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BALBUZIE

 

BALBUZIE

Disturbo del linguaggio che si manifesta sotto forma di ritardi, arresti, ripetizioni delle parole, per cui il ritmo e la melodia del discorso appaiono fortemente alterati. La b. compromette i passaggi tra l’ideazione e la realizzazione verbale, deforma gli stili di​​ ​​ comunicazione, condiziona le modalità di relazione sociale, accresce i conflitti emotivi e pregiudica la​​ ​​ stima di sé. La b. è più frequente nei maschi che nelle femmine.

1. Vi sono differenti tipi di b.: a)​​ Tonica.​​ Caratterizzata da un arresto all’inizio della parola con prolungamento della sillaba o anche solo del fonema difficile da pronunciare. b)​​ Clonica.​​ Si verifica quando c’è la ripetizione più o meno continua di una sillaba, specie della prima. c)​​ Tonico-clonica.​​ La si riscontra quando si sommano prolungamento e ripetizione fino a rendere quasi impossibile la comunicazione. d)​​ Atonica.​​ È caratterizzata dal blocco della parola. e)​​ Parabolica.​​ Compare quando l’eloquio è interrotto da parole o suoni che non hanno alcun rapporto con il senso del discorso. Dal punto di vista evolutivo esistono due tipi di b.: a)​​ Primaria.​​ Quando compare fin dall’inizio dell’acquisizione del linguaggio e quindi prima dei tre anni. b)​​ Secondaria.​​ Se compare dopo un congruo periodo di linguaggio corretto.

2. L’eziologia della b. è diversamente spiegata. L’approccio​​ organicistico​​ sostiene che essa può essere determinata da alterazioni motorie, dalla predominanza dell’ortosimpatico, da fattori ereditari, da lesioni localizzate o diffuse del sistema nervoso centrale o periferico. L’approccio​​ psicologico​​ sottolinea che le spiegazioni di carattere organico non sono in grado di chiarire il perché ci sono delle b. che variano da un giorno all’altro in base: all’interlocutore, allo stato emotivo del soggetto, al contenuto del discorso, al contesto in cui si trova. Fa inoltre notare che la b. si attenua o addirittura scompare se il testo è conosciuto a memoria, se il soggetto canta, se parla con se stesso o con un animale. La b. è quindi vista come risultato del rapporto disturbato dell’Io con l’ambiente. Secondo la​​ teoria del conflitto appreso​​ la genesi della b. è legata ad un contesto familiare frustrante, per cui i genitori reagiscono in modo critico ai tentativi di pronunciamento delle prime parole da parte del bambino. Per la​​ teoria psicoanalitica​​ la b. è un sintomo che si colloca tra la nevrosi ossessiva e l’isteria di conversione. Sullo sfondo sono interessati l’erotismo orale, anale e fallico, vissuti in modo estremamente ambivalente (amore-odio). Più precisamente, la b. che insorge nella prima infanzia è interpretabile soprattutto come conflitto tra autonomia-dipendenza dalla madre, mentre quella che compare in età scolare va intesa come sintomo di ansia di competizione, dove sono più presenti aspetti della fase anale (trattenere-espellere) e della fase fallico-edipica (esibizione-antagonismo).

3. A seconda delle spiegazioni eziologiche fornite, vengono proposti: interventi ortofonici, psicoterapeutici o di tipo misto (correzione dell’articolazione fonatoria e psicoterapia).

Bibliografia

Anzieu A. et al.,​​ Psicoanalisi e linguaggio. Dal corpo alla parola,​​ Roma, Borla, 1980; Cippone De Filippis A.,​​ Turbe del linguaggio e riabilitazione, Roma, Armando, 1993; Minuto I.,​​ Le patologie del linguaggio infantile,​​ Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1994; Strocchi M. C.,​​ B. Il trattamento cognitivo-comportamentale, Gardolo, Erickson, 2003; D’ambrosio M.,​​ B. Percorsi teorici e clinici integrati, Milano, McGraw-Hill, 2005; Bitetti A.,​​ B., Roma, Armando, 2006.

V. L. Castellazzi




BAMBINO

 

BAMBINO

Con questo termine viene indicato l’essere umano nell’età dell’infanzia (0-6 anni); a livello internazionale tuttavia è diffusa la tendenza ad usare questa parola anche per indicare il fanciullo e il preadolescente.

