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BELLEZZA

 

BELLEZZA

Il valore semantico del termine rinvia all’idea del «bello» che a sua volta implica concetti come «gusto», «canone estetico», «armonia», «opera d’arte», «natura», «cultura». Sia l’arte sia la natura riverberano la loro b.; essa possiede una propria «oggettività»; questa è tuttavia interpretata in ragione di codici – ovvero di sistemi di regole – che «soggettivamente» l’uomo acquisisce e matura attraverso un processo di etero- e auto-formazione.

1. Il contatto con le forme e i contenuti della b. presiede all’educazione estetica​​ (​​ educazione artistica) del soggetto, la cui formazione è interessata dalle esperienze del «bello» che egli porta a compimento nel suo rapporto con le arti figurative, la musica, la letteratura e la poesia, la scultura, la danza ma anche con il cinema, la fotografìa, il teatro, i media e nel contatto con la natura e il mondo della tecnica. L’elemento estetico – ha osservato​​ ​​ Dewey – armonizza la libertà dell’espressione individuale. Tale libertà conforma lo stato d’animo di chi, vivendo il «sentimento del bello», prova piacere. Da​​ ​​ Kant a​​ ​​ Tolstoj, il nesso fra b. e piacere estetico risalta evidente. Dalla classicità ad oggi, Venere permane il simbolo e il paradigma della b. e ciò poiché natura e arte vi si fondono in una rappresentazione del bello che le culture dell’umano vogliono sia esplicitata da una profonda e intima​​ unità.​​ S.​​ ​​ Agostino richiamando l’idea di b., rievoca l’equilibrio fra le parti grazie al quale un insieme diventa appunto «unità».

2. Evidente e amabile – così Platone la definisce nel​​ Fedro​​ –, la b. sottende una contemplazione amorosa e ideale del​​ bello​​ a cui non è estranea l’idea di​​ bene,​​ da Plotino investita del potere di fornire «la b. a ogni cosa». È per questo che Hegel attribuisce alla b. il compito di rendere «sensibile» l’Idea, cioè di avvalorare la rappresentazione reale di ciò che è spirituale. Quando a metà del Settecento A. G. Baumgarten scrive la prima​​ Aesthetica,​​ la b. o il bello vi dimorano quali rappresentazioni sensibili di ciò che è perfetto. Ad essa Kant collegò il concetto di sublimità (​​ stupore). In una certa misura, anche l’estetica crociana conferisce all’espressione​​ l’onere di simboleggiare la b. L’estetica del secondo Novecento, e in particolare la semiotica dell’arte, hanno messo a punto teorie della «generazione» e della «ricezione» del testo estetico in cui sono distinte e salvaguardate l’autonomia critica dell’artista e quella del destinatario fruitore dell’opera. Da entrambi si chiede siano rispettate l’identità e la diversità. Da ciascuno si desidera venga promossa e difesa l’originalità culturale nella «scrittura» o nella «lettura» dell’opera d’arte. Così, ogni educazione al bello invera una scuola di libertà, di eticità, di civicità.

3. Le prospettive pedagogiche procedono nella direzione di un’educazione estetica capace di vivificare quell’«armonia interiore» a cui le​​ Lettere sull’educazione estetica dell’uomo​​ – stese da F. Schiller – fanno puntuale riferimento. La cultura estetica si salda, pertanto, alla cultura pedagogica, mentre l’idea di b. si approssima al discorso etico. Per questo L. Pareyson ha potuto scrivere che «solo l’educazione estetica è in grado di mediare il passaggio dall’uomo fisico all’uomo morale».

Bibliografia

Pareyson L.,​​ Estetica. Teoria della formatività,​​ Milano, Edizioni di Filosofia, 1954; Schiller F.,​​ Lettere sull’educazione estetica dell’uomo,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1970; Bertin G. M.,​​ L’ideale estetico, Ibid., 1974; Gennari M.,​​ L’educazione estetica,​​ Milano, Bompiani, 1994; Dewey J.,​​ Arte come esperienza e altri scritti,​​ trad. it. a cura di A. Granese, Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1995, Eco U.,​​ Storia della b., Milano, Bompiani, 2004.

