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ANIMAZIONE

 

ANIMAZIONE

In senso generale l’a. può essere intesa come uno stile, un approccio o un modo di rendere un servizio alle persone e alle comunità, cui corrisponde sul piano delle figure professionali un profilo specifico: l’animatore.

1. Il significato del termine a.​​ I termini «animare», «a. » e «animatore» indicano l’energia e l’attività che dà, espande, arricchisce la vita ed ispira un individuo o dei gruppi, sia dall’interno che dall’esterno. L’a., quindi, è essenzialmente un processo riferito alla vita e all’amore per la vita; promuove l’esistenza, l’armonia, la crescita e la coesione; abbraccia una vasta gamma di comportamenti umani e infonde energia, vitalità e spirito. Il termine, pertanto, è fondamentalmente collegato con la creatività, la gioia e l’ispirazione. L’a. diviene un’azione proficua solo in quelle esperienze dove c’è libertà e assenza di costrizione. L’a. sfida la vita stessa, così come sfida le personali capacità degli individui a liberarsi da ogni sorta di miseria che in qualche modo ostacola e svilisce la vita. Quindi la vita stessa diviene il luogo dove spargere i semi della speranza per il futuro.

2. Le diverse forme dell’a.​​ Esistono diversi modelli di a., che indichiamo brevemente, per soffermarci, poi, sul modello olistico dell’a. a)​​ A. creativo-espressiva:​​ è forse il modello generalmente più diffuso. È legato allo scenario della rappresentazione teatrale, che offre mezzi d’auto-espressione all’interno della comunità spesso utilizzati per aiutare i fanciulli e le persone con particolari problemi di apprendimento. b)​​ A. socio-culturale: ha dei legami con i processi educativi degli adulti e della comunità. Mira a promuovere lo sviluppo di talenti ed abilità delle persone e dei gruppi per abilitarli a una migliore partecipazione alle realtà sociali e politiche in cui vivono e ad una loro migliore gestione. c)​​ A. culturale: si riferisce maggiormente ad un approccio educativo e didattico applicabile ad attività scolastiche del doposcuola e specialmente a gruppi giovanili. Si tratta, in fondo, di una teoria educativa basata su un sottointeso paradigma filosofico / antropologico, con un metodo ben fondato e con risorse specifiche. Si qualifica per la dimensione culturale dell’identità individuale e le sue espressioni sociali e storiche. d)​​ A. del tempo libero:​​ si rivolge a forme ricreative o espressive. È un tipo d’a. nel quale il tempo libero delle persone è impiegato per liberare la loro auto-espressione e a per acquistare o riacquistare la loro creatività. e)​​ A. come dinamica di gruppo:​​ è riferita all’applicazione di tecniche e metodi che promuovono la comunicazione interpersonale e la messa in atto di attività di gruppo. f)​​ A. come modello olistico​​ per l’educazione si fonda sulla prospettiva di stili diversi e conseguenti ruoli da assumere per promuovere la pienezza di vita per tutti.

3. Comprensione del modello olistico dell’a.​​ Accentuando il significato delle parole «animare», «a.» e «animatore» come una qualità di vita, un modo dell’agire più che una specifica azione, possiamo comprendere l’a. come un insieme di​​ stili​​ per​​ ridestare (dare),​​ liberare (purificare),​​ rafforzare (sostenere),​​ progettare la vita;​​ ciascun stile è un​​ processo​​ e un​​ metodo​​ per​​ l’arricchimento della vita, che concorre a favorire un processo di​​ trasformazione della vita,​​ inteso come​​ un avanzare verso la pienezza di vita per tutti. E questo allo scopo di provocare dall’interno delle persone, la loro partecipazione alla vita della comunità. Per​​ a. che ridesta​​ o​​ dà la vita,​​ intendiamo uno stile di​​ pensare e di riferirsi alle persone​​ e ai dinamici processi interni connessi con la loro maturazione umana e spirituale. L’a. come liberazione​​ o​​ purificazione della vita​​ abilita individui e gruppi a rimuovere tutte le forme d’annullamento della vita e a decidere di essere sempre a favore di essa. L’a. come rafforzamento​​ o​​ sostegno della vita, indica​​ l’essere in relazione per accompagnare​​ persone e gruppi, con suggerimenti e motivazioni, in un cammino di maturazione affinché essi stessi possano scegliere gli stimoli più adatti. Per​​ a. come progettazione della vita​​ s’intende uno stile educativo che seleziona risorse ed opportunità educative articolandole in relazioni libere, autentiche ed evolutive, per incoraggiare gli individui a discernere e ad identificare la loro​​ visione personale​​ in conformità con l’invito di Dio e ad abilitarli a procedere​​ verso una visione condivisa​​ capace di promuovere nella comunità la pienezza di vita per tutti. L’a. come arricchimento di vita​​ è un​​ processo e un metodo​​ che accetta la visione della realtà sempre mutevole e che considera Dio come la sorgente di questa crescita e apertura creativa allo sviluppo. In definitiva, l’a. è un movimento che trasforma la vita;​​ ciò comporta una​​ strategia unificante​​ che include tempi, luoghi, vari aspetti ed azioni e anche un processo convergente ed unificato, in cui la vita e l’amore per la vita sono gli elementi centrali. La meta di questo processo di trasformazione è la​​ pienezza di vita per tutti.

