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ABACO

ABACO

Antico strumento per l’esecuzione di calcoli elementari, da cui deriva il pallottoliere; usato per l’insegnamento dell’aritmetica nelle scuole.

1. Si ritiene che la parola a. derivi dal fenicio​​ abak​​ o dall’ebraico​​ abaq,​​ e che indichi la sabbia sparsa su una superficie per scrivervi sopra. Conosciuto probabilmente dai babilonesi e dai cinesi, questo strumento per calcolare assunse con il tempo l’aspetto di una intelaiatura con dei numeratori scorrevoli. Impiegato ancora in diversi Paesi come Cina, Giappone e Russia.

2. L’a. fu utilizzato da greci e romani, come testimoniano vari scritti di Persio e di Apuleio e anche in Spagna dagli arabi nelle cui scuole, secondo la tradizione, il monaco Gerberto di Aurillac (945-1003), il futuro papa Silvestro II, ne apprese l’uso, e scrisse una​​ Geometria​​ e due opuscoli:​​ Regula de a. computi​​ e​​ Libellus de numerorum divisione.​​ A partire da quel periodo l’uso dell’a. fu introdotto con successo nelle scuole cattedralizie. Durante il sec. XIX l’a. o pallottoliere continuò ad essere utilizzato nelle scuole per insegnare il calcolo intuitivamente.

3. Al posto della sabbia su una superficie liscia, si utilizzava una struttura di legno con dieci fili paralleli, nei quali erano inserite dieci palline che si potevano spostare da un lato all’altro. Il filo superiore rappresentava le unità, il secondo le decine, e così via. Le cento palline potevano essere utilizzate come unità semplici o come unità di diverso ordine. Per facilitarne l’uso si consigliava di dividere l’a. in due tavole distinte con palline di diverso colore, una per le unità semplici e l’altra per calcoli più complessi.

Bibliografia

Carderera M.,​​ «Ábaco», in​​ Diccionario de educación y métodos de enseñanza,​​ vol. I, Madrid, Hernando, 1858; Boyer C. B.,​​ Storia della matematica,​​ Milano, ISEDI, 1976; Picuti E.,​​ Sul numero e la sua storia,​​ Milano, Feltrinelli, 1979;​​ García Solano R.,​​ Aplicación práctica del ábaco, Madrid, Escuela Española, 1996.

B. Delgado




ABILITÀ

 

ABILITÀ

Le a. fanno parte dell’​​ ​​ intelligenza come componenti ad essa subordinate, distinte tra loro ma correlate, formando il costrutto multidimensionale dell’intelligenza stessa. L’insieme delle a. è sinonimo dell’intelligenza; ad esso viene associato il termine attitudine che rappresenta la potenzialità da sviluppare da parte del soggetto. Sinonimo dell’a. è anche la capacità; nelle a. e nelle capacità vengono distinte le destrezze, composte da contenuti semplici ed eseguite con automatismi. All’a. è associata anche la competenza che consiste in conoscenze specifiche complete e ben organizzate; esse sono il risultato della formazione delle a.

