bosco educatore​​ (1898),​​ Una trilogia pedagogica: ossia Quintiliano,​​ Vittorino da Feltre e don Bosco​​ (1908),​​ Il problema morale nell’educazione​​ (1916).

3. L’autore è ritenuto il «sistematore delle scuole e degli studi» salesiani (Luchelli, 1917, 22) e «uno dei più fedeli interpreti del pensiero e del sistema pedagogico di D. Bosco» (Atti,​​ 1903, 151). Va ricordata anche la sua opera nell’ambito degli istituti educativi delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ Atti del III congresso dei Cooperatori salesiani,​​ Torino, Tip. Salesiana, 1903; F.C.,​​ Lettere circolari e programmi di insegnamento (1885-1917). Introduzione, testi critici e note a cura di J. M. Prellezo, Roma, LAS, 2006. b)​​ Studi: Luchelli A.,​​ Don F.C. consigliere scolastico generale della Pia Società Salesiana,​​ Torino, S.A.I.D., 1917; Prellezo J. M.,​​ F.C. direttore generale delle scuole e della stampa salesiana,​​ in «Ricerche Storiche Salesiane» 5 (1986) 127-164; Id.,​​ Paolo Boselli e F.C. Carteggio inedito (1888-1912), in «Ricerche Storiche Salesiane» 19 (2000) 87-123.

J. M. Prellezo




CERTIFICAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI

 

CERTIFICAZIONE​​ DEGLI APPRENDIMENTI

1.​​ Introduzione.​​ La c.d.a. rappresenta un’azione tesa a descrivere in modo sistematico le acquisizioni della persona ed a registrarle in modo condiviso tra i diversi attori del sistema educativo e del mondo del lavoro, con l’indicazione delle esperienze (formali, non formali ed informali) su cui tali acquisizioni sono state formate. La c. si riferisce a due categorie di fenomeni: a) le​​ competenze​​ intese come fattori che qualificano il grado di autonomia e di responsabilità della persona a fronte di specifiche categorie di compiti / problema dal rilevante valore personale, sociale e professionale; b) nel contempo, essa specifica le​​ conoscenze​​ e le​​ abilità, ovvero le risorse di cui la persona si è impadronita e che ha saputo certamente mobilitare nel lavoro di soluzione dei compiti / problema indicati. Nella c.d.a. debbono essere evidenziati i livelli di padronanza delle competenze, che possono essere indicati per gradi progressivi: basilare, adeguato, eccellente.

2.​​ Spiegazione. La spinta finalizzata alla elaborazione di strumenti atti a certificare gli apprendimenti delle persone deriva da tre cause differenti: a) la necessità di garantire la leggibilità e la confrontabilità degli esiti dei percorsi di apprendimento da parte delle imprese che necessitano di personale da impegnare nella propria struttura, tenuto conto della perdita di valore delle tradizionali declaratorie professionali; b) la necessità di consentire – entro grandi sistemi economici e sociali qual è l’ambito dell’Unione europea – la riconoscibilità degli apprendimenti così da consentire la mobilità delle persone ed il loro accesso ai vari sistemi sociali ed economici propri dei diversi stati nazionali; c) la necessità di finalizzare i percorsi formativi a vere e proprie competenze, ovvero non solo al sapere, ma alla sua attivazione effettiva da parte del soggetto nei contesti reali di impegno e dei compiti-problema che questi evidenziano.

2.1. In campo​​ scolastico​​ la c. mira a sollecitare un approccio per competenze e quindi a superare una metodologia eccessivamente centrata sulla didattica disciplinare per trasferimento di nozioni ed abilità, aprendo la strada ad una formazione più autentica in cui la persona è chiamata a confrontarsi con situazioni reali – più o meno problematiche – che sollecitano la sua attenzione, responsabilità e attivazione al fine di giungere ad una soluzione idonea e soddisfacente. Tali competenze della persona sono dimostrate dalla natura dei problemi fronteggiati, dalla metodologia di intervento, dalla capacità di superare crisi e difficoltà, dalla riflessione discorsiva sulle esperienze attraverso un linguaggio pertinente ed in grado di evidenziare tutti gli aspetti in gioco e quindi di «dimostrare» concretamente l’effettivo possesso del sapere.