4.​​ I valori dell’a.​​ L’a. nelle sue diverse modalità, possiede propri valori, che possono essere sia ideali, sia concreti. A. indica l’insieme di azioni-riflessioni mediante le quali l’individuo o il gruppo intraprende liberamente il cammino verso la pienezza di vita per tutti e quindi è «animato». Tali azioni-riflessioni, a loro volta, abilitano gli individui o i gruppi a trasmettere la vita ad altri e così diventano animatori. L’a. è intenzionalmente centrata sulle persone, sulla loro coscienza e sulle loro capacità. Riconoscendo la libertà interiore e l’autonomia dell’individuo, l’a. offre l’opportunità per liberarle da tutto ciò che ostacola il cammino verso la pienezza di vita. L’a. ridesta gradualmente le loro capacità interiori, aprendo nuovi orizzonti, chiamandoli ad una riflessione critica su se stessi, su quelli che li circondano, sulla storia e sul mondo in cui vivono, promuovendo così un itinerario verso la pienezza di vita per tutti. Questo procedimento ha bisogno di essere manifestato attraverso la solidarietà, l’armonia e l’unità all’interno della società stessa e verso la natura, con il dialogo il quale promuove, inoltre, uno stile educativo che non manipola le persone, non fa un lavaggio di cervello, né impone alcuna cosa con la forza. Come metodo educativo, l’a. non minaccia le persone con condanne o rappresaglie, né promuove la partecipazione solo per una ricompensa o un favore. Si limita, invece, ad offrire risorse ed opportunità e ad organizzarle in una relazione libera, autentica, che conduce allo sviluppo, al sostegno e all’accompagnamento delle persone nella loro crescita verso la pienezza di vita per tutti, attraverso il processo di​​ self-empowerment​​ (auto-responsabilità). Nello stesso tempo, l’a. riconosce che questo cammino è intrapreso in un ambiente specifico, dentro una storia particolare con tutti i suoi aspetti positivi e negativi. In questo modo, la memoria del passato e la speranza di un futuro migliore assumono un significato fondamentale nel processo d’a. La consapevolezza dei propri limiti, il bisogno d’impegno e lo sviluppo della speranza e dell’ottimismo costituiscono uno dei segni più evidenti per la memoria e la speranza di un futuro migliore. Queste dimensioni sono promosse non solo in vista di una sopravvivenza ma, soprattutto, per mettersi in cammino verso la realizzazione degli ideali dell’amore autentico. Questi ideali rendono gli individui capaci di percepire gli altri come persone dotate di specifiche qualità e non come una minaccia e un peso; di conseguenza, essi sono una sfida per cercare l’armonia e l’unità. Questa memoria e speranza nel futuro richiedono dagli individui un rinnovamento continuo, implicando l’uso appropriato e giusto delle risorse messe a disposizione dell’umanità.

