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AMORE EDUCATIVO

 

AMORE EDUCATIVO

Non esiste educazione senza a. Non c’è approdo alla compiutezza dell’umano se non promana da ricchezza di a. offerto, rassicurante e orientante a matura libertà, al servizio della vita e dell’a. Nel quadro delle​​ Lebensformen​​ e dei​​ Lebenstypen, immaginati da​​ ​​ Spranger, l’educatore appare come il tipo sociale, altruistico, mosso dalla passione, dall’eros elevato ad a. spirituale per l’uomo e per il suo perfezionamento. Se ne delineano alcune «figure» più rilevanti.

1.​​ L’a. naturale​​ dei genitori per i figli, in particolare delle madri, è spesso esaltato nella poesia e nell’arte ed è fenomeno diffuso in tutte le culture. Ne prende atto anche​​ ​​ Aristotele, attento osservatore dei fatti: «Si ammetterà anche che l’amicizia consiste più nell’amare che nell’essere amati. Se ne trova un esempio nelle madri che ripongono tutta la loro gioia nell’amare» (Et. Nic.​​ VIII 8, 1159 a 13); «i genitori amano i loro figli perché questi sono come qualcosa di loro» (Et. Nic.​​ VIII 12, 1161 b 18); per la maggior prossimità iniziale «le madri amano i loro figli più di quanto facciano i padri» (Et. Nic.​​ VIII 12, 1161 b 26). Nel mondo ebraico ci si domanda a proposito dell’a. fedele di Dio: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo seno?» (Is 49,15). Esprime analoga persuasione s. Angela Merici alle «Matrone» della sua Compagnia di vergini: «Perché si vede nelle madri carnali, le quali, se havesseno mille figli et figlie, tutti li haveriano nell’animo suo totalmente fissi de uno in uno [...]. Anzi, pare che, quanto più se n’ha, tanto più l’a. et cura cresca a un per uno» (Legati​​ 2°). Tuttavia l’istinto non protegge da fenomeni opposti, attestati dalla storia di tutti i tempi: crudeltà, sevizie, abbandono, esposizione, ius vitae et necis del​​ paterfamilias,​​ infanticidio, abuso sessuale (​​ violenza).

2.​​ L’a. dei genitori,​​ in particolare quello materno, viene considerato primario nell’evento educativo dai classici della pedagogia romantica: «Tutta l’antichità esalta l’a. materno più di quello paterno; e dev’essere ben grande, quest’a. materno, poiché un padre amorevole non può immaginare affetto superiore al suo» (​​ Richter,​​ Levana​​ fr. IV);​​ «il nostro scopo principale è lo sviluppo dell’anima infantile [...] e quale forza più attiva e stimolante dell’a. materno?» (​​ Pestalozzi, II lett. a Greaves); «la madre è la naturale maestra che la Provvidenza ha posto al fianco del bambino. Il sangue non dice molto: è solo la bontà che parla al cuore della tenera creatura» (​​ Girard,​​ Dell’insegnamento regolare della lingua materna,​​ lib. IV, cap. VI, 1);​​ ​​ Fröbel,​​ L’educazione dell’uomo​​ I 6-22; II 24-33: «quanto è stato finora esposto possa destare nei genitori un sincero e sereno, profondo e intelligente a.».

3. L’a. viene esaltato, per una ristrettissima​​ élite​​ sociale e culturale, nella raffinata riflessione platonica sull’eros-pedagogico.​​ Esso vi è teorizzato come sublimazione dell’a. maschile: «volo di due anime intimamente unite al regno della bellezza eterna», «la fusione di passione vera col puro librarsi della speculazione e con la forza di una liberazione morale». È a. che porta gli amanti alla contemplazione del Bello e del Bene, due aspetti dell’identica realtà, «l’esser bello e buono»; e rende capaci di autentica «politica», recuperando alla ragione anche i «custodi», resi permeabili ad essa mediante un sistema educativo congruo (Jaeger, 1959, 299-337).