2.2. In campo​​ professionale, la c. richiede innanzitutto un’intesa preliminare tra organismi formativi e strutture dell’economia intorno ad un metodo di descrizione delle competenze e ad un repertorio di profili professionali di riferimento per l’azione formativa; inoltre esige una convergenza di sforzi e di strumenti al fine di qualificare il percorso formativo con esperienze virtuali o reali entro le quali la persona sia sollecitata alla mobilitazione delle proprie capacità e risorse; infine richiede un’intesa circa la valutazione ed in particolare la validazione delle competenze acquisite, che rivestono in tal modo un significato non solo legale, ma sostanziale e condiviso. In tal modo la valutazione-c. non si realizza in rapporto a standard «scritti sulla carta», ma in riferimento alla concreta realtà di esercizio delle competenze indicate con il coinvolgimento diretto dei partner sociali. L’azione di c. non può pertanto essere concepita come una mera compilazione amministrativa di schede, ma rappresenta un’azione complessa di natura autenticamente sociale, tesa a soddisfare i seguenti criteri: a) la​​ comprensibilità​​ del linguaggio, che deve riferirsi – in forma narrativa e non quindi in modo stereotipato – a locuzioni e sintagmi che consentano ai diversi attori di visualizzare le competenze descritte; b) l’attribuibilità​​ delle competenze al soggetto tramite l’indicazione delle evidenze che consentano di contestualizzarle entro processi reali in cui egli è coinvolto insieme ad altri attori; c) la​​ validità​​ dei metodi adottati nella valutazione e validazione delle competenze stesse, con specificazione del loro livello di padronanza.

2.3. Circa il​​ modello di c., si prevedono normalmente due fattispecie: a) La c. è​​ legale​​ quando si riferisce al titolo di studio posseduto e indica il rapporto tra il possesso di tale titolo e l’effettiva padronanza delle acquisizioni che vi sono implicate. In tal modo l’atto certificativo risulta un’aggiunta – una sorta di appendice – rispetto alle prassi valutative ed amministrative proprie dei titoli di studio. b) La c. è​​ sociale​​ quando il certificato cui ci si riferisce rappresenta una documentazione composita che consente di rendere trasparente – quindi leggibile entro categorie comprensibili – la dotazione della persona di capacità, saperi, abilità e competenze, in riferimento alle esperienze entro cui queste si sono formate.

2.4. Nel caso italiano, la funzione certificativa risulta variamente citata nelle leggi relative al sistema educativo ed al mercato del lavoro, anche se il sistema difetta di una vera e propria​​ istituzione​​ di tale funzione, con l’indicazione degli organismi e delle figure professionali cui è fatta carico e delle metodologie e con la precisazione del valore di tali certificati per la persona che li possiede come pure degli impegni per i vari organismi una volta che questa esibisca documenti attestanti la sua preparazione. Infatti, l’oggetto della c. non va visto solo in chiave dichiarativa, ma anche valutativa. In questo secondo significato, esso rappresenta un​​ credito formativo, ovvero l’attribuzione alla specifica acquisizione certificata di un​​ valore esigibile​​ presso un organismo formativo, in vista del raggiungimento di uno specifico titolo. Essa quindi presenta un valore di accessibilità oltre che di risparmio del tempo previsto per coloro che non possiedono le acquisizioni dimostrate nel certificato.

2.5. Il​​ peso reale​​ (in termini di accesso alle azioni formative e di risparmio di tempo) di tale valore viene attribuito da parte dell’organismo ricevente, se questo riconosce la c. emessa da quello inviante ed attribuisce a questa c. un valore in ordine ad un quadro metodologico e descrittivo dei fenomeni oggetto dell’atto certificativo. Di conseguenza, il semplice rilascio di un documento certificativo da parte di un qualsiasi organismo non rappresenta di per sé un credito; perché un credito sia tale bisogna che ci sia un «potere» che lo riconosce o che impone alle organizzazioni coinvolte di riconoscerlo. Tale potere risulta da un’intesa condivisa dai diversi attori, in forza della quale si definiscono i criteri di individuazione delle acquisizioni ed il percorso formativo e relativo livello entro cui la persona può indirizzarsi.

2.6. I crediti formativi sono pertanto da intendere in senso sostanziale, ovvero non solo in riferimento allo sforzo necessario in termini di tempo per soddisfarli (è questa la concezione universitaria del credito), ma precisamente agli apprendimenti effettivamente posseduti e validamente accertati. Il credito inteso in senso sostanziale non può essere gestito tramite processi automatici. Esso richiede un approccio discreto, in grado di attribuire alla documentazione attestante gli apprendimenti il giusto valore in termini di personalizzazione del percorso formativo. Ciò richiede comunque un dialogo ed una negoziazione tra i soggetti coinvolti (organismo inviante, organismo ricevente, persona interessata). Ciò definisce un metodo di lavoro necessariamente relazionale e dialogico-narrativo.

Bibliografia

Schön D. A.,​​ Il professionista riflessivo, Milano, Dedalo, 1983;​​ Aubret J. - F. Aubret - C. Damiani,​​ Les bilans personnels et professionnels, Paris, Éditions Eap-Inetop, 1990;​​ Cepollaro G. (Ed.),​​ Competenze e formazione, Milano, Guerini & Associati, 2001; Comoglio M.,​​ La valutazione autentica e il portfolio, paper, Roma, 2001;​​ Ajello A. M. (Ed.),​​ La competenza, Bologna, Il Mulino, 2002;​​ CIOFS / FP,​​ Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa, Roma, 2003.

D. Nicoli