5. L’a. - uno specifico processo educativo. L’a. mostra i processi della personalizzazione e della coscientizzazione che hanno luogo all’interno delle persone, dei gruppi e delle comunità e sottolinea le motivazioni che sottostanno alle varie scelte, e ne promuove sia la capacità critica, sia la partecipazione attiva ai processi di crescita, abilitandoli a diventare protagonisti responsabili. Inoltre, li rende consapevoli della realtà delle loro potenzialità inespresse, represse o soppresse, rafforzando in tal modo il tessuto sociale. L’educazione, invece, è generalmente intesa come una specifica attività umana associata a ruoli e figure precise entro una particolare relazione interpersonale che coltiva, cura e forma individui della generazione che sta crescendo. L’educazione comprende una serie si discipline miranti a fornire e ad accrescere informazioni ed abilità, allo scopo di sviluppare sia gli individui sia la società. L’a. e l’educazione, quindi, sono due realtà specifiche e complesse, che hanno degli elementi in comune quali la vita, la cultura, la persona, la libertà, la responsabilità, l’accrescimento delle potenzialità degli individui, ecc. Nel suo nucleo centrale, l’a. non differisce radicalmente dal processo educativo, ma considera se stessa come distinta dal modo abituale e predominante dell’educare. Differisce, in pratica, nel suo modo di comprendere le persone e anche nel modo di identificare la collocazione dei processi educativi che, nel caso dell’educazione, sono stati convenzionalmente associati con istituzioni accademiche. Queste hanno aiutato l’a. ad elaborare concetti teorici, metodi e tecniche diverse, capaci di verificare l’efficacia dei risultati che si possono ottenere con le esperienze d’a. L’a. ci aiuta a percepire che è possibile educare in ogni contesto, in ogni fase della vita e in ogni situazione, purché esistano certe condizioni di libertà. L’a., in altre parole, non deve essere solamente considerata come un aspetto del processo educativo, ma anche come una dimensione sottostante, che rafforza ed accresce i confini dei campi tradizionali dell’educazione.

6. A. dalla prospettiva degli stili diversificati. La domanda principale e fondamentale che gli operatori si pongono non riguarda il luogo dove fare l’a., ma la realtà particolare in cui si trovano le persone. L’a. è, di conseguenza, efficace solo se s’impegna seriamente a prendere in considerazione quella realtà attraverso cui le persone tentano di trovare la pienezza di vita. L’a., pertanto, richiede operatori che conoscono le situazioni e i bisogni delle persone e abbiano la capacità di identificare le cause fondamentali che provocano situazioni indesiderabili. Per stile si può intendere la maniera preferita di pensare, il modo originale di esprimersi e la forma particolare di agire, caratteristiche proprie di ogni persona. Lo stile non è un’abilità, ma piuttosto la modalità preferita per usare l’abilità che si possiede. Quando il profilo dell’a. si armonizza con la situazione delle persone, allora essa diventa feconda. Il profilo di uno stile d’a. è caratterizzato essenzialmente da due componenti: quello delle relazioni e quello dei compiti. La componente delle relazioni si specifica per una particolare sollecitudine verso le persone; quello dei compiti, invece, evidenzia l’impegno per la missione, cioè per la finalità e gli obiettivi. La prospettiva dello stile dell’a. è un forte richiamo, per gli operatori, a tenere unite la componente delle relazioni, quella dei compiti e quella delle situazioni. La visione degli stili (ridestare,​​ liberare,​​ rafforzare e progettare la vita) fornisce agli operatori una specie di ampia mappa concettuale, che è utile per comprendere sempre meglio la complessità dell’a. Le componenti principali degli stili che si riferiscono alle​​ relazioni​​ e ai​​ compiti, rimandano a due fattori fondamentali per ciascuno, compresenti nel processo dell’a. La prospettiva degli stili basata sulle​​ relazioni​​ e, quindi, sulla​​ sollecitudine per le persone, confida nelle loro risorse interiori per farle procedere verso una pienezza di vita per tutti attraverso i due processi seguenti. Il primo,​​ sostenere e apprezzare le risorse interiori delle persone​​ comporta che ognuna possieda delle risorse che necessitano di essere scoperte, sviluppate ed impiegate per la crescita e la maturazione e ciò è possibile attraverso l’a. Il secondo,​​ far procedere le persone verso la pienezza di vita​​ costituisce la finalità o l’obiettivo fondamentale d’ogni processo d’a., che permette di realizzare le loro aspettative di vita e il raggiungimento di un appagamento attraverso ragionevoli e giuste relazioni con se stessi, con gli altri, con il mondo e con Dio. La prospettiva degli stili a livello di​​ compito, cioè di​​ missione, richiede di sostenere le persone nella loro crescita, nei loro cambiamenti e nella promozione e partecipazione ampia e piena ai valori centrali della vita. Questa prospettiva si esplica attraverso altri due processi: il​​ rafforzamento delle persone nei mutamenti​​ attraverso il contatto con gli animatori e la​​ partecipazione ai valori centrali e fondamentali​​ della vita.

