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BALBUZIE

 

BALBUZIE

Disturbo del linguaggio che si manifesta sotto forma di ritardi, arresti, ripetizioni delle parole, per cui il ritmo e la melodia del discorso appaiono fortemente alterati. La b. compromette i passaggi tra l’ideazione e la realizzazione verbale, deforma gli stili di​​ ​​ comunicazione, condiziona le modalità di relazione sociale, accresce i conflitti emotivi e pregiudica la​​ ​​ stima di sé. La b. è più frequente nei maschi che nelle femmine.

1. Vi sono differenti tipi di b.: a)​​ Tonica.​​ Caratterizzata da un arresto all’inizio della parola con prolungamento della sillaba o anche solo del fonema difficile da pronunciare. b)​​ Clonica.​​ Si verifica quando c’è la ripetizione più o meno continua di una sillaba, specie della prima. c)​​ Tonico-clonica.​​ La si riscontra quando si sommano prolungamento e ripetizione fino a rendere quasi impossibile la comunicazione. d)​​ Atonica.​​ È caratterizzata dal blocco della parola. e)​​ Parabolica.​​ Compare quando l’eloquio è interrotto da parole o suoni che non hanno alcun rapporto con il senso del discorso. Dal punto di vista evolutivo esistono due tipi di b.: a)​​ Primaria.​​ Quando compare fin dall’inizio dell’acquisizione del linguaggio e quindi prima dei tre anni. b)​​ Secondaria.​​ Se compare dopo un congruo periodo di linguaggio corretto.

2. L’eziologia della b. è diversamente spiegata. L’approccio​​ organicistico​​ sostiene che essa può essere determinata da alterazioni motorie, dalla predominanza dell’ortosimpatico, da fattori ereditari, da lesioni localizzate o diffuse del sistema nervoso centrale o periferico. L’approccio​​ psicologico​​ sottolinea che le spiegazioni di carattere organico non sono in grado di chiarire il perché ci sono delle b. che variano da un giorno all’altro in base: all’interlocutore, allo stato emotivo del soggetto, al contenuto del discorso, al contesto in cui si trova. Fa inoltre notare che la b. si attenua o addirittura scompare se il testo è conosciuto a memoria, se il soggetto canta, se parla con se stesso o con un animale. La b. è quindi vista come risultato del rapporto disturbato dell’Io con l’ambiente. Secondo la​​ teoria del conflitto appreso​​ la genesi della b. è legata ad un contesto familiare frustrante, per cui i genitori reagiscono in modo critico ai tentativi di pronunciamento delle prime parole da parte del bambino. Per la​​ teoria psicoanalitica​​ la b. è un sintomo che si colloca tra la nevrosi ossessiva e l’isteria di conversione. Sullo sfondo sono interessati l’erotismo orale, anale e fallico, vissuti in modo estremamente ambivalente (amore-odio). Più precisamente, la b. che insorge nella prima infanzia è interpretabile soprattutto come conflitto tra autonomia-dipendenza dalla madre, mentre quella che compare in età scolare va intesa come sintomo di ansia di competizione, dove sono più presenti aspetti della fase anale (trattenere-espellere) e della fase fallico-edipica (esibizione-antagonismo).

3. A seconda delle spiegazioni eziologiche fornite, vengono proposti: interventi ortofonici, psicoterapeutici o di tipo misto (correzione dell’articolazione fonatoria e psicoterapia).

Bibliografia

Anzieu A. et al.,​​ Psicoanalisi e linguaggio. Dal corpo alla parola,​​ Roma, Borla, 1980; Cippone De Filippis A.,​​ Turbe del linguaggio e riabilitazione, Roma, Armando, 1993; Minuto I.,​​ Le patologie del linguaggio infantile,​​ Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1994; Strocchi M. C.,​​ B. Il trattamento cognitivo-comportamentale, Gardolo, Erickson, 2003; D’ambrosio M.,​​ B. Percorsi teorici e clinici integrati, Milano, McGraw-Hill, 2005; Bitetti A.,​​ B., Roma, Armando, 2006.

V. L. Castellazzi




BAMBINO

 

BAMBINO

Con questo termine viene indicato l’essere umano nell’età dell’infanzia (0-6 anni); a livello internazionale tuttavia è diffusa la tendenza ad usare questa parola anche per indicare il fanciullo e il preadolescente.