1.​​ Struttura.​​ Le a. sono considerate una struttura gerarchica, formata dal vertice dell’a. generale (o intelligenza generale) e dalla base delle a. specifiche. Tra i due termini si situano le aree delle a. più o meno generali, i cosiddetti fattori di gruppo. Questi sono composti da alcune aree di a. come quella verbale, numerica e spaziale. Le tre aree possono essere suddivise a loro volta in a. più specifiche. La stessa a. generale viene suddivisa in a. cristallizzata e fluida. L’a. cristallizzata è il risultato dell’interazione del soggetto con il suo ambiente formativo, basato sull’apprendimento di vari contenuti in rapporto al patrimonio culturale. In essa predominano i processi cognitivi algoritmici con percorsi prestabiliti. L’a. fluida si forma prevalentemente nel contesto socioculturale libero e in situazioni occasionali; in essa predomina il processo euristico con un percorso imprevedibile. Questa a. si realizza nelle stesse aree dell’a. cristallizzata, ma con processi di maggiore astrazione e concettualizzazione. I due tipi di a. si formano fino all’età adulta allo stesso ritmo; in seguito l’a. fluida incomincia a declinare mentre l’a. cristallizzata continua ad aumentare. L’a. cristallizzata può essere rilevata con varie prove attitudinali, particolarmente con quelle verbali, mentre l’a. fluida può essere diagnosticata con le prove non verbali, basate sulle figure geometriche disposte in un certo ordine da scoprire e poi proseguire. Nelle varie a. di gruppo i due tipi di a. sono presenti in proporzioni differenti; per es. quella di matematica è composta dalle conoscenze cristallizzate, dal ragionamento fluido e dalla rapidità di esecuzione. Le tre aree (verbale, numerica e spaziale) sono pervase da processi mentali e da modalità operative di complessità differente formando in base ad essi tre strati disposti in ordine gerarchico. Il primo, il più semplice, è formato dalle a. cristallizzate, rappresentate da comprensione verbale, conoscenza lessicale, ragionamento sequenziale. Il secondo è formato dagli stessi processi che però sono più complessi; in tale strato è maggiormente presente anche l’a. fluida. Il terzo è formato dalla capacità elaborativa di informazioni, dalla comprensione dei contenuti verbali e simbolici complessi e dal ragionamento su contenuti di elevata astrazione. Le tre aree e i tre strati dipendono in modo differente dai fattori genetici. I processi centrali sono maggiormente guidati dai geni rispetto ai processi situati nella periferia e le a. spaziali lo sono maggiormente delle a. verbali. Il numero delle a. singole varia da un massimo di 180 ad un minimo di 8. Per stabilire il numero delle a. singole vengono usati due criteri: la consistenza interna, la relativa indipendenza di una dall’altra e il rapporto con un criterio (ad es. una realtà sociale importante).

2.​​ Formazione.​​ Le a. di ogni individuo si formano nell’interazione del suo corredo genetico con l’ambiente familiare. Particolarmente importante è l’interazione con la madre in quanto da essa dipende l’acquisizione dei vocaboli, della sintassi e dei modelli linguistici. All’interazione si associa lo stile educativo dei genitori nelle loro attese positive sull’acquisizione delle competenze intellettive. L’ambiente familiare contribuisce anche ad uno sviluppo differenziato delle a.; influsso maggiore viene esercitato sulle a. verbali e numeriche, minore sul ragionamento e minimo sulle a. spaziali. La formazione di queste ultime sembra essere maggiormente dovuta ai fattori genetici. L’ambiente scolastico contribuisce allo sviluppo delle a. cognitive in grado minore. Dai vari studi sul confronto tra bambini che hanno frequentato la scuola d’infanzia e quelli che non l’hanno frequentata sono emerse solo lievi differenze. La scuola dell’obbligo sembra dare un maggiore contributo allo sviluppo delle a. poiché l’istruzione avuta da giovani risulta essere in rapporto effettivo con il quoziente di intelligenza da adulti. In quanto alle Facoltà universitarie risulta che le differenti Facoltà formano a. mentali in modo e grado differente: per es. le Facoltà umanistiche formano piuttosto le a. verbali mentre quelle tecniche formano piuttosto le a. spaziali. Un’altra constatazione fatta recentemente sembra deporre a favore delle istituzioni formative; si tratta della cosiddetta «accelerazione secolare». Confrontando le medie aritmetiche dei test attitudinali di questi ultimi sessanta anni si constata un aumento di 15 punti standard per generazione, il che rappresenta un aumento rilevante nelle a. generali. Le cause di questo aumento non sono chiare anche perché all’aumento nelle a. non corrisponde in modo adeguato l’aumento nel rendimento scolastico. È certo però che nelle giovani generazioni rispetto alle precedenti si nota una maggiore capacità di risolvere problemi.

3.​​ Differenze dovute al sesso.​​ Esiste un’innegabile superiorità delle donne nelle a. verbali mentre gli uomini sono superiori nelle a. numeriche e spaziali. Le cause di questa differente formazione delle a. sono dovute ai fattori biologici, ormonali e soprattutto alle​​ ​​ attese sociali di un differenziato comportamento dei maschi e delle femmine. Le differenze sono rilevanti e influenzano notevolmente le scelte professionali dei giovani concentrando le frequenze in alcuni settori lavorativi: scientifico e tecnico (maschile), sociale e amministrativo (femminile). La concentrazione si nota già nella scuola secondaria di secondo grado ed è molto evidente a livello universitario anche se da alcuni decenni il divario nelle a. dei due sessi sta riducendosi.

