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AGGRESSIVITÀ

 

AGGRESSIVITÀ

Condotta che può essere vissuta in modo positivo (affermazione di sé) o negativo (auto e / o eterodistruttività).

1. L’a. si snoda dunque lungo un​​ continuum​​ che va dalla difesa di se stessi, ad un sano bisogno di affermazione, alla creatività, alla competitività, al dominio sugli altri, alla distruzione di sé (masochismo) o degli altri (sadismo). Secondo l’ottica psicoanalitica, l’a. non si esprime solamente attraverso una condotta manifesta ed intenzionale, ma anche in modo mascherato ed inconscio. Ad es., un genitore scarica la sua ostilità nei confronti del figlio attraverso l’iperprotezionismo; oppure un individuo si dedica maniacalmente ad opere di bene per soddisfare il suo bisogno di dominare sugli altri.

2. L’a. non è riconducibile ad un’unica causa, ma ad una serie di fattori neurofisiologici, biochimici, psicologici e sociali tra loro interconnessi. Notevoli sono i contributi psicoanalitici al riguardo.​​ ​​ Freud giunge gradualmente alla conclusione che l’a. non è altro che un’espressione della​​ pulsione di morte​​ (Thanatos),​​ a cui, nel saggio​​ Al di là del principio del piacere​​ del 1920, egli riconosce un peso uguale a quello della libido, denominata​​ pulsione di vita​​ (Eros).​​ Entrambe le pulsioni sono innate e nella prima infanzia sono tra loro intimamente fuse. Successivamente si differenziano. Una mancata deLusione in età adulta comporta uno stato patologico. Per Freud la pulsione di morte tuttavia non riguarda semplicemente l’a., ma anche la tendenza alla riduzione assoluta delle tensioni, fino a portare l’essere vivente allo stato inorganico. Anche se il concetto di pulsione di morte è rimasto uno dei più controversi nell’ambito della teoria psicoanalitica,​​ ​​ Klein ha ripreso i contributi freudiani, sottolineando con ancora più forza il ruolo fondamentale che esso svolge nella strutturazione della personalità fin dai primi mesi di vita, soprattutto in assenza di una cura adeguata da parte della madre. Entro quest’ottica, l’esistenza dell’individuo è vista come uno snodarsi entro una costante conflittualità nella bipolarità: amore-odio, invidia-gratitudine, distruzione-riparazione, oggetto buono-oggetto cattivo. Ciò significa che la pulsione di morte normalmente si trova in uno stato di connessione con la pulsione di vita. Occorre però che, per il mantenimento della salute psichica, la pulsione di vita sia predominante.

Bibliografia

Laplance J.,​​ Vita e morte nella psicoanalisi,​​ Bari, Laterza, 1972; Storr A.,​​ La distruttività nell’uomo,​​ Roma, Astrolabio, 1975; Freud S., «Al di là del principio del piacere», in​​ Opere,​​ vol. 9, Torino, Boringhieri, 1977, 193-249; Klein M.,​​ Scritti 1921-1958,​​ Ibid, 1978; Rohm H.,​​ L’a. infantile. Teoria e prassi per un’educazione risolutrice dei conflitti,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1980;​​ La relazione aggressiva,​​ Roma, Borla, 1988;​​ Kernberg​​ O. F.,​​ A.,​​ disturbi della personalità e perversioni, Milano, Cortina, 1993; Norbert E. - E. Dunning,​​ Sport e a., Bologna, Il Mulino, 2001;​​ Fornaro M.,​​ A. I classici nella tradizione della psicologia sperimentale,​​ della psicologia clinica,​​ dell’etologia, Torino, Centro Scientifico, 2004;​​ Fagiani M. B. - G. Ramaglia,​​ L’a. in età evolutiva, Roma, Carocci , 2006; Kernberg O. F.,​​ Narcisismo,​​ a. e autodistruttività nella relazione terapeutica, Milano, Cortina, 2006.

V. L. Castellazzi




AGOSTINO Aurelio

 

AGOSTINO Aurelio

n. a Tagaste nel 354 - m. a Ippona nel 430, vescovo e scrittore, padre della Chiesa.

1.​​ Vita ed opere.​​ Africano di nascita e romano di lingua, cultura e sentimenti, A. fu educato cristianamente dalla madre Monica, ma da giovane si abbandonò all’orgoglio intellettuale, a deviazioni morali, all’eresia manichea. Insegnò retorica a Cartagine, a Roma e a Milano: ivi, dopo una lunga e tormentata vicenda interiore e profonda riflessione, si riavvicinò al Cristianesimo e nel 387 fu battezzato dal vescovo Ambrogio. Ritornò in Africa e a Tagaste si dedicò a vita ascetica con alcuni amici. Ordinato sacerdote nel 391 e vescovo di Ippona nel 396, fino alla morte esplicò una prodigiosa attività pastorale, dottrinale e letteraria. Scrisse moltissime opere: libri autobiografici (le​​ Confessiones),​​ filosofici (i​​ Dialogi),​​ apologetici (il più significativo è​​ De civitate Dei,​​ proposta di una visione cristiana della storia umana), dogmatici (il​​ De Trinitate),​​ pastorali e pedagogici, monastici, esegetici, polemici (contro manichei, pelagiani, donatisti); inoltre più di 300 lettere, vari trattati (come le​​ Enarrationes in Psalmos)​​ e circa 570​​ Sermones.​​ In riferimento alla pedagogia sono particolarmente importanti:​​ De magistro,​​ De catechizandis rudibus,​​ De doctrina christiana,​​ Epistulae​​ 118 e 266.

2.​​ Il pensiero pedagogico.​​ a) L’esperienza personale di A. influì sul suo pensiero pedagogico. Dapprima ebbe modo di apprezzare l’educazione cristiana ricevuta dalla madre, poi da giovane, frequentando scuole pagane e leggendo autori classici, deplorò le pagine scandalose, l’obiettivo della vanagloria, la vacuità della semplice formazione letteraria, i metodi mnemonici, i frequenti castighi (pur accettati in linea di principio). Soprattutto A. ricercò la verità per tutta la vita, passando attraverso una crisi religioso-filosofica e una crisi morale. Da esse riemerse con la riflessione personale, con la lettura di testi platonici, con l’esempio di cristiani ferventi e specialmente con la preghiera, la meditazione sulla Sacra Scrittura, l’aiuto della grazia divina. b) Il pensiero pedagogico di A. è strettamente connesso con la sua filosofia e teologia, che sono fondate essenzialmente su tre principi: l’interiorità (l’uomo deve rientrare in se stesso per constatare la presenza della verità), la partecipazione (ogni bene è tale o per se stesso o perché deriva dal bene), l’immutabilità (l’essere vero è solo l’essere che non muta, che esclude limitazioni, composizioni e variazioni). c) L’amore, come espressione di pura benevolenza sull’esempio di Dio, è per A. l’anima dell’educazione (Cat. rud.​​ 4). L’educatore dona con gioia e disinteresse, si adatta alle condizioni psicologiche della persona, ispira confidenza (ivi,​​ 10.12); sa rendere efficaci anche la disciplina e il castigo, perché li fa sgorgare dall’amore (Serm.​​ 13,8,9). Egli desidera portare l’educando al pieno sviluppo delle sue possibilità, come una madre che nutrendo il proprio figlio, non vuole che rimanga piccolo, ma che cresca (Serm.​​ 23,3). A sua volta il bambino corrisponde alle cure dell’educatore, facendosi guidare dall’amore per il bene, scopo primario dell’educazione Certamente non si può amare ciò che non si conosce e non si è ancora sperimentato, ma si ama ciò che già si conosce e che si vuole conoscere meglio e perciò si vuole sapere ciò che si ignora (Trin.​​ 10,1,3). d) Finalità dell’educazione è il passaggio dalla vita istintiva a quella razionale (Civ. Dei​​ 22,24). L’educatore la ottiene servendosi di una equilibrata disciplina, proponendo elevati modelli morali e facendo rispettare la gerarchia dei valori. Tale compito spetta principalmente ai genitori nella famiglia e ai vescovi nella comunità cristiana. e) A. presenta acute pagine sulla didattica: insegnare è mostrare e dire. L’insegnante pone in essere segni, azioni, pensieri; richiama alla mente qualcosa conosciuto in precedenza; porta alla consapevolezza dell’allievo elementi a cui questi non prestava attenzione, pur essendo presenti sullo sfondo.​​ Intelligere​​ [comprendere] sarà non solo​​ intus legere​​ [leggere dentro], ma anche​​ inter legere​​ [leggere tra le cose, considerandole insieme] (Conf.​​ 10,11,18). L’abilità pedagogica del maestro opera una giusta connessione tra parole e significato. Il linguaggio esteriorizza ed incarna la parola interiore: così la comunicazione intersoggettiva è possibile se l’ascoltatore «vede le cose con il puro occhio interiore, conosce ciò che io dico con il proprio pensiero e non mediante le mie parole» (Mag.​​ 12,40). f) Non vi è educazione senza l’atto personale di intendere e di giudicare, senza una valorizzazione di se stessi e la conoscenza dell’universo che ci circonda, senza assunzione di responsabilità totale nei confronti di se stessi. g) Infine attraverso i segni delle cose l’uomo si abitua a passare dalle «realtà materiali a quelle spirituali» (Musica​​ 6,2,2). Lo splendore della verità divina è tale che un occhio impreparato non può sopportarne tutta la luce: l’uomo vi si deve disporre contemplando la luce riflessa sulle cose visibili. Dunque «dobbiamo considerare il mondo come mezzo, non come fine per poter contemplare le perfezioni invisibili di Dio comprendendole attraverso le cose create» (Doct. chr.​​ 1,4,4). La comprensione delle cose intelligibili avviene non per mezzo delle parole che risuonano dal di fuori, ma per mezzo della ragione che è sostenuta dalla luce della verità risplendente nell’intimo (cfr.​​ Mag.​​ 12,39). Ciascuno è ammaestrato «dalle cose stesse che gli si manifestano, perché Dio gliele svela nell’interiorità» (Mag.​​ 11,38). Il ruolo del maestro umano è quello di insegnare un metodo per scoprire la verità presente, ma latente all’interno del discepolo: chi insegna veramente è Cristo, l’unico vero maestro interiore, che interpella tutti e ciascuno, che dona la sapienza, intesa come verità da possedere e realtà da amare. L’uomo supera così la propria mutabilità e si apre al trascendente.

