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RISORSE EDUCATIVE

 

RISORSE EDUCATIVE

Per r.e. si può intendere un mezzo, una competenza esperta o anche un oggetto concreto nei quali sono contenute esperienze, conoscenze e / o informazioni ritenute importanti per affrontare situazioni e risolvere i problemi di tipo educativo. Le r.e. sono comunque tali quando si rivelano esplicitamente finalizzate e utilizzabili per un singolo o gruppo (di giovani ed adulti), in situazione apprenditiva o formativa.

1.​​ Accesso e utilizzo delle r.e.​​ Le r.e. possono essere prodotte e disponibili nei sistemi formativi e culturali istituzionali (come la scuola, i musei, le biblioteche, le ludoteche, i centri locali di r.) o negli ambienti educativi formali (come la famiglia), oppure ancora nei contesti non formali e informali (come la comunità locale, l’associazionismo, il privato sociale, i mezzi di comunicazione sociale…). Esse possono essere fruite oggi sia in presenza, a livello prossimale o territoriale, sia essere rese accessibili a distanza (in forma digitale). L’insieme delle varie agenzie educative presenti a livello locale possono esercitare iniziative congiunte a finalità formativa, elaborando, condividendo e diffondendo r.e., in una logica di rete, di integrazione e di sussidiarietà. Chi decide sull’interesse e il valore di una r.e.? Nel caso ad es. di una scuola, è generalmente un gruppo di adulti impegnati in ruoli formativi (come gli insegnanti), ad assumersi la responsabilità della loro scelta. Il criterio sul quale si decide tale attribuzione è la rilevanza educativa riconosciuta ad uno specifico oggetto o esperienza. Il valore d’importanza attribuito ad una r. è, dunque, un giudizio basato su un ruolo sociale determinato. Ad es., quando i docenti di una classe decidono di dotare la classe di una piccola biblioteca scegliendo quali libri inserire, tale decisione è basata da un lato sulla posizione sociale dell’insegnante, dall’altro sulla competenza a lui riconosciuta. Si prenda in considerazione un altro esempio più complesso. Ad un gruppo di docenti di una rete di scuole si offre la possibilità di partecipare ad un progetto di​​ ricerca-azione​​ per lo​​ studio e l’implementazione di metodologie didattiche attive. I docenti progettano le attività didattiche con lo scopo di proporle alle classi. I docenti possono ricevere due​​ servizi formativi:​​ assistenza alla progettazione delle attività; valutazione e raccolta di evidenze sulla base delle quali valutare l’efficacia degli interventi didattici. Il progetto di ricerca-azione è informato da un’idea di «pedagogia orientata alle r.». In questo caso, le r. fornite sono di due tipologie:​​ r. per la progettazione,​​ r. per la verifica.​​ Le prime consistono nella presentazione di modelli di attività didattiche e nella consulenza ai fini di un adattamento ai contenuti disciplinari e al contesto classe. Le seconde sono modalità di valutazione e analisi dei risultati ottenuti dagli studenti. In questa prospettiva, la ricerca-azione è stata interpretata come un’opportunità mediante la quale favorire l’accesso, da parte dei docenti, a specifiche​​ r. professionali.

2.​​ R. e contesti educativi nella «società della conoscenza».​​ Con il pieno affermarsi della società della conoscenza e di​​ Internet​​ come luogo di organizzazione spontanea di​​ reti di relazione sociale​​ (social network)​​ e come ambiente nel quale miliardi di informazioni sono reperibili con una certa facilità, il concetto di r. acquisisce una sua autonoma identità. In questa situazione una parte considerevole di interazioni conoscitive si svolge in relazione a​​ r. digitali.​​ Esse hanno un significato direttamente riscontrabile nell’esperienza soggettiva: si sente l’esigenza di reperire e organizzare informazioni ritenute rilevanti in relazione a scopi personali, anche in chiave di auto-formazione. I​​ contenuti​​ delle r. digitali sono molto eterogenei, come ad es. documenti, articoli e libri, messaggi presenti in gruppi di discussione, forum e blog, file audio, video e immagini. Tali oggetti richiamati sono facilmente reperibili, ma non sempre altrettanto significativi sul piano educativo: di qui l’importanza di una mediazione educativa che assicuri un vaglio critico e che attribuisca ad essi un valore d’uso formativo. Le r.e. di tipo digitale sono anche i​​ mezzi tecnologici​​ che permettono di connettere e organizzare le relazioni tra molti soggetti. Queste sono strettamente legate ad una concezione della​​ Rete​​ di tipo collaborativo e costruttivo. Ci si basa soprattutto sulla disponibilità di​​ strumenti on-line​​ che rendono facile la creazione e la condivisione di contenuti (testi, audio, video). L’aspetto della condivisione si situa all’interno del più vasto tema dei​​ social software.​​ Questi aggregano​​ attenzione umana​​ e forniscono la sintassi relazionale per​​ oggettivizzare​​ bisogni fondamentali​​ quali l’appartenenza, l’identità, il riconoscimento reciproco, la realizzazione di sé. È dentro questo campo di elementi che si muove l’esperienza di una parte sempre più consistente di giovani e di adulti, che sono chiamati ad integrare sempre più apprendimenti informali e non formali, elaborando nuove conoscenze, modelli culturali, convinzioni e atteggiamenti. In tale prospettiva appare importante sul piano educativo garantire (attraverso adeguate politiche) non solo un accesso alle r., ma anche un accompagnamento critico (attraverso mediatori educativi specializzati), in grado di sostenere i progetti di sviluppo personale e professionale.