4. In una vasta prospettiva che attraversa i secoli, l’a.-carità​​ (agápe)​​ costituisce il​​ proprium​​ della pedagogia cristiana (familiare e istituzionale), quando si ispira all’infanzia vissuta in Gesù o da lui amorevolmente accolta ed esaltata (Mt 18,1-6; Mc 9,33-37; 10,13-16; Lc 9,46-48) e non viene, invece, soverchiato, nella realtà effettiva, dall’austera tradizione romana o dei popoli barbarici. Dell’a.e. evangelico sono testimonianza classici testi di​​ ​​ Agostino (De catechizandis rudibus,​​ cap. IV e XII), di s. Anselmo d’Aosta (Vita Eadmeri,​​ I 4, nn. 30-31), di educatori e pedagogisti dall’umanesimo all’età moderna, di fondatori e fondatrici di istituti religiosi consacrati all’educazione della gioventù,​​ ​​ Petites écoles de Port-Royal,​​ ​​ Rollin,​​ ​​ Aporti. S. Agostino mutua dalla letteratura classica come norma del governo della comunità monastica la formula «plus amari quam timeri» (Regula,​​ cap. XI), ripresa da s. Benedetto (Regula,​​ cap. LXIII) e trasferita nello spazio pedagogico da Ratherius, vescovo di Verona (Praeloquiorum,​​ lib. I, tit. XV, n. 30), da Silvio​​ ​​ Antoniano e infine da don Bosco (​​ sistema preventivo).

5. Accanto all’a. paterno e materno, proprio della famiglia nei confronti soprattutto dell’infanzia e delle istituzioni di stile «familiare», esiste​​ una contenuta forma di a.e.​​ deputato piuttosto a stabilire un ordine di​​ razionalità​​ e di​​ disciplina.​​ Ne tratta anche​​ ​​ Kant: «È necessario che l’uomo sia abituato per tempo a sottomettersi ai precetti della ragione [...]. Né la esagerata tenerezza materna che lo circonda durante la fanciullezza gli giova» (La pedagogia,​​ introduzione). È il sistema tipico usato nei monasteri, nelle famiglie patriarcali e, soprattutto, nei collegi, in particolare quelli militari dei secoli XVIII e XIX. Esso si pratica nei confronti di un’adolescenza ritenuta età irrequieta e ribelle, da preparare attraverso rude disciplina all’inserimento adulto nella società. In quest’ottica si determina in Francia, soprattutto nei primi decenni dell’’800, il dibattito polemico tra l’educazione pubblica, esigente e virile, e l’educazione privata, amorevole e condiscendente.

6. L’attuale complessità del compito educativo, nella famiglia e fuori, e lo sviluppo delle scienze dell’educazione sottolineano l’esigenza che l’educatore sappia coniugare l’a. con l’intuizione, la competenza, la familiarità con le scienze dell’educazione «Non basta amare per essere buoni educatori» (Pio XII); o meglio, se si ama, si mette tutta l’intelligenza al servizio dell’a., rendendo l’azione educativa più persuasiva ed efficace. Si insiste, in particolare, sulla necessità che l’a. non freni o blocchi, ma promuova la crescita dell’educando alla libertà matura: l’autenticità dell’a.e. sta in definitiva nel saper operare in modo che i giovani protagonisti siano indotti ad amare ciò che l’educatore ama non semplicemente​​ perché l’educatore è amabile,​​ ma è​​ valido e amabile in sé​​ ciò che l’educatore propone; anzi siano abilitati ad andar oltre con un cammino autonomo, originale e responsabile. Ciò può verificarsi in più alta misura quando l’educatore è l’apriori della coppia che li ha generati donandosi e donando a. permanente, aprendoli nell’uterus spiritualis​​ della famiglia alla pienezza della libertà.

Bibliografia

Jaeger W.,​​ Paideia. La formazione dell’uomo greco,​​ vol. III​​ Alla ricerca del divino,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1959, cap. VIII​​ Il​​ Simposio. Eros,​​ 299-337;​​ Spranger E.,​​ Der geborene Erzieher,​​ Heidelberg, Quelle und Meyer, 1960, 80-106​​ (Die pädagogische Liebe);​​ März Fr.,​​ Erzieherische Existenz. Zwei Essays über das Sein und die Liebe des Erziehers,​​ München, Kösel, 1963;​​ Histoire des pères et de la paternité,​​ sous la dir. de J. Delumeau et de D. Roche, Paris, Larousse, 1990; Delumeau J. (Ed.),​​ La religion de ma mère. Le rôle des femmes dans la transmission de la foi,​​ Paris, Cerf, 1992;​​ Venturelli F.,​​ Il ‘noi’ dei genitori e la relazione con il figlio nella riflessione di Ferdinando Ulrich, in «Rivista di Scienze dell’Educazione» 43 (2005) 301-313; Galli N.,​​ Competenza ed a. per lo sviluppo del bambino, in «Pedagogia e Vita» 63 (2005) 162-164; Macario L.,​​ A. fonte di vita, Roma, LAS, 2007.