3.​​ Influsso.​​ A. trasmise (soprattutto al​​ ​​ Medioevo) i valori della cultura, il gusto per la ricerca, l’ideale di una sapienza cristiana sotto il primato della Scrittura. Pedagogicamente egli pose l’allievo al centro del processo educativo, ne valorizzò la capacità creativa, elaborò una proposta globale di educazione alla fede, configurò l’apprendimento come lo sforzo di ritrovare in se stessi la verità. All’educatore richiamò il dovere di unire ricerca e testimonianza, scienza e vita. Nella visione cristiana dell’uomo, A. ricuperò e rifuse i valori universalmente umani del mondo classico greco-romano.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ le opere di A. sono edite in lat. e tradotte in it. nella collana​​ Opera omnia di s. A.​​ (Nuova Biblioteca Agostiniana), Roma, Città Nuova, 1965ss; Miano V. (Ed.),​​ S. A. Antologia pedagogica,​​ Torino, SEI, 1958. b)​​ Studi:​​ Bellotti G.,​​ L’educazione in Sant’A.,​​ Bergamo, 1963; Kevane E.,​​ Augustine the educator. A study in the fundamentals of Christian formation,​​ Westminster, Newman Press, 1964; Patané L. R.,​​ Il pensiero pedagogico di S. A.,​​ Bologna, Patron,​​ 21969;​​ Sant’A. educatore​​ (Atti della settimana agostiniana pavese, 2), Pavia, Ponzio, 1971; Perrini M.,​​ La paideia cristiana di A.,​​ in «Humanitas» 42 (1987) 3, 355-388;​​ Valenzuela A.,​​ San Agustín de Hipona,​​ teoría y arte pedagógicas,​​ Valparaiso, Ed. Universitarias,​​ 1984; Fabris M. (Ed.),​​ L’umanesimo di Sant’A.,​​ Bari, Levante, 1988; Crosson F. J. et al.,​​ «De Magistro» di A. d’Ippona,​​ Palermo, Augustinus / Città Nuova, 1993; Paffenroth K. - K. L. Hughes (Edd.),​​ Augustine and liberal education, Aldershot, Ashgate, 2000;​​ Galindo Rodrigo J. A.,​​ Pedagogía de San Agustín, Madrid, Augustinus,​​ 2002;​​ Jerphagnon L.,​​ Saint Augustin: le pédagogue de Dieu, Paris, Gallimard, 2002.

M. Maritano




AIDS

 

AIDS

L’a. o sindrome di immunodeficienza acquisita è uno stato morboso dell’organismo umano dovuto a un retrovirus (HIV) che invade e (dopo un periodo più o meno lungo di latenza) distrugge i linfociti T del sangue, azzerando gradualmente le difese immunitarie dell’organismo ed esponendolo agli attacchi ripetuti (e alla fine mortali) di agenti infettivi «opportunisti». Si trasmette attraverso il sangue e lo sperma. Le sue vittime sono quindi prevalentemente giovani che lo contraggono attraverso la promiscuità dei rapporti sessuali (soprattutto omosessuali) e l’uso comune delle siringhe da parte degli eroinomani. Da questo punto di vista, costituisce un problema anche educativo. L’educatore che opera tra i giovani, soprattutto se esposti al pericolo di certe forme di devianza è chiamato a svolgere una difficile opera di profilassi educativa e culturale, consistente non soltanto in una messa in guardia attenta e informata, ma anche nella trasmissione di​​ ​​ valori che portino i giovani ad amare la vita e a desiderarne lo sviluppo e la fruttificazione. Nello stesso tempo dovrà esorcizzare la facile condanna e l’interdetto sociale che spesso colpisce questo genere di malati.

Bibliografia

Malherbe J. F. - S. Zorrilla - S. Spinsanti,​​ Il cittadino e l’A.,​​ Cinisello Balsamo (MI), Paoline, 1991; Punzi I.,​​ Logoterapia e A. L’esperienza della Casa-famiglia «Padre Monti»,​​ in «Orientamenti Pedagogici» 39 (1992) 1191-1198; Sandes E.,​​ A. als Herausförderung für Theologie: eine Problematik zwischen Medizin,​​ Moral und Recht, Essen, Ludgerus, 2005.

G. Gatti




ALCOLISMO

 

ALCOLISMO

L’a., detto anche etilismo, è descritto come una condizione di dipendenza dall’assunzione di bevande contenenti alcol. Può essere definito​​ cronico​​ o​​ acuto.​​ Il primo esprime lo stato patologico di chi da tempo ormai assume dosi eccessive di alcol, mentre il secondo fa riferimento alla semplice ubriachezza vissuta in modo episodico. Elementi da tenere in considerazione per una corretta definizione sono soprattutto due: il grado di dipendenza e la gravità dei danni organici e non prodotti dall’alcol. Per quanto riguarda i disturbi psichici o di comportamento in un alcolista cronico si possono evidenziare la bassa tolleranza delle frustrazioni e dell’​​ ​​ ansia, la mancanza di responsabilità, la labilità emotiva unite ad alterazione del tono e dell’umore con impulsività e irritabilità, disturbi della memoria, diminuzione dell’intelligenza.

1. Le teorie sull’a. sono numerose e tengono conto dei vari «ambienti» in cui si muove la persona umana mettendo in primo piano o l’ambiente biologico, o quello socioculturale o quello psicogenetico; a)​​ teorie biologiche​​ che fanno riferimento a un fattore ereditario descritto come responsabile non tanto dell’a., quanto dello strutturarsi di una personalità fragile e incapace a resistere alla sollecitazione di assumere alcol. Ultimamente si è più propensi a parlare non tanto di genesi ereditaria, quanto di predisposizione determinata da un condizionamento familiare; b)​​ fattori socio-ambientali​​ la cui importanza è dimostrabile dal fatto che l’assunzione di alcol viene incoraggiata da alcuni gruppi sociali o viene addirittura ritenuta indispensabile per determinate professioni o sollecitata come segno di «virilità». Interessanti anche gli studi sulle società dei nomadi, sul rapporto metropoli / immigrazione e quelli condotti nell’area della emarginazione. Diversi autori inseriscono soprattutto in questo contesto l’aumentata percentuale di giovani che consuma sostanze alcoliche; c)​​ teorie psicologiche e psicodinamiche:​​ la psicodinamica classica interpreta l’a. come una regressione allo stadio orale in cui si è fissata l’organizzazione istintuale.​​ ​​ Freud ha trattato questo problema in margine a quello della paranoia (caso Schreber). A livello più generale diversi autori hanno messo in relazione l’a. con alcuni tratti di personalità, anche se non si è mai chiaramente dimostrato se i tratti descritti (ad es. stati di tensione, sentimenti di insicurezza, incapacità di affermazione personale, bisogno di gratificazione...) siano antecedenti o successivi all’abuso alcolico.

