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PERSONALISMO PEDAGOGICO

 

PERSONALISMO PEDAGOGICO

Indirizzo di pensiero in cui, sulla scorta della concezione dell’​​ ​​ uomo come soggetto libero, responsabile dei suoi atti, aperto agli altri, orientato al vero e proteso al bene, si configura l’educazione quale opera promozionale della​​ ​​ persona, considerata nella totalità delle sue funzioni, nella concretezza dei suoi processi evolutivi e nella fattualità del suo radicamento sociale.

1.​​ Storia e identità del p.​​ Come fenomeno storico e culturale il p. nasce in Francia, con​​ ​​ Mounier e la rivista «Esprit», da lui fondata nell’ottobre del 1932, insieme ad alcuni amici intellettuali di varia provenienza ideologica. Siamo in un periodo di diffuse inquietudini etico-politiche connesse all’affermazione dei totalitarismi di destra (in Italia, in Germania, in Spagna) e al consolidamento della dittatura sovietica. Nel riflettere sulla vicenda del p.,​​ ​​ Stefanini, pur non escludendone origini risalenti addirittura alla filosofia greca, là dove, come per i​​ ​​ Sofisti e​​ ​​ Socrate, si registra, nonostante il persistente «intellettualismo», l’«inclinazione» a ricondurre il pensiero-parola alla sua fonte personale, osserva che il terreno proprio in cui si pongono i semi per lo sviluppo di quest’indirizzo è, nella scia dell’orizzonte antropo-teologico dischiuso dall’ebraismo, il cristianesimo. Sempre per lo Stefanini, il p. costituisce il​​ deus absconditus​​ che agita in profondità tutto il pensiero moderno, senza riuscire veramente, salvo qualche caso (ad es., Pascal, Kierkegaard, Jacobi, Schiller, Schleiermacher, Maine de Biran, Gioberti,​​ ​​ Rosmini), a emergere in superficie. Dal razionalismo cartesiano all’empirismo, dal panlogicismo immanentistico hegeliano al materialismo storicistico marx-engelsiano si snoda un itinerario speculativo in cui la persona, sia pure per ragioni diverse, stenta ad essere riconosciuta nelle sue costitutive dimensioni di singolarità, profondità, libertà e trascendenza. È comunque tra Otto e Novecento, specialmente per merito degli spiritualisti francesi (si pensi a E. Boutroux, H. Bergson, M. Blondel,​​ ​​ Laberthonnière), che si delineano prospettive di pensiero in varia misura anticipatrici del vero e proprio p. L’attribuzione di questa denominazione a un sistema filosofico si deve, per primo, a Ch. Renouvier, il quale, nell’opera​​ Le personnalisme,​​ del 1903, presentava la dottrina della personalità come l’ultima definizione del suo criticismo. In realtà, Laberthonnière probabilmente già dal 1894 aveva redatto un​​ Esquisse du système personnaliste,​​ che a causa di sospetti di natura dottrinale fu pubblicato postumo, nel 1942. Particolari espressioni del p. si ebbero, all’inizio del Novecento, negli Stati Uniti, ad opera di studiosi come B. P. Bowne, W. E. Hocking, intenti a una revisione dell’astratta dialettica idealistica, al fine di riscattare, in alcuni casi secondo un’ottica cristiana, la concretezza del principio individuale-personale. Nel 1919 fu anche promossa la rivista​​ The Personalist.​​ Il p. di Mounier, debitore, per quanto concerne i contemporanei, di vari influssi (da Bergson a Blondel, da Scheler a Marcel, da Berdjaev a Le Senne), intendeva essere «filosofia», ma non «sistema». Avverso a ogni forma d’ideologia, esso si proponeva come pensiero aperto, dinamico, critico, disponibile al confronto, orientato al cambiamento. Il «progetto» mounieriano si dispiegava in un disegno di ampio respiro che, muovendo dal riconoscimento della centralità della persona, investigata nelle sue fondamentali dimensioni d’«incarnazione», di «comunicazione» e di «vocazione», prefigurava, contro il «disordine stabilito» del XX sec. e le «derive» sia del capitalismo sia dei totalitarismi, un modello di organizzazione socio-politica di forte impronta «comunitaria». Fede democratica, tensione utopica e carica profetica alimentavano questa prospettiva «rivoluzionaria» orientata alla progressiva edificazione di una «comunità di persone», in