1

AFASIA

 

AFASIA

Termine ampio per indicare la perdita o l’alterazione dell’uso dei simboli verbali o scritti del​​ ​​ linguaggio.

1. I sintomi principali sono: l’anartria​​ (difficoltà o impossibilità di articolazione della parola); gli​​ stereotipi verbali​​ (ripetizione della stessa parola); la​​ parafrasia​​ (sostituzione o deformazione della parola); la​​ gergofasia​​ (uso di un gergo incomprensibile, fondato su parole deformate e neologismi). Nei casi più gravi l’afasico è incapace di leggere​​ (a.)​​ e di scrivere (agrafia).

2. Vi sono differenti tipi di a.: 1)​​ a. di Broca.​​ Consiste in un disturbo della rappresentazione motoria delle parole e si manifesta attraverso difficoltà di articolazione (inceppi, sostituzioni, anticipazioni di una lettera o di un fonema su un altro, elisioni o assimilazioni di fonemi), riduzione della fluidità dell’eloquio, agrammatismo (difficoltà di usare articoli, aggettivi, preposizioni, declinazioni di verbi, ecc.), anomia (incapacità a trovare la parola appropriata al contesto); 2)​​ a. amnesica.​​ Difficoltà di trovare la parola adatta, per esprimere quanto si ha in mente e ricorso a circonlocuzioni; 3)​​ a. di Wernicke.​​ Uso di un gergo incomprensibile e difficoltà di capire quello che l’interlocutore dice; 4)​​ a. globale.​​ Grave difficoltà, sia di espressione che di comprensione, di linguaggio orale e scritto.

3. Le cause possono essere molteplici: disturbi vascolari, traumi cranici, tumori cerebrali, malattie infiammatorie o degenerative. Relativamente alle anomalie del linguaggio infantile, si distingue tra​​ a. acquisita,​​ che insorge dopo che l’​​ ​​ apprendimento del linguaggio è già avvenuto e​​ disfasia evolutiva,​​ dovuta ad un incompleto sviluppo della funzione linguistica. A pari gravità di lesione, i bambini recuperano più rapidamente e completamente degli adulti.

Bibliografia

Pizzamiglio L. (Ed.),​​ I disturbi del linguaggio,​​ Milano, Etas Libri, 1968; Basso A.,​​ Il paziente afasico,​​ Milano, Feltrinelli, 1977; Code C. - D. J. Muller,​​ Terapia dell’a.,​​ Roma, Marrapese, 1984; Cippone De Filippis A.,​​ Turbe del linguaggio e riabilitazione, Roma, Armando, 1993; Minuto I.,​​ Le patologie del linguaggio infantile, Firenze, La Nuova Italia, 1994; Capasso R. - G. Miceli,​​ Esame neurologico per l’a. (E.N.P.A), Milano, Springer, 2001; Basso A.,​​ Conoscere e rieducare l’a., Roma, Il Pensiero Scientifico, 2005; Jacobson R.,​​ Linguaggio infantile e a., Torino, Einaudi, 2006.

V. L. Castellazzi




AFFETTIVITÀ

 

AFFETTIVITÀ

Per a. intendiamo riferirci al complesso dinamico di sentimenti e di​​ ​​ emozioni che costituiscono la totalità del processo emozionale. Le emozioni si possono definire come uno stato interno complesso ed organizzato nel quale è individuabile una spinta all’azione, una reazione somatica ed una valutazione cognitiva; ed i sentimenti come fenomeni stabili, duraturi, generalmente meno intensi delle emozioni e che contraddistinguono la​​ ​​ personalità dal punto di vista affettivo.

1. Anche se si ritiene che l’a., nel suo insieme di sentimenti e di emozioni, sia presente fin dalla nascita, è pur vero che essa si apprende in larga misura durante tutta la vita. Così nel​​ ​​ bambino appena nato l’a. svolge una funzione fondamentale e si presenta come un elemento importante nel suo sviluppo psicofisico. Al pianto che si verifica alla nascita potrebbe essere riconosciuta anche la funzione di richiamare la madre alle pratiche inerenti alla cura del neonato. Infatti egli per sopravvivere deve soddisfare dei bisogni fisici specifici quali il mangiare, il dormire, l’evacuare, che sono avvertiti mediante sensazioni dolorose e che, soddisfatti dalla madre o dalla persona che lo cura, producono in lui una sensazione di piacere e di benessere diffuso. Il succhiare il seno materno, il piangere per avere la madre, il sorridere alla sua presenza, il rivolgerle i primi balbettii, sono tutti comportamenti in cui si esprime il rapporto affettivo madre-bambino. Solo se il bambino è stato adeguatamente curato dalla madre non vive sotto l’incubo continuo di perderla e con questa sicurezza sopporta le frustrazioni e le inevitabili difficoltà che si verificano durante la sua espansione verso il mondo esterno. Crescendo, infatti, il bambino allarga la sua sfera affettiva ed investe di particolare amore sia alcuni oggetti, come l’orsacchiotto od il succhiotto, che le altre persone della sua famiglia. Più tardi diventeranno anche importanti i coetanei e gli adulti appartenenti all’ambiente a lui vicino.