4.​​ Rendimento scolastico e accademico.​​ L’a. generale è considerata il predittore singolo migliore dei due tipi di rendimento. Da essa dipende il livello di qualificazione dei soggetti in quanto viene ampiamente constatato che il grado di istruzione della popolazione è in evidente rapporto con le a. generali; da esse dipende la durata degli studi come anche l’entrata e uscita dalle istituzioni formative. Il rapporto tra a. generale e le singole materie è differenziato (più stretto o meno stretto), ma nell’insieme coglie una percentuale rilevante della varianza. L’a. cristallizzata predice meglio il rendimento scolastico (generale e specifico) dell’a. fluida. Le prove verbali, numeriche e spaziali predicono bene il rendimento degli studenti delle Facoltà scientifiche, tecniche ed artistiche.

5.​​ Training e successo professionale.​​ L’a. generale, talvolta articolata nelle tre note aree, è pure un valido predittore del successo in vari corsi che preparano all’esercizio delle attività lavorative. Questo vale anche per i corsi che preparano alle attività notevolmente differenti dal settore prettamente scolastico; per es., il successo del training dei futuri piloti di aerei può essere predetto efficacemente con le prove verbali e numeriche. Le a. generali e specifiche predicono in grado leggermente minore il successo professionale. Il loro contributo alla predizione però è stato recentemente rivalutato con la successiva analisi dei dati del passato. L’a. generale predice anche il successo nelle specifiche attività professionali; per es., il successo di un ingegnere dipende maggiormente dalle sue a. numeriche e spaziali e meno da quelle verbali, mentre il successo di un ragioniere dipende più dall’a. numerica e meno da quella verbale, ecc. Alcuni esperti sostengono che se l’entrata nel mondo del lavoro fosse basata sulle a. delle persone si otterrebbe una maggiore efficienza e sarebbero risparmiate delle somme ingenti (Poláček, Fanelli e Telesca, 1992).

6.​​ Promozione delle a.​​ Per promuovere le a. cognitive dei soggetti in crescita (Poláček, 1994) esistono numerosi programmi finalizzati all’apprendimento scolastico per rimuovere lo svantaggio culturale del soggetto dovuto al suo ambiente familiare. L’effetto di tali programmi in genere è positivo ma minore di quello che gli autori dei programmi promettono. I positivi risultati vengono interpretati tramite assunti teorici a seconda che lo sviluppo delle a. sia maggiormente dovuto ai fattori genetici oppure ambientali (Poláček, 1994). La convinzione prevalente è quella che simili programmi migliorino l’apprendimento scolastico dei soggetti ed abbiano un influsso benefico anche su altre variabili personali (​​ socializzazione), ma che non migliorino le effettive a. cognitive. Carroll (1993), in base alla complessità dei contenuti e dei processi distingue tre strati condizionati dai fattori genetici in grado differente: il primo, rappresentato da processi intellettivi semplici è modificabile con un esercizio adatto; il secondo, essendo più complesso, pone una certa resistenza all’intervento esterno; il terzo infine, data la complessità dei processi dai quali è caratterizzato, è poco malleabile. Gli interventi producono un cambiamento nelle competenze di superficie, particolarmente nelle destrezze, senza toccare le sorgenti delle a. Il potenziamento del primo strato perdura nel tempo e produce un miglioramento delle a., ma non un effettivo cambiamento delle sorgenti delle attitudini.