M. Gennari




BELLO Andrés

 

BELLO Andrés

n. a Caracas nel 1781 - m. a Santiago del Cile nel 1865, letterato, giurista ed educatore venezuelano.

1. Vive in un periodo travagliato della storia del suo Paese. Dopo gli studi umanistici ottiene il grado di «Bachiller de Artes» presso l’università di Caracas. All’inizio della guerra dell’indipendenza del Venezuela (1810), B. fa parte della missione inviata in Inghilterra dal governo insurrezionale. Nel periodo londinese (1810-1829), alterna l’attività diplomatica con gli studi filosofici e letterari, prendendo contatto con la cultura europea. Fonda le riviste «La Biblioteca Americana» e «El Repertorio Americano». Nel 1829 si stabilisce in Cile e collabora al progetto di riforma dell’​​ ​​ Università, di cui diviene rettore (1843-1865). Oltre alla celebre​​ Gramática castellana​​ (1847), vanno ricordati altri saggi:​​ Escuelas dominicales y de adultos​​ (1831),​​ De la enseñanza secundaria y de la profesional y científica​​ (1832),​​ Educación popular​​ (1843),​​ Estudios universitarios​​ (1853).

2. Per B., l’educazione popolare costituisce la base di ogni progresso sociale e il fondamento irrinunciabile delle istituzioni repubblicane. Da tale presupposto scaturisce l’urgenza di scuole che siano «focolari di cultura», con «buoni maestri» e «buoni metodi». In stretto rapporto con questa urgenza si colloca l’Università, concepita non come un «centro asettico di studi astratti», ma come un luogo di studio critico e di ricerca «utile», che formi persone capaci di «pensare da sé» e promuova il progresso sociale della nazione. Per la sua instancabile opera di diffusione dell’educazione, B. è stato chiamato «liberatore intellettuale dell’​​ ​​ America Latina», «educatore del Continente» e «il più grande umanista di Iberoamérica».

Bibliografia

Torzan-Dager S.T., «A.B. y la pedagogía», in​​ Cuarto libro de la Semana de B. en Caracas,​​ Caracas, Ministerio de Educación, 1955; Prellezo J. M.,​​ A.B. en el bicentenario de su nacimiento (1781-1981),​​ in «Orientamenti Pedagogici» 28 (1981) 1037-1049; Seminario di​​ studi​​ latinoamericani (Ed.),​​ Il pensiero pedagogico di B.,​​ Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1981;​​ Bocaz L.,​​ A.B.​​ Una biografía cultural, Bogotá, Convenio Andrés Bello, 2000.

J. M. Prellezo




BENESSERE

 

BENESSERE

Stato armonico di salute psicofisica, garantito da un ottimo livello di vita e da vantaggi equamente distribuiti.

1. Dal punto di vista sociale, il b. è associato a un livello economico di agiatezza, caratteristico soprattutto dei Paesi del primo e del secondo mondo e delle classi elevate all’interno del terzo mondo, da cui deriva la soddisfazione di tutte le esigenze personali, familiari e istituzionali. Nella prospettiva della dottrina sociale, lo​​ ​​ Stato sociale o del b. garantisce a ogni cittadino il rispetto, la salvaguardia e la promozione dei suoi propri diritti attraverso lo stanziamento di opportune somme di danaro pubblico e l’offerta di adeguate strutture di assistenza o di servizi di soddisfacimento dei bisogni vitali individuali, familiari, di gruppo, collettivi.