2. L’eterogeneità del disturbo porta diversi autori contemporanei a parlare non di a. ma di «alcolismi». Ciò mette in evidenza il fatto che la dipendenza da alcol avviene in una persona. «Un individuo può sviluppare a. come punto d’arrivo di una complessa interazione di carenze strutturali, predisposizione genetica, influenze familiari, contributi culturali, e altre diverse variabili ambientali. Una completa valutazione psicodinamica del paziente considererà l’a. e tutti i fattori che vi contribuiscono nel contesto dell’intera persona» (Gabbard, 1995, 341). Da questo punto di vista anche il​​ ​​ recupero viene inteso come la messa a disposizione del soggetto di una molteplicità di tecniche e di interventi, a volte utilizzati su vari fronti, in modo da tener conto della personalità del singolo e della sua disponibilità a mettersi in gioco per migliorare.

Bibliografia

Furlan P. M. - R. L. Ricci,​​ Alcol,​​ alcolici,​​ a.,​​ Torino, Bollati Boringhieri, 1990; Gabbard G. O.,​​ Psichiatria psicodinamica,​​ Milano, Raffaello Cortina, 1995; Sanfilippo B. - G. L. Galimberti - A. Lucchini (Edd.),​​ Alcol,​​ alcolismi: cosa cambia?, Milano, Angeli, 2004; Trevisani F. - F. Caputo (Edd.),​​ A., Bologna, CLUEB, 2005; Memmi A.,​​ Il bevitore e l’innamorato. Il prezzo della dipendenza,​​ Roma, Edizioni Lavoro, 2006.

L. Ferraroli




ALFABETIZZAZIONE

 

ALFABETIZZAZIONE

In genere il termine si contrappone ad analfabetismo, versione negativa in quanto assenza di a.; può assumere valore​​ strumentale,​​ spirituale,​​ funzionale.​​ Nel primo caso ci si riferisce all’insegnamento della lettura e della scrittura in contesto scolastico ed extrascolastico; nel secondo ci si rapporta alla crescita matura del soggetto sotto il profilo politico e civile, nonché alla sua partecipazione sociale professionalmente qualificata; nel terzo ci si richiama alla funzionalità dell’​​ ​​ apprendimento rispetto a fini occupazionali e socioeconomici. Questi tre aspetti possono essere più o meno e con diversa intensità, compresenti. Ad es. può darsi una sorta di a. spirituale nei casi di trasmissione di culture fondate sulla tradizione orale.

1.​​ Ambiti di applicazione.​​ Va distinta l’a. spontanea e indotta, nel caso dell’apprendimento di lettura e scrittura come conquista prescolastica e scolastica dei bambini, dall’a. differenziata a seconda del​​ ​​ linguaggio, verbale-non verbale, preso in esame. Inoltre si distingue l’a. dell’infanzia, comunemente messa in atto dalla​​ ​​ scuola e dalla famiglia, dall’a. degli adulti. Quest’ultima nasce come idea di educatori che in vari Paesi hanno promosso progetti intesi a fornire a chi è fuori del circuito scolastico la strumentazione di base per una migliore partecipazione sociale. In questo senso vanno ricordate tutte quelle iniziative di istruzione popolare che da Grundtvig in Danimarca, a Condorcet in Francia, a Cena in Italia caratterizzano una parte della storia europea dell’educazione dalla fine dell’800 ai primi decenni del ’900. Dopo la seconda guerra mondiale l’a. viene letta da più parti in senso motivazionale: apprendere per scopi precisi e per mete concrete. Nei Paesi socialisti l’a. è strettamente connessa alla concezione politecnica e alla congiunzione del lavoro intellettuale con quello manuale: si alfabetizza trasmettendo un sapere operativo da spendere a vantaggio della collettività. Altro esempio originale è quello dell’India dalla spiritualità multiforme, che​​ ​​ Gandhi ha fatto conoscere al mondo intero non più solo sotto l’aspetto della povertà e dell’analfabetismo, ma della nazione intenta ad uscire dalle strettoie della istruzione occidentale elitaria per cercare mezzi di a. di massa all’interno della propria tradizione spirituale. A livello internazionale l’Unesco si occupa della questione in modo costante e registra annualmente le statistiche che evidenziano l’andamento del fenomeno. Il tasso di scolarizzazione è uno degli indicatori dell’a. con punte minime nei Paesi emergenti (​​ Asia,​​ ​​ America Latina,​​ ​​ Africa) e punte massime nei Paesi industrialmente più avanzati. Nel 1961 l’Unesco lancia la campagna mondiale di a. intesa a favorire l’autosviluppo e l’auto-emancipazione dei Paesi più poveri attraverso la cooperazione economica internazionale. L’ipotesi del «Programma sperimentale mondiale di a.» (PEMA) attivato dall’Unesco in 20 Paesi tra il 1967 e il 1973 è che solo entro un quadro socio-economico favorevole ed organizzato è possibile promuovere un percorso formativo basato su obiettivi di crescita e tale da procurare agli individui interessati i mezzi intellettuali e tecnici capaci di farne attori efficienti nell’intero processo di sviluppo.

2.​​ Esperienze significative.​​ Famose sono le iniziative di coscientizzazione degli «oppressi» promosse negli stessi anni da​​ ​​ Freire in America Latina (​​ educazione liberatrice): vere e proprie testimonianze di servizio e di elevazione culturale di persone per generazioni tenute lontane dall’istruzione. Negli anni ’40 sorgono in Italia diversi movimenti di ispirazione democratica che operano, soprattutto nel Sud, per l’a. della popolazione rurale. La legge istitutiva della «scuola popolare» è del 1947 e per circa trent’anni si moltiplicano, differenziatamente su tutto il territorio, centri di lettura e corsi di richiamo scolastico, iniziative di bibliobus e di telescuola, attività di formazione professionale gestite da enti vari. In seguito al decentramento amministrativo (L. n. 382 / 75) viene data la possibilità alle Regioni (DPR n. 616 / 77) di dare inizio ai corsi della durata di «150 ore» frequentati con eventuale congedo pagato, al fine di favorire il conseguimento, nelle sedi appropriate, del titolo di scuola media a chi lavora, alle casalinghe, alle collaboratrici domestiche, a tutti coloro i quali sono sprovvisti di tale certificato che permette di fatto un migliore inserimento occupazionale ed eventualmente la mobilità sociale. In diversi Stati del mondo non sembra più sufficiente far coincidere l’a. minima dell’infanzia e dell’adolescenza con la generalizzazione dell’istruzione primaria e secondaria di primo ciclo, in quanto crescono le aspettative delle famiglie, dei figli, della società internazionale rispetto a livelli di formazione che spostano più avanti negli anni il termine dell’​​ ​​ obbligo scolastico. Per l’Italia l’elevamento appena introdotto è fino ai 16 anni. In termini scolastici istituzionali l’a. comincia con l’educazione preprimaria e termina con la fine o l’interruzione della frequenza scolastica; in termini sostanziali essa inizia con la gestazione, considerando l’influenza feto-madre, e termina forse con la morte. Alla scuola e alle diverse sedi formative anche extrascolastiche spetta indubbiamente il compito di costruirsi come ambienti nei quali il soggetto sperimenta metodi didattici funzionali alla maturazione al pensiero critico.