2. La mancanza di un’a. nell’ambito familiare può indurre nel bambino uno stato di paura e di ansia che apparirà alla prima frustrazione specialmente quando non vi è tra coloro che lo circondano una persona cara alla quale poter comunicare liberamente i sentimenti provati nelle vicende giornaliere. Ciò lo porta a respingere pian piano la consapevolezza del proprio vissuto affettivo interno e a non volerlo sperimentare perché sente che non vi è una persona che possa accettare e comprendere il suo mondo di sentimenti. Alcune volte questa presenza dispensatrice di a. è mancata o manca per motivi contingenti quali il lavoro od impegni tali da lasciare pochi momenti liberi per avvicinarsi con tranquillità e serenità al mondo dell’altro. Oppure vi può essere stata una difficoltà costituzionale a comprendere la necessità di avere dimostrazioni di a. da parte del bambino. L’a. viene così ritenuta qualcosa di superfluo, che può essere sostituito vantaggiosamente da una razionalizzazione. In questi casi il bambino purtroppo finisce con l’apprendere che il bisogno di a. è una cosa solo sua, che agli altri non interessa e che pertanto è bene viverla in segreto o addirittura non viverla affatto. Da ciò può nascere un comportamento difensivo nei riguardi di tutto ciò che è affettivo e che provoca quella sensazione di vuoto, caratteristica della persona che ha soffocato questa importante parte di se stessa. Pertanto vi dovrà essere, per superare la sofferenza, la riappropriazione dei propri sentimenti ed emozioni con l’aiuto di una persona che sappia corrispondere con un caldo clima affettivo.

Bibliografia

D’Urso V. - R. Trentin,​​ Psicologia delle emozioni,​​ Bologna, Il Mulino, 1988; Ammaniti M. - N. Dazzi (Edd.),​​ Affetti,​​ Bari, Laterza, 1990; Sonet D.,​​ Il primo bacio & dintorni: educatori e ragazzi di fronte a sessualità e a., Leumann (TO), Elle Di Ci, 2003; Olivo S. - V. Iurman - M. Colombo,​​ A. e sessualità. Saper ascoltare per saper educare, Trieste, Mgs Press, 2007.

W. Visconti




AFFIDAMENTO

 

AFFIDAMENTO

Istituto giuridico volto ad offrire ad un minore, temporaneamente privo della possibilità di vivere nella sua famiglia di origine, un ambiente familiare idoneo a soddisfare le sue necessità affettive ed educative.

1. L’a. ha le sue basi storiche nel generico concetto di accoglienza privata e di ospitalità dei minori abbandonati; in Italia non esistono sue formulazioni legislative fino al​​ Codice civile​​ del 1942, con cui assume per la prima volta un significato giuridico sia pur ancora piuttosto limitato. Solo negli anni ’70, sulla scia di un significativo ed interessante dibattito culturale e politico promosso da operatori sociali e da associazioni di​​ ​​ volontariato, si è cominciato a considerarlo come possibile forma organica di intervento per i minori in semi-abbandono, non adottabili e con difficili storie di vita. Si è giunti quindi nel 1983 all’emanazione della L. n. 184 «Disciplina dell’adozione e dell’a. dei minori» con cui tale istituto ha trovato una precisa codificazione delle sue finalità e modalità di applicazione. La L. 184 è stata poi in parte modificata ed integrata dalla L. 149 del 2001 che ha dato maggior risalto all’importanza per il minore di vivere nella propria famiglia o in un ambiente familiare ed alla necessità di sostenere il più possibile le famiglie di origine, introducendo inoltre un’importante innovazione con la decisione di chiudere i grandi istituti di accoglienza entro la fine del 2006 e consentendo il permanere delle sole comunità di tipo familiare.