cui i diritti di ciascuno andavano armonizzati con gli interessi del bene comune. Il movimento personalistico di «Esprit» manifestò al suo interno diverse tendenze, di cui, sul piano specificamente filosofico, si resero interpreti studiosi come J. Lacroix, P. Landsberg, M. Nédoncelle, P. Ricoeur. Subito dopo la seconda guerra mondiale, il p., che nell’ambito della filosofia socio-politica aveva intanto registrato, fra gli altri, il contributo di Maritain (all’inizio collaboratore della rivista di Mounier), conobbe anche fuori della Francia feconda fioritura. Un discorso a sé merita il p. italiano. Alla stregua di quanto verificatosi per i personalisti americani d’inizio secolo, pure da noi la maturazione del p. si produsse nel confronto con l’idealismo, precisamente nella formulazione attualistica. Se A. Carlini tentò di uscire dall’attualismo attraverso un processo di «esistenzializzazione del trascendentale», sulla scorta dell’esigenza di recuperare la concretezza individuale del soggetto considerato nel suo intrinseco rapporto con l’Assoluto, Stefanini, anch’egli sensibile al fascino spiritualistico della filosofia gentiliana, senza tuttavia acconsentire mai con essa, approdò nella fase matura della sua ricerca a una «metafisica della persona», premessa e fondamento di un programma di «summa​​ personalistica», con sviluppi sui versanti etico, sociale, estetico e pedagogico. Per impulso dello Stefanini e, in seguito, di alcuni suoi allievi (​​ Flores d’Arcais, A. Rigobello, G. Santinello) l’Università di Padova divenne dagli anni cinquanta il maggiore centro d’irradiazione del p. in Italia. Intorno al problema dell’identità del p., le posizioni degli studiosi appaiono diversificate. Già nel 1946 Maritain era indotto a considerarlo non come «una​​ scuola» o «una​​ dottrina», ma piuttosto come un «fenomeno di reazione [...] inevitabilmente molto misto» contro gli opposti errori del totalitarismo e dell’individualismo (La persona e il bene comune,​​ Brescia, Morcelliana, 1963, 8). All’inizio degli anni settanta J. Lacroix, in sostanza, confermava la tesi precedente. Egli infatti reputava il p. non una vera e propria filosofia, né una sorta di orientamento ideologico, bensì un’«anti-ideologia», ovverossia un’aspirazione speculativa e un atteggiamento di spiccata rilevanza esistenziale, fortemente connessi con l’attività pratica. Da queste valutazioni dissente però A. Rigobello, il quale, riallacciandosi a una distinzione dello Stefanini, propone intanto una duplice accezione di p. In​​ senso stretto​​ esso designa una filosofia il cui centro teoretico è costituito dall’intuizione originaria della persona, colta nel complesso dei suoi valori e significati essenziali. Ne consegue, come ulteriore compito di ricerca per questo indirizzo, l’approfondimento in chiave fenomenologico-esistenziale di quella primaria intuizione, con costante riguardo ai contesti storico-ambientali di riferimento e alle relative implicanze socio-culturali. In​​ senso ampio​​ il p. indica una posizione speculativa e un complesso di atteggiamenti pratici, morali, sociali, politici contraddistinti dal riconoscimento del primato della persona, che postula il rifiuto di qualsivoglia forma di strumentalizzazione della medesima. Però il quadro teoretico o metafisico in cui la figura dell’essere personale si situa e trova giustificazione va ricercato altrove: per es., nel pensiero scolastico o in indirizzi di vario tenore umanistico o, ancora, nel sistema esistenzialistico. Autori come Mounier e Stefanini appartengono alla prima posizione, altri come Maritain alla seconda. Il Rigobello conviene poi con chi ravvisa nel p., sotto il profilo storico, un «fenomeno di reazione». Ma, a suo giudizio, sul piano speculativo, l’indirizzo in questione risulta riduttivamente interpretato se lo si presenta come semplice «anti-ideologia». Ciò, perché il tema della persona appare di tale pregnanza teoretica da essere, oltre che centrale nella ricerca filosofica, capace anche di porre il problema dell’identità della filosofia stessa.