3.​​ Estensione contenutistica.​​ Concettualmente l’a. significa molto di più della acquisizione delle capacità di leggere e scrivere poiché riguarda la padronanza di più modelli di comprensione, l’elaborazione di conoscenze diverse, la flessibilità e la coerenza dei collegamenti tra molteplici contenuti e forme culturali. La storia dell’a. dimostra che progressivamente ci si muove in modo da comprendere temi via via più vasti e variegati non esauribili nell’apprendimento di automatismi tradizionali e di tecnicità, sempre più sofisticate, si pensi ad es. agli sviluppi dell’informatica, bensì necessariamente comprendenti questioni correlate come quelle dell’arricchimento culturale, dell’uguaglianza delle opportunità educative, della dispersione scolastica, dell’educazione delle minoranze etniche, della formazione permanente, del diritto allo studio, dell’acquisizione di nuove professionalità e dell’​​ ​​ istruzione a distanza. La locuzione «competenze alfabetiche» delle indagini internazionali stabilisce categorie e livelli del sapere e del saper fare. La Dichiarazione di Lisbona dell’UE (2000) annovera nella strategia politico-sociale per il 2010 l’intensificazione della lotta contro l’analfabetismo.

Bibliografia

Mencarelli M.,​​ Scuola in prospettiva. Insegnare ad apprendere,​​ Brescia, La Scuola, 1973; Potts J.,​​ Insegnare a leggere,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1981; Fiorini F. - L. Pagnoncelli,​​ Quale alfabetismo?,​​ Torino, Loescher, 1988; Cives G. (Ed.),​​ La scuola italiana dall’Unità ai nostri giorni,​​ Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1990; Gallina V. (Ed.),​​ La competenza alfabetica in Italia: una ricerca sulla cultura della popolazione, Milano, Angeli, 2000; Nardi E.,​​ Come leggono i quindicenni. Riflessioni sulla ricerca OCSE-PISA, Ibid., 2002; Chistolini S., «Competenze alfabetiche», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica,​​ Appendice A-Z, Brescia, La Scuola, 2003, 343-359.

S. Chistolini




ALGORITMO

 

ALGORITMO

Successione ordinata e finita di operazioni e decisioni che conduce a un risultato preciso.

Il termine deriva dalla latinizzazione del nome del grande matematico arabo Muhammed Ibn Muza Al Kuvaritzmi (Algorismus). Leonardo Fibonacci nel suo​​ Liber abaci​​ (1202) inizia spesso le sue affermazioni con l’espressione​​ «Dixit Algorismus».​​ Tale termine è stato ben presto applicato a molti procedimenti matematici universalmente noti e significativi come l’a. euclideo delle divisioni successive, procedimento usato per trovare il massimo comun divisore tra due numeri. Per estensione, con lo sviluppo dell’​​ ​​ informatica e dei computer, esso è stato utilizzato per indicare ogni tipo di procedimento che può essere progettato, tradotto in un linguaggio formale conveniente e fatto eseguire da un sistema di elaborazione automatica. È stato anche usato nell’ambito pedagogico e didattico per designare procedure e strategie formative. L. Landa (1974) ha sviluppato una sua teoria dell’insegnamento definita «algo-euristica», che integra metodi di insegnamento di tipo procedurale-esecutivo e di tipo esplorativo-creativo.

Bibliografia

Landa L.,​​ Algorithmization in learning and instruction,​​ Englewood Cliffs, Educational Technology Publications, 1974; Luccio F.,​​ La struttura degli a., Torino, Boringhieri, 1982; Pellerey M.,​​ Informatica,​​ fondamenti scientifici e culturali,​​ Torino, SEI, 1986; Wirth N.,​​ A. + Strutture Dati​​ =​​ Programmi,​​ Milano, Tecniche Nuove, 1987; Goldsch-Lager L. - A. Lister,​​ Introduzione all’informatica. A.,​​ strutture,​​ sistemi,​​ Torino, SEI, 1988;​​ Fondamenti di informatica. Vol. 2: Reti,​​ basi di dati,​​ multimedia,​​ linguaggi,​​ a., Bologna, Zanichelli, 2006; Guida G. - M. Giacomin,​​ Fondamenti di informatica, Milano, Angeli, 2006.

M. Pellerey




ALLEGRIA

 

ALLEGRIA

L’a. è un sentimento dell’animo lieto, che si rivela vivido nelle molteplici espressioni umane: volto e aspetto, movimenti e gesti... Scaturisce dall’emozione primaria della gioia e si manifesta con vivacità nella​​ ​​ festa. Ciò che rallegra nutre la mente, tonifica il cuore e facilita la comunicazione.

1. Nella prospettica pedagogica l’a. trova la sua collocazione formale nel discorso sull’ambiente educativo. Più che configurare solo il «pädagogischer Bezug», il rapporto educativo (Nohl), trova il suo luogo proprio nel «pädagogisches Feld», il campo pedagogico (Winnefeld), provocando i mondi vitali alla scoperta di significati e alla loro stessa produzione. Di certo il sentimento d’a. incontra solchi fertili nell’animo umano, specie giovanile. Il terreno più fecondo per il​​ ​​ dialogo educativo e la comunicazione dei​​ ​​ valori è senza dubbio un ambiente di a. A tale scopo occorre offrire, nell’età della crescita, ampio spazio alla libera espressione (​​ musica e canto,​​ ​​ sport e gioco, danza e​​ ​​ teatro, gite e pellegrinaggi) e alla manifestazione spontanea (emblema di un esuberante spazio estroverso è il «cortile», la «piazza»). L’hanno intuito educatori capaci, come don​​ ​​ Bosco, che nella giovinezza fondò la «Società dell’a.» e nella sua proposta educativa forgiò il trinomio: a., studio, pietà, in cui lo spazio-cortile e l’espressività giovanile assumono dignità pedagogica. Da qui la rilevanza educativa di creare un clima di a. e la convinzione di garantire un sereno tessuto dei rapporti amichevoli.

2. L’a. rivela così valenze interiori (sua fonte è la gioia) e insieme espressioni manifeste. Ne diventa metafora la festa, scandita dalle varie ricorrenze della vita, ma spesso vissuta nei momenti più quotidiani (esistenza come festa). Nell’età evolutiva il soggetto tende spontaneamente all’a. e alla festa: sa che queste nutrono i suoi sentimenti, creano fiducia e sostengono la crescita. L’a. è contagiosa: attraverso la dinamica empatica, come vissuto affettivo, l’a. coinvolge e trascina, creando una feconda piattaforma di relazioni positive e un ambiente costruttivo. Di certo festa e a. sono soggette all’ambivalenza, o addirittura alla deriva; e tuttavia rimangono sempre seducenti nella loro valenza educativa. Nella società contemporanea prevale una visione esistenziale di festa, vissuta nella realtà quotidiana: si cerca perciò una compresenza di evasione e di ricarica, di divertimento e di condivisione, di rapporti consueti e di relazioni inedite, di gratuità e di distacco. In tal senso l’a. e la festa giocano un ruolo non marginale, oggi. Si tratta però di assumerne le sfide educative come la socialità che si fa partecipazione, il coinvolgimento che rende protagonisti, i gesti simbolici che evocano e celebrano valori. All’educatore spetta creare le condizioni interiori perché si verifichino eventi valoriali: 1’​​ ​​ ottimismo di base che è fiducia in sé e negli altri; il gusto per i valori altruistici che fa scoprire il sapore della gratuità e solidarietà; il senso dell’​​ ​​ amicizia che fa superare la​​ ​​ solitudine e rafforza i legami sociali. La manifestazione dell’a. nella festa si fa così messaggio della gioia di vivere, non solo nei suoi aspetti più antropologici e culturali, ma non meno nelle sue evidenze etiche e religiose.

Bibliografia

Baggio D. A.,​​ Paz,​​ optimismo,​​ alegría,​​ Petrópolis, Vozes, 1988; De Monticelli R.,​​ L’a. della mente, Milano, B. Mondadori, 2004; Sagramola O.,​​ Educazione e pedagogia in Giovanni Bosco, Viterbo, Sette Città, 2005.

G. B. Bosco




ALLPORT Gordon Willard

 

ALLPORT Gordon Willard

n. a Montezuma (Indiana) nel 1897 - m. ad Harvard nel 1967, psicologo statunitense.