1. Considerato​​ homunculus​​ nel mondo classico, il b. è messo in particolare luce nel Vangelo, dove si afferma il primato dell’infanzia nel Regno, e lo si riconosce quindi come persona, il cui valore deriva dalla sua origine divina, e come titolare di una dignità che gli è coesseziale. Tuttavia nel corso dei secoli è stato considerato e rappresentato in coerenza con le istanze culturali prevalenti e la sua vita è stata fortemente condizionata da quella degli adulti e in particolare della famiglia. Dall’Ottocento in poi sono sorte e si sono affermate specifiche istituzioni educative (asili e giardini infantili,​​ ​​ asili-nido, scuole materne, scuole dell’infanzia) ed è stata elaborata, con il concorso di numerose scienze umane (pedagogia, psicologia, sociologia, antropologia culturale...) una cultura dell’infanzia che riconosce il b. come soggetto attivo, capace di interazione con i pari, gli adulti, l’ambiente, e quindi di perseguire competenze di tipo comunicativo, espressivo, logico, operativo, di maturare e di organizzare in maniera equilibrata le componenti affettive, sociali, morali e cognitive della sua personalità, grazie alle sue potenzialità che l’educazione è chiamata a promuovere.

2. A questa cultura è legato il riconoscimento di diritti inalienabili del b. in quanto persona: alla vita, alla salute, all’educazione e al rispetto dell’identità individuale, etnica, linguistica, culturale e religiosa.

Bibliografia

Paparella N.,​​ Sviluppo del b. e crescita della persona, Brescia, La Scuola, 1984; Macchietti S. S. (Ed.),​​ Il b. e… l’educazione, Roma, Euroma-La Goliardica, 2005; Macchietti S. S. (Ed.),​​ B. protagonisti tra scuola e famiglia, Ibid., 2006.

S. S. Macchietti




BARNABITI

 

BARNABITI

Chierici Regolari di s. Paolo - Ordine religioso fondato a Milano nel 1530 da s. Antonio Maria Zaccaria (1502-1539).

1. I B., chiamati così dal nome della loro prima sede, la chiesa milanese di s. Barnaba, si propongono originariamente la riforma dei costumi e l’educazione religiosa del popolo mediante l’apostolato delle «confessioni, predicazioni, opere di pietà e di misericordia». La codificazione definitiva delle costituzioni dell’Ordine viene realizzata, nel 1579, sotto la guida di s. Carlo​​ ​​ Borromeo.

2. All’inizio del Seicento, ha luogo un deciso mutamento nell’orientamento di fondo: l’Ordine comincia a occuparsi dell’educazione dei giovani, e l’impegno nella scuola finisce per caratterizzare in seguito l’opera dei B., divenuta più intensa con la soppressione dei​​ ​​ Gesuiti (sec. XVIII). Il documento pedagogico più significativo,​​ Exterarum scholarum disciplina​​ (1666), è una sorta di​​ ratio​​ molto vicina a quella gesuitica e segna l’impegno dei B. nel campo dell’educazione: «Sebbene essi non siano nati, contrariamente all’opinione corrente, per l’educazione della gioventù, dalle loro scuole e collegi sono uscite schiere di alunni illustri in ogni campo; nell’insegnamento universitario e nella ricerca scientifica hanno contato autentici maestri» (Erba, 1975, 948).

3. Tra gli istituti educativi prestigiosi diretti dai B. vanno ricordati il collegio Carlo Alberto di Moncalieri (1838), per la formazione dei quadri dirigenti del Piemonte e dell’Italia risorgimentale, e quello di s. Giovanni alle Vigne di Lodi. Alcuni scritti pedagogici dei B., come quelli di A. Teppa (1806-1871), hanno avuto notevole influsso sugli educatori cristiani dell’Ottocento (v. anche​​ ​​ Congregazioni insegnanti maschili).