2.​​ Dal p. filosofico al p.p.​​ Il p.p. trova collocazione storica e culturale in quanto sin qui detto. Anch’esso, come «applicazione» e sviluppo interno della riflessione personalistica, rappresenta un fenomeno tipico del Novecento e, in special modo, del secondo dopoguerra. Anticipazioni se ne possono però reperire nell’intera storia della pedagogia occidentale, precisamente là dove l’educazione è concepita come opera promozionale di un soggetto libero, responsabile delle proprie azioni, fonte di dignità incoercibile, teso alla ricerca della verità e del bene. Da Socrate ad​​ ​​ Agostino, da​​ ​​ Tommaso d’Aquino a​​ ​​ Vittorino da Feltre ed​​ ​​ Erasmo da Rotterdam, da​​ ​​ Comenio e​​ ​​ Pestalozzi agli spiritualisti del Risorgimento (Gioberti, Rosmini,​​ ​​ Lambruschini,​​ ​​ Capponi, Tommaseo) si presenta una galleria di autori, i quali, pur nella varietà degli indirizzi, convergono intorno alla prospettiva pedagogica sopra indicata. A motivo di ciò possiamo allora parlare di una sorta di p.p.​​ perennis​​ che si snoda dall’antichità al Novecento, emergendo però in questo secolo con espressioni di particolare consistenza. Circa il problema dell’identità di tale indirizzo, conviene ricordare un’annotazione dello Stefanini. Egli denominava personalistica «una pedagogia la quale s’accentri sul concetto di persona e la persona umana definisca come una sostanza spirituale, razionale, singolare, libera, responsabile, incarnata, mondanizzata» (Il p.p.,​​ in «La Scuola e l’Uomo», 1957, 3, 3). Senza negare a questa definizione il pregio della chiarezza, è però opportuno avere presente l’invito di A.​​ ​​ Agazzi a non attribuire al p.p. un significato troppo limitativo, tale cioè da ridurne l’estensione alla sola pedagogia cattolica o addirittura alla sua corrente «spiritualistica». Questo, perché, anche in prospettive antropologico-pedagogiche «laiche», quando s’introducono, seppur in maniera più o meno surrettizia, riferimenti tipici della dimensione spirituale dell’uomo, si finisce, volenti o nolenti, con l’accedere alle tesi degli spiritualisti / personalisti. Alla luce di simili osservazioni, sembra allora plausibile tenere viva la distinzione tra p.p.​​ in senso stretto​​ e​​ in senso ampio.​​ Il primo concerne pedagogie che, sulla scorta di antropologie in grado di fornire un’interpretazione realisticamente adeguata dell’uomo, reputano l’educando come persona da promuovere nell’armonica integralità del suo essere bio-psichico, sociale, spirituale, nonché nella pienezza della vocazione storica e metatemporale; il secondo riguarda indirizzi educativi che, sebbene tributari di visioni antropologiche per qualche aspetto carenti, risultano nondimeno attenti ai principali bisogni di crescita del soggetto e alla tutela del medesimo rispetto a qualsiasi manipolazione di carattere ideologico, politico, tecnocratico. Limitatamente al Novecento, nell’una o nell’altra categoria vanno iscritti numerosi pedagogisti o comunque studiosi dei problemi dell’educazione. Citiamo, per es., i nomi di Laberthonnière,​​ ​​ Montessori,​​ ​​ Spranger,​​ ​​ Förster,​​ ​​ Dévaud,​​ ​​ Willmann, Schneider,​​ ​​ Guardini, Meylan,​​ ​​ Freire. Anche in Mounier, il capitolo relativo ai problemi educativi e scolastici assume notevole rilievo. L’educazione vi appare come processo teso ad autenticare la vocazione personale nel contesto di una specifica appartenenza comunitaria. Persona e comunità risultano i due poli indissolubili di un «progetto educativo» in cui la promozione della libertà, dell’intelligenza, della volontà, dello spirito dialogico, del senso di responsabilità prende forma entro una prospettiva di realistica attenzione all’incidenza dei vincoli posti al singolo dalla dimensione bio-psichica e dall’ambiente. Sul versante istituzionale e scolastico il disegno si configura poi secondo una proposta di scuola aperta alla totalità dei bisogni formativi dell’alunno, pluralistica, laica e partecipata. Con Mounier l’altro autore, anch’egli non pedagogista di professione, che contribuì al progressivo delinearsi del p.p. contemporaneo fu Maritain. Nell’orizzonte di un’antropologia incisivamente espressa con la formula dell’«umanesimo integrale», il pensatore neo-tomista andò suggerendo un modello educativo avente come fine lo sviluppo del soggetto secondo un’articolazione armonica di tutte le sue dimensioni (spirito e corpo, intelligenza e sentimento, amore e volontà, libertà e grazia). In àmbito scolastico, il progetto si condensava nell’idea dell’«educazione liberale per tutti», attenta non solo ai valori delle culture classica e scientifica, ma anche alle istanze della preparazione pratico-professionale, nonché nella sottolineatura dell’urgenza dell’insegnamento della «carta democratica». Mounier e forse ancor più Maritain incisero sullo sviluppo del p.p. tanto in Europa quanto in America. Eco notevole del loro contributo si ebbe pure in Italia dopo la fine della seconda guerra mondiale. Da noi però fu sempre lo Stefanini ad assumere un ruolo di spicco per la crescita di un movimento pedagogico di marca personalistica. Nella riflessione a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta egli giungeva a prospettare l’idea di educazione come «maieutica della persona». Da lì traeva sviluppo un’ampia prospettiva di «personalizzazione» dei processi, delle istituzioni (in ispecie la scuola) e dei contesti educativi, in cui si fondevano equilibratamente motivi d’ispirazione pedagogico-cristiana, istanze della migliore tradizione umanistica, suggerimenti della lezione attivistica. Tutto ciò in un quadro interpretativo e prospettico dei rapporti tra persona e società espresso con la formula del «socialitarismo personalistico». Insieme con altri colleghi (​​ Casotti, Calò, Agazzi,​​ ​​ Nosengo), lo Stefanini, nel 1954, fu all’origine di​​ Scholé,​​ il Centro di Studi Pedagogici fra i docenti universitari cristiani, promosso con il sostegno dell’Editrice La Scuola di Brescia. Esso divenne l’ambito dove i pedagogisti cattolici andarono via via approfondendo fondamenti e orientamenti di una pedagogia che, per quanto modulata secondo differenti sensibilità teoriche (dal neo-tomismo al realismo, dallo spiritualismo rosminiano al p.), intendeva proporsi con coerenza rispetto all’idea di persona, unanimemente considerata come principio ispiratore di ogni programma di educazione. Tra i partecipanti della prima ora, oltre ai citati promotori, ricordiamo gli italiani Agosti, Baroni, Bongioanni, Braido, Catalfamo,​​ ​​ Corallo, Gianola,​​ ​​ Laeng, Peretti, Petrini, Petruzzellis, Santomauro, Zavalloni e gli stranieri Barbey,​​ ​​ Buyse, García Hoz, Muñoz Alonso, Planchard.