7. I processi coinvolti nella prospettiva degli stili dell’a. e ruoli corrispondenti. I processi coinvolti negli stili dell’a. divengono evidenti quando la sollecitudine per le persone e la preoccupazione per la missione s’intrecciano. Uno sguardo analitico dei processi dell’a. evidenzia stili distinti, ma collegati tra loro, che si possono esprimere con i verbi:​​ portare dentro​​ l’ambito dell’a.,​​ liberare​​ o purificare,​​ rafforzare​​ o sostenere e​​ progettare​​ la vita. Tali processi manifestano quattro stili fondamentali di a.:​​ ridestare / dare​​ la vita attraverso il​​ ruolo della narrazione;​​ liberare / purificare​​ la vita mediante il ruolo della valutazione;​​ rafforzare / sostenere​​ la vita attraverso il ruolo dell’allenamento;​​ progettare​​ la vita con il ruolo del leader.​​ Questi quattro stili d’a. sussistono in un equilibrio dinamico ed interagiscono tra loro. L’a., mentre abilita le persone ad usare stili diversi, le incoraggia anche ad esaminarne i limiti, per realizzare sempre più un’a. olistica, che presuppone un forte lavoro d’équipe. Mantenere questi quattro stili in un equilibrio dinamico e promuovere l’interazione tra loro, stimola un altro processo, quindi un altro stile, che in qualche modo migliora e valorizza la vita in ogni situazione e che può essere chiamato​​ arricchimento della vita. A quest’ultimo stile corrisponde il​​ ruolo del servizio​​ alle persone, che è il vertice dello stile dell’a., per abilitarle a divenire agenti-soggetti in relazione, per progredire verso la pienezza di vita per tutti.

8.​​ In conclusione, questi stili diversi e i ruoli corrispondenti ci aiutano a definire i compiti specifici dell’animatore, facendo vedere, nello stesso tempo, la natura olistica dell’a. Ognuno degli stili descritti è valido e nessuno di essi prevale su un altro, in quanto ciascuno esplicita particolari funzioni e sarebbe errato dire che uno stile dà migliori possibilità di un altro. Una formula che dovrebbe guidare gli animatori competenti può essere sintetizzata in questo modo: «stili diversi per persone diverse» e / o «stili diversi per situazioni diverse».

Bibliografia

Besnard P.,​​ Animation socioculturel. Fonctions,​​ formation,​​ profession, Paris, ESF, 1981;​​ Maurizio R. - D. Rei (Edd.),​​ Professioni nel sociale, Torino, Gruppo Abele, 1992; Sternberg R.,​​ Thinking styles, Cambridge, Cambridge University Press, 1997; Pollo M.,​​ A. culturale - teoria e metodo, Roma, LAS, 2002; Vallabaraj J.,​​ Animating the young, Bangalore, Kristu Jyoti Publications, 2005; Id.,​​ A. e pastorale giovanile, Leumann (TO), Elle Di Ci, 2008.

J. Vallabaraj




ANIMAZIONE SOCIOCULTURALE

 

ANIMAZIONE SOCIOCULTURALE

L’a.s. può essere definita come un’azione sociale di promozione umana e di coscientizzazione personale e comunitaria. L’a.s.​​ fa capo, da una parte, alle esperienze di educazione degli​​ ​​ adulti promosse fin dagli anni Cinquanta del sec. scorso e, dall’altra, al modello francese dell’a.s. Questa viene pensata come intervento nel territorio, al fine di favorire i processi di crescita della capacità dei gruppi di partecipare alla realtà sociale e politica in cui vivono, e di gestirla. Questo filone è rappresentato, sia storicamente che attualmente, dalla rivista «A. Sociale» fondata da G. A. Ellena nel 1971 ed ora affidata alla gestione del Gruppo Abele di Torino. In questa direzione si sono mosse altre realtà significative quali l’ARIPS e l’ASSCOM, in stretto rapporto con le esperienze di psicologia di comunità.