Bibliografia

Erba A. M, «Chierici Regolari di San Paolo (B.)», in G. Rocca (Ed.),​​ Dizionario degli Istituti di Perfezione,​​ vol. 2, Roma, Paoline, 1975, 946-974; Bianchi A.,​​ L’istruzione secondaria tra barocco ed età dei lumi. Il collegio di S. Giovanni alle Vigne di Lodi e l’esperienza pedagogica dei B.,​​ Milano, Vita e Pensiero, 1993; Bonora E.,​​ I conflitti della Controriforma. Santità e obbedienza nell’esperienza religiosa dei primi B., Milano, Le Lettere, 1998; Prellezo​​ J. M.,​​ «B., pedagogia dei»,​​ in​​ Enciclopedia filosofica, vol. 2, Milano, Bompiani / Fondaz. C.S.F. Gallarate, 2006, 1059-1060.

J. M. Prellezo




BASILIO DI CESAREA

 

BASILIO DI CESAREA

n. a Cesarea di Cappadocia nel 330 ca. - m. nel 379, padre della Chiesa, santo.

1. Nato in una famiglia nobile e cristiana, compie brillanti studi a Cesarea, Costantinopoli e Atene, dove diviene amico di Gregorio di Nazianzo. Il giovane B. si dedica con entusiasmo agli studi classici. Gli viene offerta la cattedra di «retore», a Neocesarea, che egli rifiuta: è il tempo della sua conversione e del suo ritiro, è la scoperta di Dio. Poi è la volta della scoperta della via alla perfezione, cioè la meditazione della Scrittura (Lett.​​ 2, 3; PG 32, 288), alla base delle sue​​ Regole.​​ Terminati gli studi, verso il 358 chiede il battesimo; si dà alla vita ascetica di cui diviene legislatore. Nel 370 è nominato vescovo di Cesarea. Scrive tra l’altro, il​​ Discorso ai giovani.

2. I monasteri di B. offrono anche scuole (paragonabili agli attuali seminari minori) per ragazzi. L’educatore ha il compito d’insegnare al giovane «dall’inizio le nozioni elementari» del bene e del male, di presentargli «esempi di pietà», in modo che l’educando possa giudicare prontamente ciò che è bene e ciò che è male; ne deriverà, infine, che «l’abitudine acquisita gli procurerà la facilità di agire bene» (cfr.​​ 15a​​ Grande Regola;​​ PG 31, 952-957). Sullo sfondo del​​ Discorso​​ si avverte il problema dell’incontro / scontro storico fra Cristianesimo e cultura pagana (o esterna). Il significato del​​ Discorso,​​ che si rivolge a giovani studenti (15 / 16 anni), parenti di B., e indirettamente a persone di cultura, è di proporre consigli per utilizzare gli scritti della letteratura classica e, al tempo stesso, offrire una proposta di ascesi cristiana. L’operetta, finalizzata a valorizzare l’ideale monastico presso giovani, parenti di B. e legati alla cultura classica, sarà ripresa in seguito e messa alla portata di tutti i giovani.

3. La struttura del​​ Discorso,​​ si articola in due parti: nella prima sono presi in considerazione gli scritti della letteratura profana, nella seconda sono oggetto di riflessione i comportamenti positivi presenti nella cultura e nella vita dei pagani, la cui utilità non è da disattendere. La conclusione riafferma il motivo dominante dell’operetta, quello di una certa qual convergenza a livello pedagogico degli autori profani e della Scrittura, che rappresenta il vertice della​​ ​​ paideia​​ cristiana. In concreto, ai giovani frequentatori della scuola pagana, B. illustra la funzione propedeutica di essa nel comprendere i sacri insegnamenti dei misteri. La finalità fondamentale del​​ Discorso ai giovani​​ è formare nell’animo giovanile la capacità di compiere scelte critiche, prospettando alla loro libertà di giudizio i criteri essenziali. Ma per essere cristianamente critico il giudizio di scelta dev’essere in grado di discernere quanto ci riguarda specificamente.

Bibliografia

Jaeger W.,​​ Cristianesimo primitivo e paideia greca,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1966; Naldini M. (Ed.),​​ B.d.C.,​​ Discorso ai giovani. Oratio ad adolescentes, Firenze, Nardini,​​ 21990, 9-77; Pasquato O.,​​ Educazione classica e educazione cristiana nella storiografia di H. I. Marrou,​​ in «Orientamenti Pedagogici» 34 (1987) 11-40; Spidlik T., «S.B.d.C.», in M. Midali - R. Tonelli (Edd.),​​ Dizionario di pastorale giovanile,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci,​​ 21992, 1094-1097.