2. Dal punto di vista fisico, il b. rappresenta uno stato ottimale di salute dovuto a una buona funzionalità organica. Perché ciò si verifichi, è indispensabile che il soggetto abbia la possibilità di muoversi senza bisogno di appoggi e senza essere impedito da ostacoli insormontabili, di essere protetto da eventuali rischi e pericoli, di disporre di mezzi clinici e terapeutici in caso di improvviso malessere, di poter usufruire delle necessarie ore di sonno e di una sufficiente quantità di cibo.

3. Dal punto di vista psicologico, il b. costituisce uno stato interiore di equilibrio e di serenità, di vigore e di rilassamento, grazie al quale il soggetto è in grado di far fronte alle frustrazioni inevitabili della vita quotidiana e alla stanchezza che le accompagna, riuscendo, allo stesso tempo, a prendere delle decisioni impegnative, valutandone la portata e sapendole inserire nel flusso generale dell’esistenza. Così inteso, il b. non esclude le tensioni che il soggetto vive a motivo del processo di crescita personale cui è sottoposto oppure del tessuto relazionale in cui agisce, ma fa leva proprio sulla loro complessa interazione, nella certezza che non si è mai soli, che si è legati a un patrimonio culturale racchiuso nel passato e pur sempre vivo nel presente, che si hanno sempre delle possibilità e delle potenzialità da realizzare nel futuro.

Bibliografia

Fromm E.,​​ I​​ cosiddetti sani,​​ Milano, Mondadori, 1996; Fizzotti E. (Ed.),​​ Nuovi orizzonti di b. esistenziale. Il contributo della logoterapia di V.E. Frankl, Roma, LAS, 2005; Fata A.,​​ Armonia b. felicità, Cagliari, Punto di Fuga, 2005; Layard R.,​​ Felicità. La nuova scienza del b. comune, Milano, Rizzoli, 2005; Marocco Muttini C.,​​ Educazione e b. in adolescenza, Torino, UTET Università, 2006; Venuto P.,​​ Com’è straordinaria la vita! Piccolo dizionario del b., Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 2006; Rychen D. E. - L. H. Salganik,​​ Agire le competenze chiave. Scenari e strategie per il b. consapevole, Milano, Angeli, 2007.

E. Fizzotti




BERTIN Giovanni Maria

 

BERTIN Giovanni Maria

n. a Mirano-Venezia nel 1912 - m. a Bologna nel 2002, pedagogista italiano.

1. Nato a Mirano (Ve) e formatosi alla scuola milanese del razionalismo critico di Antonio Banfi, per trent’anni ha svolto la sua attività di ricerca e di docenza presso l’Università di Bologna dove è stato il primo preside della facoltà di Magistero (dal 58 al 69).

2. Maestro di molte generazioni di educatori, insegnanti e ricercatori, ha orientato i suoi studi e la sua riflessione in una pluralità di direzioni, dall’estetica al misticismo religioso, dalla letteratura alla filosofia considerandone le implicazioni e le ricadute in relazione al suo ambito di ricerca privilegiato: la filosofia dell’educazione. La prospettiva che ha elaborato – il problematicismo pedagogico – si caratterizza per il rigore antidogmatico e per il richiamo a un incessante esercizio critico volti a decifrare la complessità dell’esperienza educativa (relazione fra educatore e soggetto educativo, direzioni e obiettivi educativi, metodologie per realizzarli), nonché della problematicità che la connota, al suo interno e come condizionamento da parte del contesto socioculturale. Il percorso di superamento della problematicità viene proposto in direzione di «ragione», intesa come istanza regolativa di integrazione reciproca dei diversi tasselli che costituiscono l’esperienza, anche di quelli che appaiono più distanti, conflittuali, antinomici. Tale ragione, definita «proteiforme», si pone in termini di mescolanza fra intelligenza e affettività, immaginazione e impegno etico, e prefigura un modello di soggetto teso a progettare e costruire la propria esistenza nell’orizzonte del possibile e della differenza, scegliendo l’«inattuale» e osando l’utopico.