1.​​ La dimensione educativa.​​ L’a.s., pur non volendosi confondere con altri stili di a. più marcatamente educativi, può avere una notevole valenza educativa. Infatti​​ le funzioni​​ dell’a.s., finalizzata al cambiamento attraverso la partecipazione, sono essenzialmente due: a) la​​ presa di coscienza, che riguarda realtà quali le potenzialità inespresse, rimosse o represse delle persone singole, dei gruppi e delle comunità; i dinamismi interni del nostro «agire»; le mentalità diffuse, sommerse, latenti; le situazioni problematiche; il divario ricorrente tra «reale» ed «ideale». A questo scopo anche il​​ metodo​​ adottato deve essere preciso. Occorrono interventi organici, ben finalizzati, ispirati ad una prevalente preoccupazione preventiva, specie in alcune aree (partecipazione, espressività e creatività, emarginazione, devianza). Tutto ciò al fine di​​ creare una nuova cultura​​ nel rapporto pubblico-privato, professionale-volontario; nel relazionarsi e collaborare con persone e con gruppi di diversa estrazione, formazione, ispirazione, ma operanti su obiettivi comuni; nella concezione del tempo libero, con finalità non solo ludiche ma anche di impegno sociale; b) il​​ potenziamento del tessuto connettivo sociale,​​ che​​ si attua con iniziative di socializzazione, gruppi e lavoro di gruppo, scambi turistici, itinerari ecologici, convegni e seminari, feste popolari, mostre itineranti, a. dei ragazzi nei condomini, raccolte finalizzate di oggetti; stimolando la «gente» a risolvere in proprio i problemi quotidiani, a superare le diffidenze verso il pubblico, a sostenere dall’esterno le comunità di accoglienza, ad essere presenti nelle situazioni di emergenza; lacerando l’incomunicabilità tra le generazioni, tra gli operatori e la «gente», tra i turisti e i locali; con il reperimento in gruppo delle risorse disponibili ed il loro funzionale raccordo con i​​ ​​ bisogni locali; con la realizzazione di microstrutture pilota agili, che rispondano con successive approssimazioni all’inventario incrociato di bisogni, aspettative, interessi, carenze, rapporti; con alcuni punti istituzionali di riferimento:​​ ​​ famiglia, scuola, lavoro, tempo libero, associazionismo, ecc., facilitando in questo modo il coordinamento e la destinazione razionale delle risorse; con la creazione di microstrutture di servizio (per esempio un ufficio stampa) per le attività di più gruppi (specie di giovani) operanti sullo stesso territorio con obiettivi analoghi; con tecniche collaudate di organizzazione e di programmazione, finalizzate all’individuazione di concreti criteri di efficienza ai fini di una periodica verifica degli interventi promossi e realizzati; con la valorizzazione dei giovani come protagonisti della propria «condizione giovanile», dell’interazione scuola-associazione-territorio in ordine ad un uso alternativo, ossia impegnato, del tempo libero; favorendo, soprattutto nei giovani, la riacquisizione personale ed in gruppo del senso di identità, del gusto del vivere, del senso di​​ ​​ appartenenza, attraverso l’esercizio della collaborazione, della cooperazione e del lavoro.