O. Pasquato




BELLEZZA

 

BELLEZZA

Il valore semantico del termine rinvia all’idea del «bello» che a sua volta implica concetti come «gusto», «canone estetico», «armonia», «opera d’arte», «natura», «cultura». Sia l’arte sia la natura riverberano la loro b.; essa possiede una propria «oggettività»; questa è tuttavia interpretata in ragione di codici – ovvero di sistemi di regole – che «soggettivamente» l’uomo acquisisce e matura attraverso un processo di etero- e auto-formazione.

1. Il contatto con le forme e i contenuti della b. presiede all’educazione estetica​​ (​​ educazione artistica) del soggetto, la cui formazione è interessata dalle esperienze del «bello» che egli porta a compimento nel suo rapporto con le arti figurative, la musica, la letteratura e la poesia, la scultura, la danza ma anche con il cinema, la fotografìa, il teatro, i media e nel contatto con la natura e il mondo della tecnica. L’elemento estetico – ha osservato​​ ​​ Dewey – armonizza la libertà dell’espressione individuale. Tale libertà conforma lo stato d’animo di chi, vivendo il «sentimento del bello», prova piacere. Da​​ ​​ Kant a​​ ​​ Tolstoj, il nesso fra b. e piacere estetico risalta evidente. Dalla classicità ad oggi, Venere permane il simbolo e il paradigma della b. e ciò poiché natura e arte vi si fondono in una rappresentazione del bello che le culture dell’umano vogliono sia esplicitata da una profonda e intima​​ unità.​​ S.​​ ​​ Agostino richiamando l’idea di b., rievoca l’equilibrio fra le parti grazie al quale un insieme diventa appunto «unità».

2. Evidente e amabile – così Platone la definisce nel​​ Fedro​​ –, la b. sottende una contemplazione amorosa e ideale del​​ bello​​ a cui non è estranea l’idea di​​ bene,​​ da Plotino investita del potere di fornire «la b. a ogni cosa». È per questo che Hegel attribuisce alla b. il compito di rendere «sensibile» l’Idea, cioè di avvalorare la rappresentazione reale di ciò che è spirituale. Quando a metà del Settecento A. G. Baumgarten scrive la prima​​ Aesthetica,​​ la b. o il bello vi dimorano quali rappresentazioni sensibili di ciò che è perfetto. Ad essa Kant collegò il concetto di sublimità (​​ stupore). In una certa misura, anche l’estetica crociana conferisce all’espressione​​ l’onere di simboleggiare la b. L’estetica del secondo Novecento, e in particolare la semiotica dell’arte, hanno messo a punto teorie della «generazione» e della «ricezione» del testo estetico in cui sono distinte e salvaguardate l’autonomia critica dell’artista e quella del destinatario fruitore dell’opera. Da entrambi si chiede siano rispettate l’identità e la diversità. Da ciascuno si desidera venga promossa e difesa l’originalità culturale nella «scrittura» o nella «lettura» dell’opera d’arte. Così, ogni educazione al bello invera una scuola di libertà, di eticità, di civicità.

3. Le prospettive pedagogiche procedono nella direzione di un’educazione estetica capace di vivificare quell’«armonia interiore» a cui le​​ Lettere sull’educazione estetica dell’uomo​​ – stese da F. Schiller – fanno puntuale riferimento. La cultura estetica si salda, pertanto, alla cultura pedagogica, mentre l’idea di b. si approssima al discorso etico. Per questo L. Pareyson ha potuto scrivere che «solo l’educazione estetica è in grado di mediare il passaggio dall’uomo fisico all’uomo morale».

Bibliografia

Pareyson L.,​​ Estetica. Teoria della formatività,​​ Milano, Edizioni di Filosofia, 1954; Schiller F.,​​ Lettere sull’educazione estetica dell’uomo,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1970; Bertin G. M.,​​ L’ideale estetico, Ibid., 1974; Gennari M.,​​ L’educazione estetica,​​ Milano, Bompiani, 1994; Dewey J.,​​ Arte come esperienza e altri scritti,​​ trad. it. a cura di A. Granese, Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1995, Eco U.,​​ Storia della b., Milano, Bompiani, 2004.