1. Frequentando la Harvard University viene in contatto con il pensiero di​​ ​​ James e di​​ ​​ Dewey. Conseguito il dottorato nel 1922 con W. McDougall e H. Langfeld, vuole perfezionarsi in Europa, con​​ ​​ Spranger a Berlino, W. Stern ad Amburgo e F. C. Bartlett a Londra, nella ricerca di un complemento fra la tradizione nordamericana e quella europea. Dal 1924 alla morte, eccetto una parentesi di 4 anni, dal 1926 al 1930 trascorsi al Dortmund College, svolge la sua intensa attività accademica alla Harvard University. Nel 1937 diventa direttore del Department of Psychology e inizia contemporaneamente la pubblicazione del «Journal of Abnormal and Social Psychology», che dirigerà fino al 1949. Nel 1946 fonda il nuovo Department of Social Relations, che coordina e promuove le ricerche nell’ambito dei dinamismi personali e sociali. Nel 1939 è eletto presidente dell’American Psychological Association, e nel 1944 della Society for the Psychological Study of Social Issues. Insignito con due lauree​​ honoris causa,​​ è stato membro delle principali società nazionali di psicologia scientifica.

2. La prima sintesi del suo approccio alla psicologia si trova nel volume del 1937​​ Personality: a psychological interpretation.​​ Si tratta di uno dei primissimi manuali che riguardano la personalità normale, che, fin d’allora, esprime i principali tratti della sua psicologia: la preoccupazione per ciò che è tipicamente umano, sano, e caratterizza il singolo individuo, reagendo ad una psicologia attenta principalmente agli aspetti istintivi o patologici, o comuni agli animali, o protesa più a definire leggi universali che a comprendere la persona. In conformità con queste scelte, A. ha dovuto affrontare problemi epistemologici (come sia possibile una scienza dell’individuo) e metodologici: in un clima dove la scienza era equiparata alla quantificazione. A. ha scelto un metodo eclettico, che gli permette di raggiungere con sufficiente oggettività componenti umanamente importanti eppure sfuggenti al controllo quantitativo, come le intenzioni, i sentimenti, i valori e le decisioni a lunga portata, il senso di identità e di responsabilità.

3. Nel quadro di questa opzione «umanistica» si comprendono le sue pubblicazioni: dodici volumi di trattazioni varie, due monografie, due test, circa 150 articoli e numerose recensioni. I principali temi trattati riguardano la religione, il pregiudizio e la personalità. Nella sua opera maggiore sulla personalità (trad. it. 1977), che riprende e rielabora completamente la pubblicazione del 1937, A. ha raccolto il frutto maturo della sua riflessione e della sua ricerca: si ritrovano riconciliate le antinomie dell’unicità della persona e della sua socialità, del peso dell’inconscio e della ricerca di valori, della molteplicità di tratti ed abiti e dell’integrazione in un’intenzione centrale, della religiosità strumentalizzata nel pregiudizio o ricercata e vissuta come valore intrinseco. L’opera stessa si raccomanda come un accostamento sereno e imparziale ai problemi più urgenti per la comprensione della personalità. A. ha esercitato un notevole influsso sugli studiosi suoi contemporanei (Murphy, Maslow, Bertocci, Nuttin, Frankl), e continua ed esercitarlo attraverso gli sviluppi della corrente umanista.

Bibliografia

principali opere di A. tradotte in it.:​​ Divenire. Fondamenti di una psicologia della personalità,​​ Firenze, Editrice Universitaria, 1963;​​ L’individuo e la sua religione. Interpretazione psicologica.​​ Introduzione e traduzione a cura di N. Galli, Brescia, La Scuola, 1972;​​ La natura del pregiudizio,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1973;​​ Psicologia della personalità.​​ Introduzione e bibliografia delle opere di A. a cura di A. Ronco, Roma, LAS, 1977.

A. Ronco




ALTERITÀ

 

ALTERITÀ

Il tema dell’altro è diventato centrale nel dibattito culturale contemporaneo. In passato la​​ ​​ differenza è stata vista per lo più come una minaccia per la propria​​ ​​ identità. In generale si è concordi nel vedere il pensiero europeo come un pensiero dell’identità dove l’altro, il diverso, rimane estraneo, viene rimosso e occultato.

1.​​ La tradizione occidentale.​​ L’Occidente non avrebbe elaborato una vera cultura della differenza, come oggi denunciano le stesse donne occidentali in nome di quella cultura al femminile che trova nella «differenza di genere» il suo principio epistemologico ed ermeneutico. Tra i pensatori che criticano la tradizione occidentale per l’oblio dell’a. si segnalano​​ ​​ Buber, Dussel, De Certeau, Irigaray, Vattimo, Derrida, Foucault, Todorov, ecc. Ma fra tutti spicca il nome di Lévinas, il filosofo dell’a. Ripartire dal volto dell’altro, in campo filosofico così come in campo educativo, significa essenzialmente impegnarsi a creare le condizioni per il passaggio dall’umanesimo del soggetto (cioè dell’io) all’umanesimo dell’altro uomo (cioè del tu e dell’egli); dalla logica dell’identità alla cultura della differenza; dall’etica dell’individuo all’etica del volto e della responsabilità. Proprio con quest’ultima espressione, «etica del volto», si è soliti indicare uno dei punti centrali del pensiero di E. Lévinas (1905-1995), filosofo ebreo che ha elaborato una concezione​​ dell’uomo a partire dall’altro,​​ dal tu, dal volto. Per il suo venire «da fuori» il volto dell’altro si presenta sempre anche come una minaccia che provoca in noi la perdita di controllo, di signoria, di dominio su noi stessi. L’altro, per quanto sia nostro «prossimo» conserverà sempre la sua radicale eterogeneità, la sua assoluta differenza, la sua irriducibile a. L’altro sarà sempre, contemporaneamente, il «prossimo» (di qui il carattere di appello) e lo «straniero» (di qui il carattere di mistero).

2.​​ Il rapporto con l’altro nella società multiculturale. Da molti anni la riflessione sull’a. comprende non solo il riferimento alle donne, ai portatori di handicap, agli omosessuali, ma soprattutto la presenza crescente dello «straniero». Strettamente collegato al tema dell’a. è quindi quello del pregiudizio e dello stereotipo fino al razzismo e alla mixofobia (o paura della mescolanza). Educare all’altro significa allora ridefinire il proprio «io», perché prima ancora di essere solidale e oblativo, democratico e partecipativo, sia un «io ospitale» e capace di accoglienza, di ascolto, di reciprocità. Nell’odierna società plurale e interetnica si tratta di scoprire che l’altro è la risorsa più preziosa per accrescere la nostra identità. Chi ci educa, in senso proprio, è la relazione con l’altro. È lui che ci «tira fuori» dall’ego e ci sollecita all’avventura dell’esodo. Se l’altro non ci visitasse con il suo volto, noi non potremmo mai dire «eccomi». E resteremmo nella nostra immanente soggettività. Pieni di noi, indubbiamente, ma senza la trascendenza dell’altro.

3.​​ Verso l’ethos della reciprocità.​​ La riflessione sui temi dell’a., della differenza, della relazione intersoggettiva e interculturale sta portando verso la centralità della categoria della reciprocità, della convivenza e della coesione sociale. P. Ricoeur giunge a parlare di un «ethos della reciprocità», come paradigma della relazione fondata sul valore della differenza. La reciprocità, sia sul piano antropologico, sia su quello psicologico e pedagogico è ancora tutta da esplorare e da comprendere. La reciprocità è contemporaneamente un essere «con» l’altro, un essere «per» l’altro, un essere «grazie» all’altro. Paul Ricoeur riassume così l’ethos della reciprocità: «Aspirazione ad una vita felice, con e per gli altri, in istituzioni giuste». Come si vede, si tratta di tre poli ben articolati e uniti tra loro: la stima di sé, la cura dell’altro, l’aspirazione a vivere in istituzioni giuste. Il problema dell’identità non è separabile dal problema della differenza. È nella cornice di una antropologia della reciprocità che troviamo, forse, il luogo più autentico per la fondazione (né ego-centrica né allo-centrica) della relazione educativa.

Bibliografia

Kristeva J.,​​ Stranieri a se stessi,​​ Milano, Feltrinelli, 1990; De Certeau M.,​​ Mai senza l’altro,​​ Comunità di Bose, Qiqajon, 1993; Ricoeur P.,​​ Sé come un altro,​​ Milano, Jaca Book, 1993; Habermas J.,​​ L’inclusione dell’altro, Milano, Feltrinelli, 1998; Cicchese G.,​​ I percorsi dell’altro. Antropologia e storia, Roma, Città Nuova, 1999; Vigna C. - S. Zamagni (Edd.),​​ Multiculturalismo e identità, Milano, Vita e Pensiero, 2001; Lévinas E.,​​ Dall’altro all’io, Roma, Meltemi, 2002; Currò S.,​​ Il dono e l’altro. In dialogo con Derrida,​​ Lévinas e Marion, Roma, LAS, 2005.