7.​​ Applicazioni educative.​​ Le a. rappresentano la base dell’​​ ​​ educazione intellettuale dei soggetti per mezzo della quale essi diventano autonomi e liberi. Su di esse si fonda anche la​​ ​​ formazione professionale e da esse dipende poi l’esercizio di una specifica attività lavorativa. Le a. assumono una notevole importanza nell’​​ ​​ apprendimento, particolarmente nella loro duplice distinzione di a. cristallizzate e fluide. Sulle prime viene impostato l’apprendimento del sapere consolidato, mentre sulle seconde quello del sapere ancora poco schematizzato. Queste ultime vengono richieste nell’apprendimento ogni volta che il contenuto è nuovo, complesso e di elevata astrazione; infatti per riordinare le conoscenze occorre analizzare le situazioni problematiche e produrre delle inferenze. Anche il sapere consolidato talvolta richiede l’uso delle a. fluide in quanto viene esposto (volutamente o meno) in modo incompleto e confuso e l’alunno deve scoprire i rapporti tra le parti, produrre delle inferenze e proporre un quadro sintetico sull’argomento. Le a. fluide nei loro processi «periferici» possono essere sviluppate con opportuni metodi (Baron e Sternberg, 1987) per mezzo dei quali gli alunni apprendono le strategie per elaborare le informazioni, per impostare e risolvere un problema, per capire il processo del proprio apprendimento e guidarlo con successo. I due tipi di a. hanno poi una diretta applicazione nell’​​ ​​ orientamento; le a. cristallizzate danno la possibilità di prevedere il successo scolastico e professionale e quindi offrono informazioni utili per la elaborazione di un progetto professionale, mentre quelle fluide informano sulle risorse personali in vista della gestione delle situazioni imprevedibili.

Bibliografia

Baron J. B. - R. J. Sternberg (Edd.),​​ Teaching thinking skills: theory and practice,​​ New York, Freeman, 1987; Poláček K. - A. Fanelli - R. Telesca,​​ La predizione del successo / insuccesso scolastico nella scuola secondaria di secondo grado,​​ in «Orientamenti Pedagogici» 39 (1992) 991-1008; Carroll J. B.,​​ Human cognitive abilities: a survey of factor-analytic studies,​​ Cambridge, University Press, 1993; Poláček K.,​​ In che misura è possibile promuovere lo sviluppo intellettivo?,​​ in «Annali della Pubblica Istruzione» 40 (1994) 10-35; Deary I. J. et al.,​​ The stability of individual differences in mental ability from childhood to old age: Follow-up of the 1932 Scottish Mental Survey,​​ in «Intelligence» 28 (2000) 49-55; Varela F. J.,​​ Habilidad ética, Barcelona, Debate, 2003; Wilhelm O. - R. W. Engle (Edd.),​​ Handbook of understanding and measuring intelligence, Thousand Oaks, Sage, 2005.

K. Poláček




ABILITAZIONE PROFESSIONALE

 

ABILITAZIONE PROFESSIONALE

Un compito professionale viene sovente caratterizzato da gesti che richiedono non solo un certo atteggiamento nel compierli, ma anche una coordinazione di movimenti fisici, una capacità di elaborare informazioni e di prendere decisioni, una certa abilità appunto nel vedere, definire e risolvere un problema. In campo professionale per a.p. generalmente si intende​​ il riconoscimento ufficiale della capacità di una persona ad esercitare una professione definita o anche solo il​​ riconoscimento del possesso dei requisiti necessari per svolgere una particolare forma di attività.

1. Tale capacità certamente necessita di predisposizioni più o meno accentuate, ma difficilmente viene resa concreta senza uno sforzo personale in strutture formative a ciò predisposte. È un riconoscimento che può essere dato in diversi ambiti. In ambito fisico ed in ambito manuale come capacità di coordinare movimenti, di utilizzare bene i diversi strumenti necessari nella risoluzione di problemi pratici, di fare scelte attente ad esigenze di sicurezza, estetica, oltre che di funzionamento ottimale. A volte in questo contesto si sente anche parlare di brevetto con la connotazione di capacità riconosciuta nello svolgere delle mansioni specifiche. In ambito intellettuale per a.p. si intende maggiormente la capacità di adattamento a funzioni di tipo più speculativo, decisionale. Sovente si sente parlare anche di a. alla professione (ingegnere, avvocato…) cioè ad una normale attività di lavoro che costituisce l’occupazione ordinaria di una persona e la sua fonte di reddito.

2. Nel mondo formativo si parla di a. all’insegnamento per coloro che intendono insegnare in una struttura scolastica (a. all’insegnamento della cultura, della fisica, della religione…); si parla anche di esami di a. tecnica e di ottenere una a. L’elemento caratterizzante del termine a. tecnica è sempre l’ufficialità dell’atto in quanto è una constatazione di conoscenze e capacità già acquisite e quindi di possibilità di svolgere una determinata professione ad esse legate con sicurezza e responsabilità.