M. Gennari




BELLO Andrés

 

BELLO Andrés

n. a Caracas nel 1781 - m. a Santiago del Cile nel 1865, letterato, giurista ed educatore venezuelano.

1. Vive in un periodo travagliato della storia del suo Paese. Dopo gli studi umanistici ottiene il grado di «Bachiller de Artes» presso l’università di Caracas. All’inizio della guerra dell’indipendenza del Venezuela (1810), B. fa parte della missione inviata in Inghilterra dal governo insurrezionale. Nel periodo londinese (1810-1829), alterna l’attività diplomatica con gli studi filosofici e letterari, prendendo contatto con la cultura europea. Fonda le riviste «La Biblioteca Americana» e «El Repertorio Americano». Nel 1829 si stabilisce in Cile e collabora al progetto di riforma dell’​​ ​​ Università, di cui diviene rettore (1843-1865). Oltre alla celebre​​ Gramática castellana​​ (1847), vanno ricordati altri saggi:​​ Escuelas dominicales y de adultos​​ (1831),​​ De la enseñanza secundaria y de la profesional y científica​​ (1832),​​ Educación popular​​ (1843),​​ Estudios universitarios​​ (1853).

2. Per B., l’educazione popolare costituisce la base di ogni progresso sociale e il fondamento irrinunciabile delle istituzioni repubblicane. Da tale presupposto scaturisce l’urgenza di scuole che siano «focolari di cultura», con «buoni maestri» e «buoni metodi». In stretto rapporto con questa urgenza si colloca l’Università, concepita non come un «centro asettico di studi astratti», ma come un luogo di studio critico e di ricerca «utile», che formi persone capaci di «pensare da sé» e promuova il progresso sociale della nazione. Per la sua instancabile opera di diffusione dell’educazione, B. è stato chiamato «liberatore intellettuale dell’​​ ​​ America Latina», «educatore del Continente» e «il più grande umanista di Iberoamérica».

Bibliografia

Torzan-Dager S.T., «A.B. y la pedagogía», in​​ Cuarto libro de la Semana de B. en Caracas,​​ Caracas, Ministerio de Educación, 1955; Prellezo J. M.,​​ A.B. en el bicentenario de su nacimiento (1781-1981),​​ in «Orientamenti Pedagogici» 28 (1981) 1037-1049; Seminario di​​ studi​​ latinoamericani (Ed.),​​ Il pensiero pedagogico di B.,​​ Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1981;​​ Bocaz L.,​​ A.B.​​ Una biografía cultural, Bogotá, Convenio Andrés Bello, 2000.

J. M. Prellezo




BENESSERE

 

BENESSERE

Stato armonico di salute psicofisica, garantito da un ottimo livello di vita e da vantaggi equamente distribuiti.

1. Dal punto di vista sociale, il b. è associato a un livello economico di agiatezza, caratteristico soprattutto dei Paesi del primo e del secondo mondo e delle classi elevate all’interno del terzo mondo, da cui deriva la soddisfazione di tutte le esigenze personali, familiari e istituzionali. Nella prospettiva della dottrina sociale, lo​​ ​​ Stato sociale o del b. garantisce a ogni cittadino il rispetto, la salvaguardia e la promozione dei suoi propri diritti attraverso lo stanziamento di opportune somme di danaro pubblico e l’offerta di adeguate strutture di assistenza o di servizi di soddisfacimento dei bisogni vitali individuali, familiari, di gruppo, collettivi.

2. Dal punto di vista fisico, il b. rappresenta uno stato ottimale di salute dovuto a una buona funzionalità organica. Perché ciò si verifichi, è indispensabile che il soggetto abbia la possibilità di muoversi senza bisogno di appoggi e senza essere impedito da ostacoli insormontabili, di essere protetto da eventuali rischi e pericoli, di disporre di mezzi clinici e terapeutici in caso di improvviso malessere, di poter usufruire delle necessarie ore di sonno e di una sufficiente quantità di cibo.