P. Braido




AMOREVOLEZZA

 

AMOREVOLEZZA

Il termine a. è quasi caduto in disuso nella lingua it.; ma nei secoli XVI-XIX ricorre con frequenza anche come categoria «pedagogica» (nell’educazione, nella catechesi e nella​​ ​​ pastorale).

1. Esso indica una particolare modalità di rapporti tra padri / madri e figli, tra maestri / educatori-maestre / educatrici e allievi / allieve, tra catechisti e catechizzandi, tra sacerdote / confessore e fedele / penitente. «A.​​ – scrive il Tommaseo – è il segno dell’amore, della benevolenza, dell’affetto; segno che può essere più o meno evidente e sincero.​​ Amorevole​​ indica gli atti esterni di un sincero amore [...] L’a. innoltre è, più d’ordinario, da superiore a inferiore. Può però anco l’a. essere tra pari, così come l’affetto [...]. La vera a. cristiana vien sempre dal cuore» (Nuovo diz. de’ sinonimi,​​ Napoli, 1905, 102-103).

2. Già nelle​​ Constitutioni et Regole della Compagnia et Scuole della Dottrina Christiana​​ (1585) è stabilito per il maestro: «con charità, a. et mansuetudine gli [gli scolari] riceva», seguendo l’esempio «di Christo, che con tanta charità et a. accettò quello fanciullo, che gli andò avanti». Anche​​ ​​ Aporti parla della necessità di «guadagnarsi prima di tutto l’affezione e la confidenza dei fanciulli», tenendo conto che «si ama chi ci tratta con a.» e che «il mezzo che più concorre a conciliare la benevolenza è la benevolenza»​​ (Scritti pedagogici​​ II, Torino, Chiantore, 1945, p. 85, 440-441). Fratel Théoger delle Scuole cristiane, conosciuto da don​​ ​​ Bosco a Torino (Virtù e doveri di un buon maestro,​​ Torino, Paravia, 1863), sviluppa il tema del maestro che «procura colle sue amabili qualità di conciliarsi l’a. degli scolari» (p. 5). Il barnabita A. Teppa,​​ Avvertimenti per gli educatori ecclesiastici della gioventù​​ (Roma / Torino, Marietti, 1868), una delle fonti delle pagine di don Bosco sul​​ ​​ sistema preventivo del 1877, parla di «amorevoli parole», di «amorevoli correzioni», «modi amorevoli», di castighi dati «con dignità e insieme con a.» (pp. 40, 49).

3. Don Bosco fa dell’a. uno dei tre pilastri (gli altri sono la​​ ​​ ragione e la​​ ​​ religione) su cui poggia il «sistema preventivo», la cui «pratica è tutta appoggiata sopra le parole di S. Paolo che dice: La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e sostiene qualunque disturbo». L’a. è precisamente «amore dimostrato» con immediatezza, sincerità e riserbo, e può considerarsi sinonimo di dolcezza, mansuetudine, benevolenza, amore-carità paziente e comprensiva. Don Bosco raccomanda l’a. anche ai confessori: «Accogliete con a. ogni sorta di penitenti, ma specialmente i giovani» (Opere edite​​ XIII 181); ma più universalmente a tutti coloro che si occupano dell’età in crescita: genitori, educatori, insegnanti, assistenti, animatori. Egli, però, non si nasconde alcune possibili ambiguità pedagogiche nel praticarla; perciò la vuole vissuta in sintesi con la ragione / ragionevolezza e la virtù teologale della carità. In relazione alle cautele e alle avvertenze di don Bosco, una innovativa pista di ricerca di grande forza suggestiva, con preciso riferimento alla sensibilità odierna nei confronti della sessualità e dell’amore, è percorsa e indicata dal salesiano francese Xavier Thévenot.

Bibliografia

Perquin N.,​​ Don Bosco als opvoeder en psycholoog,​​ in «Dux» 29 (1962) 433-439;​​ Rougier S.,​​ L’avenir est de la tendresse. Ces jeunes qui nous provoquent à l’espérance, Paris, Salvator, 1979; Thévenot X.,​​ Don Bosco educatore e il sistema preventivo. Un esame condotto a partire dall’antropologia psicoanalitica, in «Orientamenti Pedagogici» 35 (1988) 701-730;​​ Id., «L’affectivité en éducation», in​​ Éducation et pédagogie chez don Bosco,​​ Paris, Fleurus, 1989, 233-254; Braido P.,​​ Breve storia del «sistema preventivo»,​​ Roma, LAS, 1993; Id.,​​ I molti volti dell’a., in «Rivista di Scienze dell’Educazione» 37 (1999) 17-46.

P. Braido