1. Considerato​​ homunculus​​ nel mondo classico, il b. è messo in particolare luce nel Vangelo, dove si afferma il primato dell’infanzia nel Regno, e lo si riconosce quindi come persona, il cui valore deriva dalla sua origine divina, e come titolare di una dignità che gli è coesseziale. Tuttavia nel corso dei secoli è stato considerato e rappresentato in coerenza con le istanze culturali prevalenti e la sua vita è stata fortemente condizionata da quella degli adulti e in particolare della famiglia. Dall’Ottocento in poi sono sorte e si sono affermate specifiche istituzioni educative (asili e giardini infantili,​​ ​​ asili-nido, scuole materne, scuole dell’infanzia) ed è stata elaborata, con il concorso di numerose scienze umane (pedagogia, psicologia, sociologia, antropologia culturale...) una cultura dell’infanzia che riconosce il b. come soggetto attivo, capace di interazione con i pari, gli adulti, l’ambiente, e quindi di perseguire competenze di tipo comunicativo, espressivo, logico, operativo, di maturare e di organizzare in maniera equilibrata le componenti affettive, sociali, morali e cognitive della sua personalità, grazie alle sue potenzialità che l’educazione è chiamata a promuovere.

2. A questa cultura è legato il riconoscimento di diritti inalienabili del b. in quanto persona: alla vita, alla salute, all’educazione e al rispetto dell’identità individuale, etnica, linguistica, culturale e religiosa.

Bibliografia

Paparella N.,​​ Sviluppo del b. e crescita della persona, Brescia, La Scuola, 1984; Macchietti S. S. (Ed.),​​ Il b. e… l’educazione, Roma, Euroma-La Goliardica, 2005; Macchietti S. S. (Ed.),​​ B. protagonisti tra scuola e famiglia, Ibid., 2006.

S. S. Macchietti




BARNABITI

 

BARNABITI

Chierici Regolari di s. Paolo - Ordine religioso fondato a Milano nel 1530 da s. Antonio Maria Zaccaria (1502-1539).

1. I B., chiamati così dal nome della loro prima sede, la chiesa milanese di s. Barnaba, si propongono originariamente la riforma dei costumi e l’educazione religiosa del popolo mediante l’apostolato delle «confessioni, predicazioni, opere di pietà e di misericordia». La codificazione definitiva delle costituzioni dell’Ordine viene realizzata, nel 1579, sotto la guida di s. Carlo​​ ​​ Borromeo.

2. All’inizio del Seicento, ha luogo un deciso mutamento nell’orientamento di fondo: l’Ordine comincia a occuparsi dell’educazione dei giovani, e l’impegno nella scuola finisce per caratterizzare in seguito l’opera dei B., divenuta più intensa con la soppressione dei​​ ​​ Gesuiti (sec. XVIII). Il documento pedagogico più significativo,​​ Exterarum scholarum disciplina​​ (1666), è una sorta di​​ ratio​​ molto vicina a quella gesuitica e segna l’impegno dei B. nel campo dell’educazione: «Sebbene essi non siano nati, contrariamente all’opinione corrente, per l’educazione della gioventù, dalle loro scuole e collegi sono uscite schiere di alunni illustri in ogni campo; nell’insegnamento universitario e nella ricerca scientifica hanno contato autentici maestri» (Erba, 1975, 948).

3. Tra gli istituti educativi prestigiosi diretti dai B. vanno ricordati il collegio Carlo Alberto di Moncalieri (1838), per la formazione dei quadri dirigenti del Piemonte e dell’Italia risorgimentale, e quello di s. Giovanni alle Vigne di Lodi. Alcuni scritti pedagogici dei B., come quelli di A. Teppa (1806-1871), hanno avuto notevole influsso sugli educatori cristiani dell’Ottocento (v. anche​​ ​​ Congregazioni insegnanti maschili).