A. Nanni




AMBIENTE

 

AMBIENTE

Dal lat.​​ ambiens,​​ participio da​​ ambire​​ (andare intorno, stare intorno, circondare, essere circostante; ma anche desiderare). Da qui il significato di una proiezione dall’interno verso l’esterno.​​ Lato sensu​​ si parla di a. per indicare: a) il complesso delle condizioni esterne a un organismo dove si svolgono la vita vegetale e quella animale, b) l’insieme delle caratterizzazioni biologiche, sociali, culturali di un dato sistema, c) una specifica parte di spazio. Nelle​​ ​​ scienze dell’educazione, si affaccia,​​ stricto sensu,​​ un’idea di a. quale «mondo» (Welt)​​ culturale in cui avvengono i processi e i percorsi della formazione (Bildung)​​ del soggetto. Non privo di assonanze con l’idea di​​ medius locus​​ presente nella cultura latina, il concetto di a. si è tuttavia sviluppato soltanto di recente. Lo si trova, così, all’interno delle scienze umane, in particolare nella sociologia di​​ ​​ Comte, nella psicologia di​​ ​​ Watson, nella pedagogia di​​ ​​ Rousseau, nella psicanalisi di​​ ​​ Freud. Diviene poi riferimento comune per le scienze naturali e più specificamente nella biologia, nell’ecologia e, ormai, anche in genetica o nelle​​ ​​ neuroscienze. Importanza ragguardevole riveste pure nelle scienze politiche, nelle scienze sociali ed economiche, in urbanistica e architettura, nella semiotica dello spazio, nella​​ ​​ prossemica e nella teoria dei sistemi, infine all’interno delle stesse scienze dell’educazione Sicché, alla desueta «mesologia pedagogica» (dimenticato settore della pedagogia, che studia l’a. ponendolo al centro dell’itinerario di crescita) è venuta sostituendosi una più confacente​​ pedagogia degli a. educativi,​​ orientata a sondare le interazioni istituite tra la formazione, l’educazione e l’istruzione dell’uomo con: a) gli a. abitativi (la casa, gli arredi), b) gli a. scolastici (l’aula, l’edificio scolastico, i laboratori), c) gli a. sociali (la città, l’ecosistema, i mondi culturali dell’extrascolastico, il paesaggio accolto come​​ genius loci).​​ Nel dibattito pedagogico contemporaneo e all’interno della medesima attività educativa, la categoria a. sussume una propria centralità, specialmente in relazione alle tematiche della formazione umana, degli spazi educativi, delle variabili ecologiche e psico-sociali, dei beni ambientali e culturali, di ogni teoria pedagogica sugli a. educativi.

1.​​ A. e formazione umana.​​ La formazione dell’uomo, della sua parte più profonda e nascosta e del suo stesso «mondo» culturale può essere compresa e guidata solo se il processo educativo viene confacentemente saldato all’a. familiare scolastico e sociale. Il nesso tra a. e formazione umana accompagna la stessa genesi della crescita fisico-biologica, socio-relazionale, psicosessuale, emotivo-affettiva, cognitivo-intellettiva, etico-valoriale e spirituale del soggetto in ogni età della vita. Si tratta, allora, di operare una ricomposizione fra le teorie innatistiche (nella struttura genetica individuale vi è già scritto il cammino formativo) e le teorie ambientalistiche (dall’a. di appartenenza dipende il futuro del singolo), al fine di recuperare la positività del legame che unisce​​ natura​​ e​​ cultura,​​ evidenziando la reciprocità fra il soggetto e l’a. in cui vive.

2.​​ Antropologia pedagogica e spazio educativo.​​ Al problema della natura umana colta nella sua specificità ontologica, assiologica e teleologica, si affianca quello della cultura umana percepita nelle dimensioni storiche etologiche ed esistenziali. Il «mondo» del soggetto coincide sia con il suo universo personale più intimo sia con l’onnilateralità delle proiezioni verso cui il soggetto in evoluzione viene (o si sente) orientato. Per questo la scelta degli a. in cui avvengono i processi di formazione risulta decisiva. Ecco allora che un’antropologia pedagogicamente strutturata incontrerà nell’idea di «spazio educativo» il luogo e il fattore a cui ascrivere gli eventi formativi nel macro- e nel micro-cosmo sociale: la​​ ​​ ludicità e il​​ ​​ lavoro, l’educazione e l’istruzione permanente, l’autoeducazione e l’eteroeducazione, il corpo e la mente costituiscono ulteriori riferimenti tematici da non trascurare in una pedagogia degli a. educativi.

3.​​ Ecologia ambientale e sociale.​​ La grave e forse irreversibile crisi ecologica in cui versa il pianeta ha obbligato le scienze umane e, al loro interno, le scienze dell’educazione a ripensare i rapporti con quella branca della biologia che studia gli organismi viventi e il loro a. circostante: l’ecologia. Confermatasi ormai come disciplina dotata di uno statuto epistemologico autonomo, insieme alle scienze sociali ha prodotto importanti teorie sull’habitat​​ umano, sui pericoli che la «modernità» (con la scienza a servizio dell’industrializzazione, delle tecnologie nucleari, delle guerre) ha posto in essere, sui rischi per l’intero ecosistema. La sociologia, più in particolare quella urbana, si è invece misurata con i grandi processi demografici, economici e politici presenti nella gestione di quello smisurato «sociosistema» che è la metropoli contemporanea. L’ecologia sociale, poi, occupandosi dei fenomeni di migrazione, ha ricondotto l’analisi dei​​ sistemi naturali​​ e dei​​ sistemi artificiali​​ verso i confini dell’intercultura, dell’interrazzialità, dell’intersoggettività.

4.​​ Beni ambientali,​​ beni culturali,​​ beni mediali.​​ Nel pensare a un sistema formativo polimorfico, flessibile e integrato in una rete unitaria di saperi e di servizi stesa sul​​ territorio,​​ viene accreditandosi l’idea dell’a. pensato a partire dai «beni» che racchiude e, con l’impegno dell’uomo, custodisce. Fra questi spiccano i​​ beni ambientali,​​ ossia la natura incontaminata e il paesaggio che non è stato deturpato dall’azione umana; i​​ beni culturali​​ ovvero quegli a. ricchi di significato pedagogico (tra cui risaltano le biblioteche, i musei, i teatri, gli archivi, ecc.), che abbisognano di tutela e valorizzazione; i​​ beni mediali,​​ quindi tutti gli a. in cui prevalgono i linguaggi massmediatici (cineteche, fonoteche, mediateche).

5.​​ L’a. educativo e la sua pedagogia.​​ L’a. implica oggi la «responsabilità» dell’uomo che lo abita e quella dei sistemi sociali complessi che lo gestiscono. Se a livello individuale si è evoluta non poco la coscienza ecologica dei singoli, sul piano collettivo l’a. rimane ancora una sorta di immensa zona franca di grande contenitore da riempire, di terra di nessuno dove poter inquinare senza essere perseguiti da una legislazione, peraltro incompleta e permissiva. La pedagogia e le scienze dell’educazione hanno il compito di contribuire a chiarire l’importanza formativa dell’a. per un​​ uomo umano.​​ Inoltre, esse possono maturare una consona teoria degli a. educativi che, muovendo dalla nozione di​​ spazio pedagogico,​​ sappia riconsiderare la casa, la scuola e l’extrascuola come i luoghi in cui viene costruendosi la formazione personale e comunitaria. La​​ città​​ può essere allora considerata come la più significativa estrinsecazione del concetto di a., dal cui dimensionarsi pedagogico dipende il conformarsi della «città educante». L’​​ ​​ educazione ambientale si schiude, così, all’​​ ​​ educazione sociopolitica oltre che alle politiche dell’a. La questione ambientale pone, quindi, a tema​​ la vita della vita,​​ l’ecologia dello sviluppo umano,​​ il nesso tra​​ umanesimo e urbanesimo,​​ i progetti per l’educazione ambientale. È nel segno distintivo dell’umano che tali prospettazioni vanno affrontate, affinché l’a. sia una costante positiva della formazione.