Bibliografia

Bocca G.,​​ Pedagogia e lavoro tra educazione permanente e professionalità,​​ Milano, Angeli, 1992;​​ Becciu M. - A. R.​​ Colasanti,​​ La promozione delle capacità personali: teoria e prassi,​​ Roma, CNOS-FAP, 2003;​​ D’anzi V. - P. D’anzi,​​ Il CAP Certificato di a. p.,​​ Forlì, Egaf, 2004; Leopold P. et al.,​​ Formare agli insegnanti professionisti: quali strategie? Quali competenze?,​​ Roma, Armando, 2006.

N. Zanni




ABUSO DEI MINORI

 

ABUSO DEI MINORI

Aggressione momentanea o cronica da parte degli adulti (genitori, educatori o altri) nei confronti del bambino e, per estensione, di ogni minore.

1. Ci sono vari tipi di a. al minore: a)​​ a. fisico.​​ È il più facilmente individuabile. Le forme più frequenti sono: percosse, lesioni cutanee, lesioni scheletriche, traumi cranici, distacchi retinici, lesioni interne, avvelenamento, annegamento, soffocamento nella culla, somministrazione di psicofarmaci; b)​​ a. sessuale.​​ Consiste nel coinvolgimento di un minore in attività sessuali da parte di adulti. Può essere intrafamiliare (il più frequente, circa l’80% dei casi), extrafamiliare (​​ pedofilia, pedopornografia, prostituzione minorile, satanismo); c)​​ a. psicologico​​ (svalutazioni, umiliazioni, minacce, ricatti, violenza assistita, doppio legame, aspettative esagerate, violenti coinvolgimenti emotivi nel processo di separazione dei genitori).​​ L’a. psicologico non sempre è facilmente individuabile, anche se è il più frequente. Esso viene compiuto più o meno inconsciamente per​​ trascuratezza​​ (carenze affettive, rifiuti, abbandoni) o per​​ ipercura​​ (iperprotettività, legame simbiotico, sindrome di​​ Münchhausen, medical shopping). Talvolta, come nel caso della​​ ​​ violenza sessuale, questi tre tipi di a. nei confronti del minore si verificano contemporaneamente.

2. L’a. al minore compromette gravemente lo sviluppo fisico e / o psichico della​​ ​​ personalità. Il livello di gravità dipende dall’età. Le conseguenze sono tanto più negative quanto più l’a. si verifica in età precoce. L’a. fisico​​ in seguito può causare, a seconda dei casi, tendenze paranoiche, ritardo mentale, scarso concetto di sé, scarso livello di aspirazione, reazioni autoaggressive, tendenza agli incidenti, atteggiamenti sado-masochistici. L’a.​​ sessuale​​ espone il minore al rischio di gravi sensi di colpa, di distacco emotivo, di erotizzazione precoce delle relazioni interpersonali, di disturbi nell’identità sessuale, di frammentazione della personalità. L’a. psichico​​ può determinare un ritardo nello sviluppo sensomotorio e intellettivo, un arresto della crescita, turbe psichiche (​​ psicosi,​​ ​​ depressione), malattie psicosomatiche. Non è infrequente il caso in cui soggetti che nell’infanzia o nell’adolescenza hanno subito un a. in età adulta lo ripetano a loro volta su altri minori.

Bibliografia

Miller A.,​​ La persecuzione del bambino. Le radici della violenza, Torino, Boringhieri, 1987; Bertolini M. - E. Caffo (Edd.),​​ La violenza negata,​​ Milano, Guerini e Associati, 1992; Campanini A. (Ed.),​​ Il maltrattamento all’infanzia. Problemi e strategie d’intervento,​​ Roma, Nuova Italia Scientifica, 1993; Cesa Bianchi M. - E. Scabini (Edd.),​​ La violenza sui bambini. Immagine e realtà, Milano, Angeli, 1993; Malacrea M. - S. Lorenzini,​​ Bambini abusati. Linee-guida nel dibattito internazionale, Milano, Cortina, 2002; Luberti R. - M. T. Pedrocco Biancardi (Edd.),​​ La violenza assistita intrafamiliare, Milano, Angeli, 2005; Montecchi F. (Ed.),​​ Gli a. all’infanzia: I diversi interventi possibili, Ibid., 2005; Castellazzi V. L.,​​ L’a. sessuale all’infanzia, Roma, LAS, 2007.

V. L. Castellazzi