Bibliografia

Erba A. M, «Chierici Regolari di San Paolo (B.)», in G. Rocca (Ed.),​​ Dizionario degli Istituti di Perfezione,​​ vol. 2, Roma, Paoline, 1975, 946-974; Bianchi A.,​​ L’istruzione secondaria tra barocco ed età dei lumi. Il collegio di S. Giovanni alle Vigne di Lodi e l’esperienza pedagogica dei B.,​​ Milano, Vita e Pensiero, 1993; Bonora E.,​​ I conflitti della Controriforma. Santità e obbedienza nell’esperienza religiosa dei primi B., Milano, Le Lettere, 1998; Prellezo​​ J. M.,​​ «B., pedagogia dei»,​​ in​​ Enciclopedia filosofica, vol. 2, Milano, Bompiani / Fondaz. C.S.F. Gallarate, 2006, 1059-1060.

J. M. Prellezo




BASILIO DI CESAREA

 

BASILIO DI CESAREA

n. a Cesarea di Cappadocia nel 330 ca. - m. nel 379, padre della Chiesa, santo.

1. Nato in una famiglia nobile e cristiana, compie brillanti studi a Cesarea, Costantinopoli e Atene, dove diviene amico di Gregorio di Nazianzo. Il giovane B. si dedica con entusiasmo agli studi classici. Gli viene offerta la cattedra di «retore», a Neocesarea, che egli rifiuta: è il tempo della sua conversione e del suo ritiro, è la scoperta di Dio. Poi è la volta della scoperta della via alla perfezione, cioè la meditazione della Scrittura (Lett.​​ 2, 3; PG 32, 288), alla base delle sue​​ Regole.​​ Terminati gli studi, verso il 358 chiede il battesimo; si dà alla vita ascetica di cui diviene legislatore. Nel 370 è nominato vescovo di Cesarea. Scrive tra l’altro, il​​ Discorso ai giovani.

2. I monasteri di B. offrono anche scuole (paragonabili agli attuali seminari minori) per ragazzi. L’educatore ha il compito d’insegnare al giovane «dall’inizio le nozioni elementari» del bene e del male, di presentargli «esempi di pietà», in modo che l’educando possa giudicare prontamente ciò che è bene e ciò che è male; ne deriverà, infine, che «l’abitudine acquisita gli procurerà la facilità di agire bene» (cfr.​​ 15a​​ Grande Regola;​​ PG 31, 952-957). Sullo sfondo del​​ Discorso​​ si avverte il problema dell’incontro / scontro storico fra Cristianesimo e cultura pagana (o esterna). Il significato del​​ Discorso,​​ che si rivolge a giovani studenti (15 / 16 anni), parenti di B., e indirettamente a persone di cultura, è di proporre consigli per utilizzare gli scritti della letteratura classica e, al tempo stesso, offrire una proposta di ascesi cristiana. L’operetta, finalizzata a valorizzare l’ideale monastico presso giovani, parenti di B. e legati alla cultura classica, sarà ripresa in seguito e messa alla portata di tutti i giovani.

3. La struttura del​​ Discorso,​​ si articola in due parti: nella prima sono presi in considerazione gli scritti della letteratura profana, nella seconda sono oggetto di riflessione i comportamenti positivi presenti nella cultura e nella vita dei pagani, la cui utilità non è da disattendere. La conclusione riafferma il motivo dominante dell’operetta, quello di una certa qual convergenza a livello pedagogico degli autori profani e della Scrittura, che rappresenta il vertice della​​ ​​ paideia​​ cristiana. In concreto, ai giovani frequentatori della scuola pagana, B. illustra la funzione propedeutica di essa nel comprendere i sacri insegnamenti dei misteri. La finalità fondamentale del​​ Discorso ai giovani​​ è formare nell’animo giovanile la capacità di compiere scelte critiche, prospettando alla loro libertà di giudizio i criteri essenziali. Ma per essere cristianamente critico il giudizio di scelta dev’essere in grado di discernere quanto ci riguarda specificamente.

Bibliografia

Jaeger W.,​​ Cristianesimo primitivo e paideia greca,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1966; Naldini M. (Ed.),​​ B.d.C.,​​ Discorso ai giovani. Oratio ad adolescentes, Firenze, Nardini,​​ 21990, 9-77; Pasquato O.,​​ Educazione classica e educazione cristiana nella storiografia di H. I. Marrou,​​ in «Orientamenti Pedagogici» 34 (1987) 11-40; Spidlik T., «S.B.d.C.», in M. Midali - R. Tonelli (Edd.),​​ Dizionario di pastorale giovanile,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci,​​ 21992, 1094-1097.

O. Pasquato