AUTORITÀ EDUCATIVA
AUTORITÀ EDUCATIVA
Ad altre voci, soprattutto a → rapporto educativo, è demandato il tema dell’a.e. dal punto di vista del diritto, della morale, della politica (→ educazione, diritti e doveri degli → educatori, → legislazione educativa e scolastica). Infatti, la possibilità teorica e metodologica dell’a.e. è data dalla previa soluzione positiva di problemi quali la «significatività» dell’ → azione educativa, la legittimità di persone che influiscono sulla crescita di altre, la proponibilità di fini, valori e programmi che tale crescita determinano o condizionano.
1. Dal punto di vista strettamente pedagogico a. è correlativa a → libertà, condizione e traguardo della collaborazione, nell’esercizio del rispettivo compito, di educatore e di educando, singoli e comunità. Quanto al concetto di libertà / → liberazione si possono distinguere due fondamentali orientamenti teorici e storici: volontaristico, che concepisce la libertà come indifferenza, facoltà di fare o non fare, fare questo o quello, il bene o il male; e dinamico-operativo, secondo il quale la libertà è una qualità degli atti umani prodotti interattivamente dalla ragione e dall’affettività spirituale (volontà): orientato naturalmente al vero (teorico e pratico), volontà rivolta naturalmente al bene, intelligenza impegnata a illuminare sui mezzi più idonei a raggiungerlo. Secondo la prima concezione la libertà precede il conoscere e lo muove: essa è slegata dalle inclinazioni proprie della natura umana al bene, alla verità, alla felicità; è un postulato, un fatto primo dell’esperienza umana. La qualità morale degli atti, quindi, non può essere data da loro proprietà intrinseche, ma da obbligazioni e da norme provenienti da un’istanza superiore: Dio, stato, chiesa, società, imperativo categorico, idea, spirito oggettivo, super-io, classe, partito. Per la seconda concezione la libertà procede dalla ragione: è la qualità degli atti umani compiuti congiuntamente dall’intelletto e dalla volontà, in forza della decisione, che è «intelletto desiderante o desiderio riflesso» (Et. Nic. VI 2,1139 b 5).
2. Nella prima ipotesi l’a. dell’educatore sta alla libertà dell’educando nel tempo della crescita esattamente come la legge morale sta alla libertà dell’uomo nell’età adulta: nell’uno e nell’altro caso l’a. è regola, limite, freno ad una libertà intesa come sorgente di tutte le possibilità. L’a.e. è la rappresentazione vicaria della «legge» che sollecita l’obbedienza attuale dell’educando immaturo in funzione dell’obbedienza matura dell’età adulta. Educazione compiuta è accesso consolidato alla libertà, garantita dall’assunzione responsabile delle regole vissute dall’educatore stesso. Questi opera nei confronti dell’educando in più modi, alternando formazione della personalità, della volontà, del carattere, e illuminazione dell’intelligenza, regolazione e affinamento della sensibilità. Egli informa l’intelligenza sui fini dell’esistenza, presentando e illustrando all’educando le indeclinabili esigenze della legge morale, come permanente «forma di vita» (cultura morale); ne sottolinea la forza obbligante, la sacralità e insieme le virtualità umanizzanti quale autentica garanzia di «vera» libertà: servi simus legi ut liberi esse possimus (pedagogia dell’obbedienza, pedagogia della libertà); forma la coscienza dell’educando, rettificandone la capacità di giudizio morale, correggendone l’irriflessività e la volubilità e abilitandolo ad agire con equilibrio e saggezza; rafforza la volontà e il carattere, avviando l’allievo, oggi e per il futuro, coll’«esatto adempimento dei propri doveri», alla pratica costante, agile e gratificante dei molteplici impegni della vita (pedagogia del «dovere» e delle «virtù» ad esso funzionali). Potrebbe leggersi in quest’ottica quanto scrivevano → Lambruschini e già → Kant, precritico. «L’antica lite tra la Libertà e l’A. è una guerra tra due orgogli [...]. Umiliate l’uno e l’altro: e la pace è fatta. Allora la Libertà è la coscenza che rispetta la legge; e l’A. è la legge che rispetta la coscenza» (Dell’a. e della libertà. Pensieri d’un solitario, XXXIII). «L’uomo per natura è così inclinato alla libertà che, se per un certo tempo vi è abituato, le sacrifica poi tutto. Conviene adunque di buon’ora ricorrere alla disciplina [...]. Quindi si deve abituarlo per tempo a sottomettersi ai precetti della ragione» (La pedagogia, introduzione).