2. La normativa prevede per i minori temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo, che possano essere affidati ad altre famiglie, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurare loro il mantenimento, l’educazione e l’istruzione L’a. viene promosso dai servizi sociali territoriali. Quando vi è il consenso dei genitori naturali, esso è reso esecutivo con decreto del Giudice Tutelare; nel caso manchi tale consenso viene deciso dal Tribunale per i Minorenni. Il provvedimento deve chiarire i motivi dell’a. ed indicare la sua probabile durata, che non deve superare i due anni, ma può essere prorogato qualora se ne ravveda la necessità. I servizi sociali hanno il compito di vigilare sul suo andamento, offrendo a tutte le persone coinvolte sostegno, consulenza, aiuto. È previsto che gli affidatari favoriscano i contatti del minore con la famiglia di origine ed il suo reinserimento nella stessa.

3. L’a. è un istituto complesso, di problematica attuazione e gestione pratica. Nonostante la sua definizione giuridica e le molte campagne condotte da amministrazioni pubbliche e da associazioni private per farlo conoscere a livello sociale e culturale, incontra tuttora difficoltà a trovare la necessaria disponibilità da parte delle famiglie difficilmente in grado di aprirsi ad una ospitalità temporanea ed al rapporto con i genitori naturali dei figli accolti.

Bibliografia

Cambiaso G.,​​ L’affido come base sicura: la famiglia affidataria,​​ il minore e la teoria dell’attaccamento, Milano, Angeli, 1998; Greco O. - R. Iafrate,​​ Figli al confine: una ricerca multimetodologica sull’a. familiare, Ibid., 2001; Centro Nazionale di Documentazione ed Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza,​​ I bambini e gli adolescenti in a. familiare, Firenze, Istituto degli Innocenti, 2002.

A. M. Libri




AFRICA sistemi formativi

 

AFRICA: sistemi formativi

1.​​ Tradizione e emancipazione.​​ La tradizione africana è basata sulla vita di clan che provvede alla educazione del bambino. I riti di​​ ​​ iniziazione della fase puberale segnano il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. I codici morali e l’assunzione dei ruoli adulti sono appresi nella vita comunitaria e la pedagogia di per sé non ha una fondazione teoretica. Sulla tradizione antica africana si sono innestati i modelli educativi importati dall’​​ ​​ Europa. La compresenza dei due sistemi valoriali di riferimento ha alla lunga generato forme di convivenza ma anche conflitti e movimenti di​​ ​​ liberazione nazionale. Dagli anni ’60, epoca della decolonizzazione, alla metà degli anni ’70 l’A. cerca faticosamente la propria emancipazione; segue la fase della affermazione degli Stati totalitari e quindi quella della ricerca di vie di liberazione mutuate dall’Occidente capitalista e dall’Est comunista. Il continente africano resta un universo culturale composito sia per le passate vicende precoloniali e coloniali, sia per l’attuale fisionomia politico-sociale dei diversi Paesi che rende difficile l’elaborazione di modelli educativi originali e liberi dall’influenza europea. Solo nello Zaire sono parlati più di 400 dialetti appartenenti ai gruppi linguistici sudanesi e bantu. Tale molteplicità linguistica, comune agli altri Stati africani, trova ancora nelle lingue europee, soprattutto nel fr., nell’ingl. e nel port., un veicolo di comunicazione internazionale insostituibile.

2.​​ Economia e istruzione.​​ Mentre l’A. Occidentale crea una sua comunità economica con PECOWAS, o​​ Economic Community of West African States​​ (fondata nel 1975), l’A. Meridionale cerca un suo sviluppo autonomo dal Sud A., coordinando gli sforzi attraverso la SADCC, o​​ Southern African Development Coordination Conference​​ (fondata nel 1979). A livello internazionale la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale continuano a fornire prestiti a diversi Paesi africani, ed i creditori europei organizzati nel​​ Paris Club​​ e nel​​ London Club,​​ dove reputano opportuno, operano dilazioni nei pagamenti. Questo meccanismo di debiti / crediti trasforma l’A. da continente ricco per natura a continente povero per capacità e possibilità di sfruttamento delle risorse. Di qui la ricerca di personale qualificato da immettere nei processi formativi e nel mercato interno del lavoro. Guerra e povertà (cfr. Angola, Botswana, Sudan, Mozambico) sono problemi che ritardano l’attuazione dei piani di​​ ​​ alfabetizzazione di bambini, giovani, adulti. Le stime del 1990 sull’analfabetismo adulto (Unesco, 1993) registrano percentuali notevoli negli Stati di Burkina Faso (81,8%), Benin (76,6%), Guinea (76,0%), Somalia (75,9%) e meno elevate nel Madagascar (19,8%) e nelle Isole Maurizio (20,1%). Nella maggioranza dei casi sono le fasce femminili della popolazione, la popolazione rurale e gli appartenenti alle classi sociali meno abbienti ad essere più esclusi dalla​​ ​​ scuola, salvo poi effettuare i rientri nel circuito dell’istruzione previsti dalle varie forme di​​ ​​ educazione degli adulti.