Bibliografia

a)​​ Fonti. Tra le opere più significative di B.:​​ Etica e pedagogia dell’impegno, Milano, Marzorati, 1953;​​ Educazione alla ragione, Roma, Armando,​​ 1968;​​ Crisi educativa e coscienza pedagogica,​​ Ibid.,​​ 1971;​​ Costruire l’esistenza​​ (in coll. con M. Contini), Ibid., 1983;​​ Ragione proteiforme e demonismo educativo,​​ Firenze, La Nuova Italia,​​ 1987. b) Studi: Contini M. (Ed.),​​ Tra impegno e utopia. Ricordando G.M.B., Bologna, CLUEB, 2005.

M. Contini




BERTOLDI Franco

 

BERTOLDI Franco

n. a San Candido (Bz), il 15 dic. 1920 - m. a Trento il 21 marzo 2005, pedagogista e didatta di ispirazione personalistico-cristiana.

1. Maestro elementare, insegnante di tedesco e di diritto nella secondaria, pubblicista di quotidiani locali e nazionali («Il Sole 24 Ore»), libero docente e poi ordinario di pedagogia e didattica, ha insegnato a Roma-La Sapienza, alla Cattolica di Milano e di Brescia e a Trento, dove fondò il Seminario permanente di pedagogia e l’Osservatorio sulla didattica.

2. La sua esistenza e l’essere stato allievo di N. Bobbio, con cui si laureò a Padova, lo rese attento ai rapporti tra scuola, economia e vita sociale. L’incontro e la guida di A.​​ ​​ Agazzi gli diede chiarezza teorica e solidità pedagogica, ponendolo in primo piano tra i pedagogisti personalisti-cattolici, in consonanza con l’adesione alla fede cattolica, quasi da «convertito», maturata agli inizi degli anni ’50. Le stimolazioni della «teoria dei sistemi» e della logica formale contribuirono a dare rigorosità e sistematicità alla sua indagine sull’azione didattica, al suo insegnamento e pratica della sperimentazione didattica, alla promozione dell’educazione a distanza e nella formazione degli insegnanti. Le sue esigenze personalissime di verità e di razionalità lo portarono a tematizzare la qualità della «certezza pedagogica» e il senso dell’«intenzionalità pedagogica». Negli ultimi anni si dedicò all’«orientamento di personalità», alla formazione «fra» adulti, alla istituzionalizzazione di «centri di cultura», per la promozione della cultura locale (in cui inserì un sapienziale recupero della cultura cristiana) e a iniziative di cooperazione internazionale.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ Trattato di didattica, 2 voll., Bergamo, Minerva Italica, 1978-’79;​​ Critica della certezza pedagogica, Roma, Armando, 1981. b)​​ Studi: Bombardelli O.,​​ Problemi dell’educazione alle soglie del duemila. Scritti in onore di F.B., Trento, Dipart. di Scienze Filologiche e Storiche, 1995.

C. Nanni




BERTOLINI Piero

 

BERTOLINI Piero

n. a Torino nel 1931 - m. a Bologna nel 2006, pedagogista italiano.

1. All’Università di Pavia, dove si laurea in Filosofia, è allievo di Enzo Paci che lo introduce alla fenomenologia husserliana. Sarà un’esperienza decisiva per B., sul piano personale e professionale, caratterizzando il suo futuro orientamento scientifico, teso alla costruzione di una pedagogia come scienza fenomenologica.

2. B. unisce alle istanze della ricerca teoretica, quelle della pratica educativa, affermando la necessità continua di interazione fra l’esperienza educativa e la riflessione su di essa. Su tale principio costruisce il concetto di «competenza pedagogica» e di «intenzionalità» in campo pedagogico. Prima lo scoutismo, poi (1958-’68) la direzione del carcere minorile «Cesare Beccaria» di Milano, sono i campi d’esperienza da cui B. ha tratto gli elementi fondamentali per la sua elaborazione pedagogica.