3.​​ Recenti riflessioni sul p.p.​​ All’inizio degli anni settanta il problema dell’identità del p.p. riemerse con un certo vigore in Italia. Ne furono principali protagonisti G. Catalfamo e M. Peretti. Il primo, fautore di un «p. senza dogmi», maturato sulla scorta di una revisione «critica» della pedagogia cattolico-personalistica, a suo giudizio incapace di esprimere sino in fondo le istanze problematiche e storico-progettuali proprie di una visione «aperta» dell’educazione; il secondo, propugnatore di un «p. senza equivoci», rigorosamente fondato sul piano metafisico e ancorato all’universo dei «perenni» princì­pi / valori cristiani, anche se sensibile alle necessarie mediazioni / innovazioni storico-culturali, di cui deve rendersi interprete ogni proposta educativa. L’esito del dibattito valse a confermare per lo stesso settore pedagogico la compresenza di una pluralità d’indirizzi personalistici, la cui obiettiva diversificazione sul piano dei presupposti teoretici non pregiudicava, ad ogni buon conto, la convergenza intorno al concetto centrale dell’educazione come processo pienamente promozionale della persona. Negli ultimi tempi, l’interesse per il p. è andato crescendo. P. Ricoeur ha però messo in guardia dal rischio di dare vita a una sorta di «archeologia personalistica», perché, a suo dire, «il p. è più davanti a noi che dietro» (cit. da A. Danese,​​ Prospettive neopersonaliste,​​ in «Prospettiva Persona» [1992] 1-2, 5). L’osservazione si applica anche a quello pedagogico. Pure in questo settore occorre non tanto «ripetere» quanto piuttosto «svolgere» creativamente e con adeguatezza storica il «messaggio» di un’esperienza culturale ricca di elaborazioni teoriche e di proposte operative. Solo così il p.p. può disporsi ad affrontare con credibilità le impegnative sollecitazioni dell’attuale temperie di pensiero postmoderno e a misurarsi in modo efficace con le «sfide» educative poste dalla società «complessa», mass-mediale e multietnica. Vanno in questa direzione le recenti prese di posizione a favore di una prospettiva «neo-personalistica», rispetto alla cui elaborazione è anche da registrare un promettente avvio di dialogo tra pedagogisti d’ispirazione cristiana e di orientamento laico. La ricorrenza del centenario della nascita di Mounier (1905-2005), celebrata anche in Italia con particolare risalto, è stata occasione di ripresa della questione personalistica in tutta la sua estensione, compresi, quindi, gli aspetti pedagogici e educativi. Quanto a questi ultimi si può dire che dalle riflessioni emerse in tale circostanza si è avuta conferma della validità di un p. «aperto» e «dialogico», capace, pertanto, di misurarsi senza prevenzioni con i problemi posti all’educazione dall’odierna società globalizzata, multietnica e tecnologico-informatica.