3. Dal punto di vista psicologico, il b. costituisce uno stato interiore di equilibrio e di serenità, di vigore e di rilassamento, grazie al quale il soggetto è in grado di far fronte alle frustrazioni inevitabili della vita quotidiana e alla stanchezza che le accompagna, riuscendo, allo stesso tempo, a prendere delle decisioni impegnative, valutandone la portata e sapendole inserire nel flusso generale dell’esistenza. Così inteso, il b. non esclude le tensioni che il soggetto vive a motivo del processo di crescita personale cui è sottoposto oppure del tessuto relazionale in cui agisce, ma fa leva proprio sulla loro complessa interazione, nella certezza che non si è mai soli, che si è legati a un patrimonio culturale racchiuso nel passato e pur sempre vivo nel presente, che si hanno sempre delle possibilità e delle potenzialità da realizzare nel futuro.

Bibliografia

Fromm E.,​​ I​​ cosiddetti sani,​​ Milano, Mondadori, 1996; Fizzotti E. (Ed.),​​ Nuovi orizzonti di b. esistenziale. Il contributo della logoterapia di V.E. Frankl, Roma, LAS, 2005; Fata A.,​​ Armonia b. felicità, Cagliari, Punto di Fuga, 2005; Layard R.,​​ Felicità. La nuova scienza del b. comune, Milano, Rizzoli, 2005; Marocco Muttini C.,​​ Educazione e b. in adolescenza, Torino, UTET Università, 2006; Venuto P.,​​ Com’è straordinaria la vita! Piccolo dizionario del b., Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 2006; Rychen D. E. - L. H. Salganik,​​ Agire le competenze chiave. Scenari e strategie per il b. consapevole, Milano, Angeli, 2007.

E. Fizzotti




BERTIN Giovanni Maria

 

BERTIN Giovanni Maria

n. a Mirano-Venezia nel 1912 - m. a Bologna nel 2002, pedagogista italiano.

1. Nato a Mirano (Ve) e formatosi alla scuola milanese del razionalismo critico di Antonio Banfi, per trent’anni ha svolto la sua attività di ricerca e di docenza presso l’Università di Bologna dove è stato il primo preside della facoltà di Magistero (dal 58 al 69).

2. Maestro di molte generazioni di educatori, insegnanti e ricercatori, ha orientato i suoi studi e la sua riflessione in una pluralità di direzioni, dall’estetica al misticismo religioso, dalla letteratura alla filosofia considerandone le implicazioni e le ricadute in relazione al suo ambito di ricerca privilegiato: la filosofia dell’educazione. La prospettiva che ha elaborato – il problematicismo pedagogico – si caratterizza per il rigore antidogmatico e per il richiamo a un incessante esercizio critico volti a decifrare la complessità dell’esperienza educativa (relazione fra educatore e soggetto educativo, direzioni e obiettivi educativi, metodologie per realizzarli), nonché della problematicità che la connota, al suo interno e come condizionamento da parte del contesto socioculturale. Il percorso di superamento della problematicità viene proposto in direzione di «ragione», intesa come istanza regolativa di integrazione reciproca dei diversi tasselli che costituiscono l’esperienza, anche di quelli che appaiono più distanti, conflittuali, antinomici. Tale ragione, definita «proteiforme», si pone in termini di mescolanza fra intelligenza e affettività, immaginazione e impegno etico, e prefigura un modello di soggetto teso a progettare e costruire la propria esistenza nell’orizzonte del possibile e della differenza, scegliendo l’«inattuale» e osando l’utopico.

Bibliografia

a)​​ Fonti. Tra le opere più significative di B.:​​ Etica e pedagogia dell’impegno, Milano, Marzorati, 1953;​​ Educazione alla ragione, Roma, Armando,​​ 1968;​​ Crisi educativa e coscienza pedagogica,​​ Ibid.,​​ 1971;​​ Costruire l’esistenza​​ (in coll. con M. Contini), Ibid., 1983;​​ Ragione proteiforme e demonismo educativo,​​ Firenze, La Nuova Italia,​​ 1987. b) Studi: Contini M. (Ed.),​​ Tra impegno e utopia. Ricordando G.M.B., Bologna, CLUEB, 2005.

M. Contini




BERTOLDI Franco

 

BERTOLDI Franco

n. a San Candido (Bz), il 15 dic. 1920 - m. a Trento il 21 marzo 2005, pedagogista e didatta di ispirazione personalistico-cristiana.