Bibliografia

Spranger E.,​​ A. e cultura,​​ Roma, Armando, 1959; Flores d’Arcais G.,​​ L’a.,​​ Brescia, La Scuola, 1962; Lewin K.,​​ Il​​ bambino nell’a. sociale,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1963; Clausse A.,​​ Teoria dello studio di a., Ibid., 1964; Debesse Arviset M. L.,​​ A. ecologico e didattica,​​ Brescia, La Scuola, 1977; Norberg Schulz Ch.,​​ Genius loci. Paesaggio,​​ a.,​​ architettura,​​ Milano, Electa, 1979; Giolitto P.,​​ Educazione ecologica,​​ Roma, Armando, 1983; Gennari M.,​​ Pedagogia degli a. educativi,​​ Ibid., 1988; Id.,​​ Semantica della città e educazione,​​ Venezia, Marsilio, 1995, Id.,​​ Filosofia della formazione dell’uomo, Milano, Bompiani, 2001.

M. Gennari

AMERICA DEL NORD:​​ sistemi educativi

Pur comprendendo l’A.d.N. sia gli Stati Uniti sia il Canada, l’attenzione sarà focalizzata principalmente sul primo Paese a motivo del loro ruolo di superpotenza, mentre il secondo verrà trattato dove aggiunge specificità importanti.

1.​​ L’evoluzione.​​ Negli Stati Uniti può essere suddivisa in tre periodi. Il primo, quello​​ coloniale​​ (1607-1787), è stato influenzato dalla cultura europea, in particolare inglese. Le scuole ebbero inizio nella colonia del Massachusetts, dove era preminente lo studio del latino. Il migliore esempio è la​​ Latin Grammar School​​ (liceo umanistico) di Boston (1635). Il periodo​​ nazionale​​ (1787-1890) vide inizialmente la nascita e lo sviluppo dell’American Academy​​ (accademia americana) che, operante a livello locale o regionale e nella maggior parte dei casi privata, ha garantito al Paese, ancora scarsamente colonizzato, una istruzione secondaria, offrendo un programma di studi ampio e persino troppo ambizioso. Con la fine della Guerra Civile le accademie sono entrate in crisi perché erano istituzioni rurali, mentre ormai negli Stati Uniti si stava avviando un notevole sviluppo industriale, accompagnato dalla crescita dei centri urbani. La​​ High School​​ (scuola secondaria superiore), che ha sostituito l’accademia, era invece un’istituzione cittadina. Fondata per la prima volta a Boston (1821), in origine aveva come scopo quello di soddisfare i bisogni dei ragazzi che non avrebbero frequentato l’università. Durante il periodo nazionale, l’istruzione superiore (colleges​​ ed università) ha registrato una forte crescita. Tuttavia, per la maggior parte del XIX sec., i​​ colleges​​ si sono limitati a offrire il 1° ciclo di studi. Anche la Costituzione federale ha esercitato un influsso rilevante sull’istruzione. Per es., sancendo la separazione tra Chiesa e Stato, ha contribuito a creare un sistema di istruzione totalmente privato che non riceve finanziamenti pubblici. Nel XX sec. si è assistito in tutti gli Stati Uniti ad una espansione incredibile della scolarizzazione, dovuta tra l’altro alla ricaduta sull’istruzione delle trasformazioni del sistema socio-economico. Inoltre, nel 1954 con una importante sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti (Brown v. Kansas)​​ è stata vietata la segregazione razziale nelle scuole pubbliche. Ciò ha messo fine alla prassi, durata un secolo, di educare i giovani afro-americani in «strutture separate, ma uguali». La prima metà del XX sec. ha visto l’emergere di educatori che hanno lasciato un’impronta indelebile nell’istruzione. Lo sviluppo più controverso e di vasta portata è stato il movimento delle «scuole progressive» di cui​​ ​​ Dewey fu il principale teorico. Diversamente dagli Stati Uniti che hanno puntato sull’assimilazione culturale, il​​ Canada​​ si è caratterizzato per il multiculturalismo, per una struttura a mosaico e la coesistenza non solo delle culture dominanti inglese e francese, ma anche di diversi gruppi etnici. Dal sec. XVII l’obiettivo fondamentale è stato l’adattamento e la collaborazione tra le varie comunità che ha portato al bilinguismo e alla eliminazione delle discriminazioni anche degli altri gruppi. Inoltre, si è registrato il passaggio da colonia dipendente dell’impero britannico (come gli Stati Uniti) a Paese indipendente però entro il Commonwealth (diversamente dagli Stati Uniti).

2.​​ I sistemi attuali.​​ Durante le ultime due decadi si è realizzata anche negli Stati Uniti e nel Canada la transizione verso la società della conoscenza. Negli Stati Uniti all’inizio degli anni ‘80 una serie di rapporti ha sottoposto ad un esame accurato il sistema di istruzione, denunciando un abbassamento preoccupante della qualità. Nonostante il cammino percorso in positivo, la situazione nella decade 90 presentava diversi aspetti problematici; di conseguenza nel 1994 il governo Clinton ha varato un suo programma nel campo dell’istruzione Non si può negare che gli interventi adottati abbiano esercitato un impatto positivo; tuttavia, essi sono lontani dal pieno conseguimento delle mete proposte. Il programma del presidente Bush mira anch’esso ad elevare l’efficienza e l’efficacia del sistema, puntando in particolare a rafforzare la libertà di scelta tra le scuole mediante l’attribuzione alle famiglie di un buono da spendere per l’educazione dei figli anche in istituti privati. Quanto al Canada va sottolineato il balzo in avanti nella percentuale del gruppo di età 25-34 anni che possiede un titolo post-secondario dal 49% del 1991 al 61% del 2001, anche se nel 2001 ben il 29% della popolazione con 25 anni o più non aveva completato al secondaria superiore (Education in Canada: raising the standard, 2003). Negli Stati Uniti e nel Canada esiste il più ampio decentramento, anche se recentemente nei due Paesi si è assistito a una crescita del ruolo del governo federale. I singoli Stati (o province autonome) sono responsabili dell’istruzione e, a loro volta, delegano questa responsabilità alle comunità locali. Occorre notare che a causa della decentralizzazione delle scuole non c’è uniformità nell’organizzazione scolastica o nel curricolo. Anche le scuole private godono dell’autonomia operativa. Negli Stati Uniti la percentuale dei loro iscritti varia dal 35% della pre-primaria, al 12% della primaria, al 10% della secondaria e nel Canada le cifre sono rispettivamente il 5%, il 4% e il 6% (Rapporto mondiale sull’educazione 2000). Per quanto riguarda la struttura del sistema degli Stati Uniti, la sequenza elementare-media-superiore (elementary-middle school-high school)​​ è di dodici anni. In Canada l’organizzazione tradizionale prevedeva 8 anni per la primaria e 4 per la secondaria. In quasi tutte le province è stata però introdotta la scuola intermedia che comprende le classi 7-9. Flessibilità dei piani di studio mediante discipline opzionali, promozione per materia, valutazione continua sono elementi comuni. In entrambi i Paesi sono diffusi i​​ junior​​ o​​ community colleges​​ (istituti post-secondari o di istruzione superiore) di due anni che offrono una formazione professionale con un’apertura alle materie umanistiche. Dopo i due anni molti studenti si trasferiscono all’università. L’ammissione all’università varia: alcune istituzioni richiedono solo un diploma di secondaria superiore; altre esigono anche un punteggio soddisfacente in un test di profitto amministrato su base nazionale. Complessivamente la percentuale delle iscrizioni all’istruzione terziaria raggiunge l’80.9% negli Stati Uniti e l’87,3% nel Canada (Ibid.).

Bibliografia

Cremin L. A.,​​ American education,​​ New York, Harper & Row, 1980; Cupparoni A., «Canada», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica,​​ vol. I, Brescia, La Scuola, 1989, 423-428;​​ Rapporto mondiale sull’educazione 2000, Roma, Unesco / Armando, 2000;​​ Education in Canada: Raising the standard, Ottawa, Ministry of Industry, 2003; Malizia G., «Stati Uniti», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica.​​ Appendice A-Z, Brescia, La Scuola, 2003, 28-31; Abernathy S.,​​ No child left behind and the public school, Ann Arbor, University of Michigan Press, 2007; Sherman J. D. - J. M. Poirier,​​ Education equity and public policy, Montreal, UIS, 2007.