2.​​ La formazione degli animatori.​​ La dimensione educativa dell’a.s. nei termini indicati appare ancora più evidente se verifichiamo​​ i​​ punti di riferimento di una linea formativa​​ che consenta il passaggio dalla realtà concreta e feriale dell’a. al suo profilo ideale attraverso la «formazione degli animatori». Di essa sono punti di riferimento​​ ​​ valori come la centralità delle persone umane concrete, il rispetto e la promozione della libertà delle coscienze, la solidarietà, la ricerca della buona qualità della vita, il pluralismo sociale quale garanzia di libertà per persone, gruppi, comunità, il lavoro, la pace e lo sviluppo, il rispetto e la difesa dell’equilibrio ecologico, una cultura ed un’educazione critica ed aperta. Il senso e il gusto della libertà delle persone, dei gruppi e delle comunità costituiscono il fine e l’atteggiamento fondamentale dell’animatore. Sapersi determinare, decidere insieme, innovare ne sembrano le espressioni personali più cospicue. Più specificamente fanno parte della competenza umana e professionale dell’animatore la lealtà, la responsabilità, il rispetto e la fedeltà; la coscienza della complessità ed organicità del reale, ma anche l’acuto senso per il locale, il particolare, il personale, per le dinamiche di​​ ​​ gruppo o per i comportamenti collettivi; il senso della storicità e insieme delle urgenze e priorità che si impongono; la capacità del dialogo e del confronto; la semplicità degli stili di vita; il senso della provvisorietà; il distacco, la flessibilità e il coraggio di agire anche rischiando e pagando di persona. Pertanto sembra collegabile con l’animatore un modello di​​ ​​ personalità interiormente unificata, aperta all’universalità dei valori, capace di infondere speranza e di far maturare prospettive aiutando a leggere la realtà e a cogliere possibilità di azione a prima vista «inedite». Rientra nella sua competenza uno stile di intervento modulato sul «vedere-giudicare-agire», sulla capacità di vivere in situazione coniugando prassi-teoria-prassi, insieme, in gruppo, in comunità, sull’intelligente revisione di vita, ma anche sul saper mediare e innovare, non emarginando, ricuperando ritardi, anticipando il futuro. A sua volta sarà necessario saper integrare i ruoli professionali tecnici in un agire funzionale alle persone e alle necessità dei gruppi e delle comunità. In questa prospettiva è evidente la priorità data alle «competenze umane», rispetto alle abilità tecniche e ai mezzi a disposizione (che pure hanno la loro importanza «strumentale»).

3.​​ La prospettiva culturale.​​ Alla base di questo modo di intendere l’a. e l’animatore sta una concezione ampia di​​ ​​ cultura che tiene conto sia della cultura alta che di quella popolare. Come è del resto anche nell’approccio inglese dei​​ Cultural studies,​​ si ha davanti un concetto di cultura intesa come pratica sociale, come processo globale, come memoria collettiva di popolo, nelle sue molteplici differenziazioni interne (tradizionalmente piuttosto emarginate dalla cultura ufficiale). Ma insieme si pensa ad una cultura che è attenta alle pratiche sociali legate al cinema, alla televisione, alla radio, alla stampa, allo sport, alla musica, alle mode, ecc.; ad una cultura sensibile agli interrogativi che si vivono nelle concrete situazioni di vita e nei diversi contesti geo-sociali. Più specificamente si ha presente una cultura-educazione allargata alla strada (animazione di strada), al quartiere, alla città; per ripartire da quello che i ragazzi e le ragazze, le persone adulte e gli anziani hanno da dire sia pure nei loro specifici linguaggi, nelle loro conversazioni quotidiane segnate dalla​​ ​​ comunicazione di massa, ma anche nelle loro svariate espressioni di bisogni, memorie, desideri, aspirazioni effimere e profonde.

Bibliografia

López de Ceballos P. - M. Salas Larrazabal,​​ Formación de los animadores y dinámicas de la animación,​​ Madrid, Editorial Popular,​​ 1988; Ellena G. A. (Ed.),​​ Manuale di a.s.,​​ Torino, Gruppo Abele, 1988; Maurizio R. - D. Rei (Edd.),​​ Professioni nel sociale,​​ Ibid., 1992; Regoliosi L.,​​ La strada come luogo educativo: orientamenti pedagogici sul lavoro di strada, Milano, Unicopli, 2000; Capello G.,​​ I media per l’a., Leumann (TO), Elle Di Ci, 2002; Gambini P.,​​ L’a. di strada: incontrare i giovani là dove sono, Ibid., 2002; De Rossi M.,​​ A. e trasformazione:​​ identità,​​ metodi,​​ contesti e competenze dell’agire sociale, Padova, CLEUP, 2004; Dotti M.,​​ La tela del ragno: educare allo sviluppo attraverso la partecipazione. Manuale pratico per l’a. sociale, Bologna, EMI, 2005.

G. A. Ellena - G. Vettorato