1. Maestro elementare, insegnante di tedesco e di diritto nella secondaria, pubblicista di quotidiani locali e nazionali («Il Sole 24 Ore»), libero docente e poi ordinario di pedagogia e didattica, ha insegnato a Roma-La Sapienza, alla Cattolica di Milano e di Brescia e a Trento, dove fondò il Seminario permanente di pedagogia e l’Osservatorio sulla didattica.

2. La sua esistenza e l’essere stato allievo di N. Bobbio, con cui si laureò a Padova, lo rese attento ai rapporti tra scuola, economia e vita sociale. L’incontro e la guida di A.​​ ​​ Agazzi gli diede chiarezza teorica e solidità pedagogica, ponendolo in primo piano tra i pedagogisti personalisti-cattolici, in consonanza con l’adesione alla fede cattolica, quasi da «convertito», maturata agli inizi degli anni ’50. Le stimolazioni della «teoria dei sistemi» e della logica formale contribuirono a dare rigorosità e sistematicità alla sua indagine sull’azione didattica, al suo insegnamento e pratica della sperimentazione didattica, alla promozione dell’educazione a distanza e nella formazione degli insegnanti. Le sue esigenze personalissime di verità e di razionalità lo portarono a tematizzare la qualità della «certezza pedagogica» e il senso dell’«intenzionalità pedagogica». Negli ultimi anni si dedicò all’«orientamento di personalità», alla formazione «fra» adulti, alla istituzionalizzazione di «centri di cultura», per la promozione della cultura locale (in cui inserì un sapienziale recupero della cultura cristiana) e a iniziative di cooperazione internazionale.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ Trattato di didattica, 2 voll., Bergamo, Minerva Italica, 1978-’79;​​ Critica della certezza pedagogica, Roma, Armando, 1981. b)​​ Studi: Bombardelli O.,​​ Problemi dell’educazione alle soglie del duemila. Scritti in onore di F.B., Trento, Dipart. di Scienze Filologiche e Storiche, 1995.

C. Nanni




BERTOLINI Piero

 

BERTOLINI Piero

n. a Torino nel 1931 - m. a Bologna nel 2006, pedagogista italiano.

1. All’Università di Pavia, dove si laurea in Filosofia, è allievo di Enzo Paci che lo introduce alla fenomenologia husserliana. Sarà un’esperienza decisiva per B., sul piano personale e professionale, caratterizzando il suo futuro orientamento scientifico, teso alla costruzione di una pedagogia come scienza fenomenologica.

2. B. unisce alle istanze della ricerca teoretica, quelle della pratica educativa, affermando la necessità continua di interazione fra l’esperienza educativa e la riflessione su di essa. Su tale principio costruisce il concetto di «competenza pedagogica» e di «intenzionalità» in campo pedagogico. Prima lo scoutismo, poi (1958-’68) la direzione del carcere minorile «Cesare Beccaria» di Milano, sono i campi d’esperienza da cui B. ha tratto gli elementi fondamentali per la sua elaborazione pedagogica.

3. È stato promotore di una ricerca pedagogica soprattutto in tre direzioni: la dimensione epistemologica aperta al dialogo con le altre scienze; l’attenzione alle realtà educative del territorio e alle sue istituzioni; la centralità della comunicazione educativa e del ruolo che svolgono i media. Nel 1973 fonda la rivista «Infanzia». Alla fine degli anni ’80 dà vita al Centro Studi di Pedagogia fenomenologica «Encyclopaideia» (e alla rivista omonima) a cui partecipano studiosi universitari e non, e che diventa un indirizzo scientifico-culturale nell’ambito della pedagogia italiana, con collegamenti a livello internazionale.

Bibliografia

a)​​ Fonti: B. P.,​​ Per una pedagogia del ragazzo difficile, Bologna, Malipiero, 1965; Id.,​​ L’esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza fenomenologicamente fondata, Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1988; Id.,​​ Ad armi pari. La pedagogia a confronto con le altre scienze sociali, Torino, UTET, 2005. b)​​ Studi: Dallari M. - M. Tarozzi (Edd.),​​ Dialoghi con P.B., Torino, Thélème, 2001; Tarozzi M. (Ed.),​​ Direzioni di senso. Studi in onore di P. B., Bologna, CLUEB, 2006.

R. Farné