M. Ribotta - G. Malizia

AMERICA LATINA:​​ sistemi formativi

La diffusione universale del​​ ​​ sistema formativo è stata ritenuta un assioma e la scolarizzazione della gioventù una meta indeclinabile, cosa che porta ad assumere il sistema formativo come una​​ variabile indipendente.​​ La sua genesi ed il suo consolidamento riconducono alla Rivoluzione industriale, convergenza di cambiamenti radicali nella dimensione​​ produttiva​​ (macchina a vapore), in quella​​ politica​​ (Rivoluzione francese) e​​ scientifica​​ (scienza empirica) che portano ad un modello di​​ società urbano-industriale,​​ la cui complessità fa nascere l’esigenza di un sistema formativo. L’educazione scolastica da​​ privilegio​​ diventa​​ diritto universale​​ che deve preparare e condurre gli individui alla partecipazione sociale (democrazia). L’iter del cambio sociale in Occidente e le sue tappe di modernità e post-modernità non sono universali.

1. La​​ storia​​ dell’A.L. ha comportato un cammino di 500 anni non solo di sviluppo della​​ ​​ cultura, ma anche di acculturazione imposta dall’alto e dall’esterno, a cui la​​ ​​ Chiesa ha contribuito in positivo e in negativo creando un’immensa rete di scuole per la popolazione indigena, università e seminari per le classi dirigenti della colonia. L’indipendenza dell’A.L. nelle due prime decadi del sec. XIX (quella dei Caraibi inglesi è del 1960 ca.) fa sì che i nuovi poteri politici contestino alla Chiesa il monopolio educativo; questo di fatto perdurerà fino all’arrivo con ritardo della Rivoluzione industriale in A.L. a metà del sec. XX, quando comincia veramente la trasformazione rurale-urbana che impone l’espansione del capitalismo industriale dell’immediato dopoguerra. Come risposta positiva all’effervescenza sociale in A.L. ma anche per scongiurare il pericolo di rivoluzioni come quella di Cuba, nel 1961 è stata stretta l’Alleanza per il Progresso tra USA e A.L., che entrò nel​​ modello di sviluppo​​ occidentale con propri fini di trasformazione socio-economica.

2.​​ L’educazione per lo​​ ​​ sviluppo​​ si tradusse nell’espansione, nel consolidamento e nella modernizzazione del fino allora incipiente sistema formativo, processo che si può collocare negli ultimi cinquanta anni. Esistono dei parametri che bisogna assumere come riferimento per analizzare i sistemi scolastici in A.L. Nel 1950 il 60% della popolazione era rurale; questo dato e il tasso di analfabetismo globale del 50% (quello rurale era del 64% ) denota antecedenti di scolarizzazione molto scarsa e forte discriminazione territoriale. In seguito avvengono grossi cambiamenti: nel 1950 / 75 la popolazione ha registrato la maggiore crescita del mondo, raddoppiandosi, e la percentuale urbana è passata al 60% ed è arrivata intorno ai tre quarti nel 2000. Gli indici decrescenti di analfabetismo rivelano grandi sforzi per sviluppare la scolarità di base soprattutto nelle zone rurali: nel 1970 il tasso di analfabetismo è del 28%; nel 1980 del 20%; nel 1990 del 15% e nel 2000 del 12% (Rapporto mondiale sull’educazione 2000, 2000). L’espansione scolastica in questo periodo si accompagna ad una percentuale molto elevata di abbandoni nei primi anni di scolarizzazione, sistemi e curricoli inadeguati per la popolazione alla quale sono destinati, organizzazione e amministrazione carenti, condizione sfavorevole nelle zone rurali e suburbane. Per questo l’intera regione assunse allora il​​ Proyecto Principal de Educación​​ (PPE), che aveva tra i suoi obiettivi quello di offrire una educazione generale minima dagli otto ai dieci anni e proporsi come scopo quello di incorporare nel sistema formativo tutti i ragazzi in età scolastica prima del 1999 e di adottare una politica utile ad eliminare l’analfabetismo prima della fine del secolo oltre che dedicare investimenti gradualmente maggiori alla educazione. Il PPE diviene il principale catalizzatore dell’educazione a partire dal 1980. Gli investimenti reali, tuttavia, sono molto lontani dalle mete e troppo inferiori a quanto si investe in educazione nel mondo sviluppato.

3. Dal 1960 in poi i dati della scolarizzazione in tutti i livelli del sistema formativo mostrano la grande trasformazione educativa della regione nelle ultime decadi. I dati evidenziano un livello prescolastico ancora insoddisfacente con un tasso di scolarizzazione che va dal 33% della Colombia al 98% del Cile con la maggioranza dei Paesi che si collocano intorno al 50% (Ibid.). Nella scuola primaria è chiara la tendenza alla copertura totale della domanda potenziale; l’educazione secondaria cresce più di sette volte rivelando dinamiche di scolarizzazione di massa. L’istruzione superiore presenta la maggior crescita relativa del sistema formativo, quindici volte, cosicché il tasso raggiunge la quinta parte della domanda potenziale; rimane tuttavia il carattere elitario della educazione superiore.

4. Le disparità evidenziate dai dati globali diventano enormi per effetto di fattori strutturali, come le notevoli discontinuità rurali-urbane nella maggior parte dei Paesi; le molteplici etnie indigene con lingue proprie e maggioritarie in varie nazioni; i ritmi diversi di modernizzazione in senso urbano-industriale; il fatto che, fino al PPE, l’espansione del sistema formativo raramente è stato il risultato di previsioni e azioni politiche; inoltre, il controllo esercitato dai sottosistemi privati sulla crescita dei livelli secondario e superiore, ha prodotto la segmentazione dei sistemi educativi in favore delle classi medio-alte a discapito della promozione dei gruppi popolari maggioritari, cosa che spiega la maggiore crescita nei livelli citati del controllo per l’accesso. Così il sistema formativo presenta tratti di «macrocefalia» ed è assoggettato agli interessi privati con tutti i loro poteri. I gruppi rurali e suburbani non sono rimasti emarginati, ma piuttosto confinati, e le culture indigene sono state soppiantate dall’imposizione di lingue che esprimono la cultura occidentale (urbano-industriale) dominante. In questo quadro rientrano indici elevati di mortalità scolastica, ripetenze, impossibilità di promozione universitaria, emarginazione culturale.

5. L’espansione del sistema formativo e la meta del PPE di generalizzare nove anni di educazione di base si è raggiunta in buona parte per il 1999, ma non è stato lo stesso per gli obiettivi di promozione sociale: l’immagine dell’educazione come canale di mobilità sociale sta piuttosto producendo frustrazioni. Inoltre l’aumento costante della distanza tra ricchi e poveri, oltre al permanere della condizione di sottosviluppo in A.L., dimostrano che il sistema formativo è la variabile meno indipendente, una delle più condizionate dal sottosviluppo. Tra l’altro, gli obiettivi del sistema formativo in A.L. appaiono sempre più superati dalla produzione di conoscenze nel mondo, tanto che esse appaiono irraggiungibili. Questo insieme di successi e frustrazioni esige delle analisi reali e profonde in vista del dilemma che bisogna porsi:​​ Occidentalizzazione del mondo,​​ o educazione per A.L. e Caraibi?

Bibliografia

Unesco,​​ Reflexiones y sugerencias relativas al Proyecto principal de educación en A.L. y el Caribe,​​ 1981 / Promedlac / 3; Unesco-Cepal,​​ Evolución cuantitativa de los sistemas educativos de A.L. y el Caribe-Análisis estadístico,​​ 1987 / Minedlac / 2; Unesco-Oreal,​​ Situación educativa en A.L.​​ y​​ el Caribe 1980-1990,​​ Santiago, 1992;​​ Rapporto mondiale sull’educazione 2000, Roma, Unesco / Armando, 2000;​​ Oferta e procura de professores na A.L. e no Caribe: garantindo uma educação de qualidade para todos; UIS perfil regional, Brasilia,​​ Unesco, 2006;​​ Panorama regional: A.L. y Caribe, Paris, Unesco, 2006;​​ Blanco R. et al.,​​ Educação de qualidade para todos: um assunto de direitos humanos, Brasilia, Unesco, 2007.

J. Rodríguez - G.Malizia