3. È stato promotore di una ricerca pedagogica soprattutto in tre direzioni: la dimensione epistemologica aperta al dialogo con le altre scienze; l’attenzione alle realtà educative del territorio e alle sue istituzioni; la centralità della comunicazione educativa e del ruolo che svolgono i media. Nel 1973 fonda la rivista «Infanzia». Alla fine degli anni ’80 dà vita al Centro Studi di Pedagogia fenomenologica «Encyclopaideia» (e alla rivista omonima) a cui partecipano studiosi universitari e non, e che diventa un indirizzo scientifico-culturale nell’ambito della pedagogia italiana, con collegamenti a livello internazionale.

Bibliografia

a)​​ Fonti: B. P.,​​ Per una pedagogia del ragazzo difficile, Bologna, Malipiero, 1965; Id.,​​ L’esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza fenomenologicamente fondata, Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1988; Id.,​​ Ad armi pari. La pedagogia a confronto con le altre scienze sociali, Torino, UTET, 2005. b)​​ Studi: Dallari M. - M. Tarozzi (Edd.),​​ Dialoghi con P.B., Torino, Thélème, 2001; Tarozzi M. (Ed.),​​ Direzioni di senso. Studi in onore di P. B., Bologna, CLUEB, 2006.

R. Farné




BETTELHEIM Bruno

 

BETTELHEIM Bruno

n. a Vienna nel 1903 - m. a Silver Spring, Maryland, nel 1990, psichiatra e psicoanalista austriaco.

Acquisita la sua formazione psicoanalitica a Vienna, dopo essere stato internato per motivi razziali per un anno nei campi di concentramento di Dachau e di Buchenwald, B. nel 1939 si trasferisce negli Stati Uniti. B. si rifà alla psicologia dell’Io integrato dai contributi di​​ ​​ Dewey e dalla psicologia cognitiva di​​ ​​ Piaget. Il suo nome è particolarmente legato alla famosa​​ Sonia Shankman Orthogenic School​​ dell’Università di Chicago per bambini autistici, da lui diretta per quasi trent’anni. Secondo B. la causa del ritiro autistico risiede nell’interpretazione corretta da parte del bambino dell’atteggiamento negativo con cui gli si accostano le figure significative del suo ambiente. Stante il suo radicale egocentrismo, il bambino finisce poi per attribuire a se stesso gli eventi distruttivi provocati dall’esterno. Ciò determina in lui una​​ situazione estrema,​​ caratterizzata dalla perdita della speranza e del senso della vita, dal momento che qualsiasi cosa egli faccia finisce sempre per essere da lui percepita come fonte di distruzione per sé e per gli altri. Secondo B., stante alla base un rapporto distorto con i genitori, è necessario togliere il bambino autistico dal suo ambiente familiare e collocarlo entro un’istituzione globale, in cui possa vivere un’esperienza emotiva in grado di attenuare gradualmente le sue fantasie distruttive. Attualmente tale modello terapeutico appare superato.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ opere di B. tradotte in it.:​​ Il prezzo della vita,​​ Milano, Adelphi, 1965;​​ L’amore non basta,​​ Milano, Ferro, 1967;​​ I figli del sogno,​​ Milano, Mondadori, 1969;​​ Le ferite simboliche,​​ Firenze, Sansoni, 1973;​​ La fortezza vuota,​​ Milano, Garzanti, 1976;​​ Il mondo incantato. Uso,​​ importanza e significati psicoanalitici delle fiabe,​​ Milano, Feltrinelli, 1977;​​ Sopravvivere,​​ Ibid., 1981;​​ Un genitore quasi perfetto,​​ Ibid., 1987;​​ Il cuore vigile. Autonomia individuale e società di massa, Milano, Adelphi, 1998. b)​​ Studi:​​ Fratini C.,​​ B.B. Tra psicoanalisi e pedagogia, Napoli, Liguori, 1993; Sutton M.,​​ B.B. Una vita, Firenze, Le Lettere, 1997.

V. L. Castellazzi