Bibliografia

per il paragrafo 1: Rigobello A. (Ed.),​​ Il p.,​​ Roma, Città Nuova, 1975;​​ Ricoeur P.,​​ Meurt le personnalisme,​​ revient la personne...​​ in «Esprit»​​ (1983) 1. 113-119; Nepi P., «Persona, personalità, p.», in A. Rigobello (Ed.),​​ Lessico della persona umana,​​ Roma, Studium, 1986, 177-210; Id., «Il p. e la crisi della soggettività», in A. Rigobello (Ed.),​​ Soggetto e persona. Ricerche sull’autenticità dell’esperienza morale,​​ Roma, Anicia, 1988; Pavan A. - A. Milano (Edd.),​​ Persona e personalismi,​​ Milano / Napoli, Dehoniane, 1987; Melchiorre V. (Ed.),​​ L’idea di persona, Milano, Vita e Pensiero, 1996. Per i paragrafi 2 e 3: Catalfamo G.,​​ I fondamenti del p.p.,​​ Roma, Armando, 1966; Peretti M.,​​ Breve saggio di una pedagogia personalistica,​​ Brescia, La Scuola, 1978; Manno M.,​​ Nuove ricerche sul p.,​​ Ibid., 1982; Macchietti S. S. (Ed.),​​ Pedagogia del p. italiano,​​ Roma, Città Nuova, 1982; Guardini R.,​​ Persona e libertà​​ (trad. dal ted.), Brescia, La Scuola, 1987; Flores d’Arcais G.,​​ Le «ragioni» di una teoria personalistica dell’educazione,​​ Ibid., 1987; Galino Á. - J. M. Prellezo - Á.​​ Del Valle,​​ Personalización educativa. Génesis y estado actual, Madrid, Rialp,​​ 1991; Musaio M.,​​ Il p.p. italiano nel secondo Novecento, Milano, Vita e Pensiero, 2001; Chiosso G.,​​ Profilo storico della pedagogia cristiana in Italia (XIX e XX sec.),​​ Brescia, La Scuola, 2001; Toso M. - Z. Formella - A. Danese (Edd.),​​ Emmanuel Mounier. Persona e umanesimo relazionale nel centenario della nascita (1905-2005),​​ 2 voll., Roma, LAS, 2005-2006.

L. Caimi