3. Diverso è il modo di interpretare e attuare la cosiddetta a.e. nell’ambito della seconda concezione della libertà prospettata. L’a. è l’offerta al soggetto in età evolutiva di una disciplina per un apprendistato dell’arte della vita secondo le regole che esso richiede. L’a. è essenzialmente a. di qualità, autorevolezza. Essa deriva, fondamentalmente, dal prestigio morale, dalla superiorità etica di un adulto esemplare, impegnato a sollecitare il giovane a matura riuscita umana. Con la sua opera di guida e di persuasione egli rende accette quelle norme e quei precetti che nello «spazio transizionale» della stagione educativa sono «provvisoriamente» indispensabili all’educando per produrre gli atti qualitativamente idonei a costruire capacità interiori consolidate di comportamenti e stili di vita («virtù»), che ne faranno un protagonista della propria vita, nel governo di sé e degli altri (→ prudenza) secondo giustizia, fortezza, temperanza. La disciplina implica una comunicazione di sapere e l’esercizio intelligente e libero di atti buoni, generati congiuntamente dall’intelligenza e dalla volontà. «La vera disciplina fa appello alle disposizioni naturali, al senso spontaneo del vero e del bene, alla coscienza del discepolo, e si pone al servizio della sua crescita mediante regole che gli corrispondono in profondità. L’educazione è un servizio e una collaborazione» (Pinckaers, 1985). In un primo momento l’azione dell’educatore può essere sentita come limite; ma progressivamente tra l’educando e l’educatore si determina quella specie di dibattito dialettico, che costituisce l’essenza della relazione educativa intesa propriamente come rapporto tra la «libertà virtuosa» dell’adulto e la «libertà di atti» dell’educando in cammino verso la propria «libertà virtuosa». L’educatore, con il suo intervento esemplare e autorevole di «facilitatore» (→ Rogers) non annulla o soffoca in alcun modo la libertà dell’educando, ma contribuisce a farla emergere, a dilatarla, prevenendo errori e deviazioni dell’intelligenza e degli appetiti che sono a scapito del dinamismo proprio di crescita della libertà interiore. L’educazione che comincia con l’esteriore approda a una crescita interiore che sola può annodare come conviene i legami tra la legge morale, che è provvisorio mezzo «pedagogico», e la libertà per assicurare ciò che si potrebbe chiamare il decollo o il rodaggio di questa. Per questo l’a.-autorevolezza educativa è intrisa, indissolubilmente, di amore e di ragione: amore che «guadagna il cuore dell’allievo» (don Bosco) (→ amore educativo, → amorevolezza), ragione che tende a «far ragionare» («praticamente») l’alunno (→ ragione, ragionevolezza), aprendogli la via all’autonomia e responsabilità del pensare, del decidere e dell’agire.
Bibliografia
Laberthonnière L., Théorie de l’éducation, Paris, Bloud, 1901; Lambruschini R., Dell’a. e libertà. Pensieri di un solitario. Ediz. critica a cura di A. Gambaro, Firenze, La Nuova Italia, 1932; Braido P., Filosofia dell’educazione, Zürich, PAS-Verlag, 1967; Pinckaers S. Th., Les sources de la morale chrétienne. Sa méthode, son contenu, son histoire, Paris, Cerf, 1985; Nanni C., L’educazione tra crisi e ricerca di senso. Un approccio filosofico, Roma, LAS, 1990; Bertagna G., Generazione giovanile ed educazione alla scelta, in «Orientamenti Pedagogici» 45 (1998) 585-602; Bruzzone D., Psicoterapia e pedagogia in Carl R. Rogers. Una ricerca sui contributi dell’approccio centrato sulla persona all’educazione, in «Orientamenti Pedagogici» 45 (1998) 447-465; Crepet P., Non siamo capaci di ascoltarli. Riflessioni sull’infanzia e l’adolescenza, Torino, Einaudi, 2001; Crea G. - O. Fabbri, Verso una leadership autorevole e strategica, in «Orientamenti Pedagogici» 52 (2005) 975-983.
P. Braido