3.​​ Sistemi formativi a confronto.​​ Dalle statistiche dell’Unesco (1993) non compaiono dati relativi all’istruzione prescolastica in: Botswana, Ciad, Guinea, Guinea Equatoriale, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mali, Mauritania, Sierra Leone, Tanzania, Uganda, Zimbabwe. Le eventuali agenzie, preposte alla educazione prescolastica in questi Stati, funzionano nelle aree urbane, per iniziativa privata, ad opera delle missioni, e sono spesso accessibili solo alle classi agiate. L’istruzione è obbligatoria e gratuita quasi dovunque: per 5 anni come in Madagascar, per 8 come in Angola e nel Niger, per 9 come in Algeria, per 10 come nel Congo e nel Gabon, per 11 come in Tunisia. Non vi è​​ ​​ obbligo scolastico nei seguenti Stati: Botswana, Camerun Occidentale, Gambia, Kenya, Mauritania, Maurizio, Sierra Leone, Sudan, Swaziland, Uganda. La scuola primaria e quella secondaria sono attivate, dovunque: l’obbligo quando previsto, copre l’arco dell’istruzione primaria e, in qualche caso, il primo ciclo della secondaria. I giovani degli Stati nei quali le istituzioni superiori non sono attivate completano gli studi nelle università africane disponibili, in Europa, negli Stati Uniti d’America, in Canada e, fino a quando è stato possibile, nell’Unione Sovietica. In molti casi la politica dell’educazione nei vari Stati sottolinea la necessità di raggiungere la diffusione universale dell’istruzione primaria e piani specifici vengono periodicamente predisposti allo scopo. Si tratta di un obiettivo difficile, considerata la diversità delle opportunità educative per maschi e femmine, per utenza urbana e rurale e la forte dispersione scolastica data da abbandoni, ripetenze, interruzioni, frequenze irregolari. Diplomati e laureati non sempre decidono di restare in A. e 1’​​ ​​ emigrazione dei professionisti impoverisce ulteriormente le economie e lo sviluppo dei Paesi africani più poveri. Un caso a parte è rappresentato dal Sud A. nel quale è in atto una lenta trasformazione post-apartheid che investe l’economia, la cultura, la scuola. Il nuovo sistema scolastico sudafricano prevede 13 lingue ufficiali: Tingi, più una delle lingue locali. La società multiculturale, presente in A., come in Europa, assume conformazioni interessanti, forse ancora troppo poco studiate fuori dei quadri interpretativi della subordinazione economico-politica. Si pensi ad es. al problema della nuova scrittura dei manuali e alla riformulazione dei curricoli scolastici, alla adozione di linguaggi che permettano la comunicazione tra formazioni culturali diverse. Se da un lato non appare scientifico relazionarsi all’A. come ad un continente senza tradizioni, o dalle tradizioni poco significative, d’altro canto esiste l’urgenza di creare flussi migratori e contatti umani impostati sulla consapevolezza del particolare patrimonio di valori che va scoperto e conosciuto soprattutto attraverso 1’​​ ​​ educazione interculturale e sulla presa di coscienza del condizionamento negativo provocato dal​​ ​​ pregiudizio etnico.

Bibliografia

King E. J., «South A.», in T. N. Postlethwaite,​​ The encyclopedia of comparative education and national systems of education,​​ Oxford, Pergamon, 1987; Chistolini S.,​​ I sistemi educativi nel Sud del Mondo. A. subsahariana, Roma, Euroma-La Goliardica, 1988; Fajana A., «Multicultural education practices in Nigeria», in D. K. Sharpes (Ed.),​​ International perspectives on teacher education,​​ London, Routledge, 1988, 33-42; Dekkere I. - E. M. Lemmer (Edd.),​​ Critical issues in modern education,​​ Durban, Butterworths, 1993; Gandolfi S. - F. Rizzi,​​ L’educazione in A.,​​ Brescia, La Scuola, 2001; Erny P.,​​ Istruzione,​​ educazione familiare e condizione giovanile in A., Torino, L’Harmattan Italia, 2003.

S. Chistolini