Bibliografia

Sergiovanni T.J.,​​ Costruire comunità nelle scuole, Roma, LAS, 2000; Galliani L.,​​ La scuola in rete, Bari, Laterza, 2004; Rullani E.,​​ Economia della conoscenza, Roma, Carocci, 2004; Bonaiuti G.,​​ E-learning 2.0. Il futuro dell’apprendimento in rete tra formale ed informale, Trento, Erickson, 2006; Frabboni F. - F. Pinto Minerva,​​ Introduzione alla pedagogia generale, Bari, Laterza, 2006.

A. Salatin




RISULTATI SCOLASTICI

 

RISULTATI SCOLASTICI

I r.s. sono esiti complessivi della valutazione degli allievi, utili per definire in maniera globale il livello di acquisizione conseguito dallo studente confrontato con standard e / o attese dei docenti. I r.s. sono valori che stanno acquisendo sempre maggiore importanza, non solo più in un’ottica certificativa ma anche in una prospettiva formativa e sistemica. Da un lato sono infatti utili al docente per monitorare gli effetti delle azioni didattiche pianificate e attuate, dall’altro sono elementi indispensabili per valutare la capacità di un sistema formativo di raggiungere i​​ target​​ quantitativi e qualitativi prospettati dalle politiche scolastiche.

1. La​​ ​​ valutazione dei r.s. per un docente è commisurata alla​​ ​​ programmazione e ne costituisce lo strumento di verifica e di costante adattamento. Per questo deve essere fatta tempestivamente e in modo continuo e deve essere portata, con chiarezza, a conoscenza anche dell’alunno, delle famiglie, dell’organizzazione scolastica e sociale perché ognuno, per la parte che gli spetta, possa collaborare al buon esito degli sforzi concordati e possa impegnarsi in progetti mirati e pertinenti. Gli standard prospettati nella​​ ​​ programmazione devono essere commisurati alla situazione di partenza, alle possibilità e particolarità d’ogni alunno, alle domande di formazione ineludibili e devono essere tali da rispondere ad autentiche esigenze d’uguaglianza.

2. I r.s. hanno subito un processo d’analisi chiarificatore. Da una formulazione sincretica, espressa genericamente in un voto o in una qualifica, ci si è avviati alla redazione di giudizi, profili e rubriche che elencano le dimensioni ritenute culturalmente essenziali per ogni disciplina; si è cercato di individuare le strategie e i ritmi diversi per giungere ai traguardi; e questi sono stati definiti operativamente in modo che se ne avvantaggiasse la comunicazione, la programmazione e la valutazione degli sforzi. Non ci si è interessati solo agli esiti (definiti un tempo in termini di obiettivi da raggiungere, oggi di​​ ​​ competenze) ma si è dato rilievo anche ai processi, si è allargato e approfondito il quadro dei fattori e la loro valutazione. La riflessione sui r.s. richiede necessariamente di interrogarsi sul tipo di cultura che il sistema scolastico intende promuovere ai diversi livelli, sulle competenze irrinunciabili da garantire e sugli strumenti in grado di rilevarle in modo affidabile. Queste scelte informano le inchieste nazionali e comparative sui r.s., i cui esiti tendono ad influenzare la didattica e le prassi valutative dei docenti. Il discorso sui r.s. guadagnerà molto dal riconoscimento della dimensione filosofica di tali problemi, se non indulgerà a prese di posizione riduttivistiche, solo tecniche o efficientistiche.

Bibliografia

Aussanaire M.,​​ Vaincre l’échec scolaire,​​ Bruxelles, De Boeck, 2000; Crahay M.,​​ Peut-on lutter contre l’échec scolaire?,​​ Ibid.,​​ 22003;​​ Postlethwaite T. N.,​​ Monitoring educational achievement,​​ Paris, UNESCO, 2004;​​ Lessard C. - P. Meirieu,​​ L’obligation de résultats en éducation: évolutions,​​ perspectives et enjeux internationaux, Bruxelles,​​ De Boeck, 2005; Baker J. M.,​​ Achievement testing, New York, Lang, 2006.

L. Calonghi - C. Coggi




RITARDO PSICOLOGICO

 

RITARDO PSICOLOGICO

Più comunemente si parla di r. mentale o​​ ​​ r. scolastico con significati specifici dai quali si distingue quello del r.p. da intendere come insufficiente sviluppo nell’apprendimento scolastico, rispetto ai soggetti della stessa età, accompagnato dall’assenza o carenza della motivazione, dall’inadeguatezza nelle capacità cognitive, nella comunicazione, nell’autonomia.

1. Il r.p. così inteso è spesso collegato ai suddetti r. e viene a coincidere con l’insuccesso o disadattamento scolastico (​​ handicap). I soggetti ritardati nell’apprendimento facilmente sono portati a soffrire un r. scolastico, quindi o a ripetere classi, abbandonare la scuola o a essere emarginati dentro la stessa classe. Non raramente si constatano, in essi, una percezione carente e confusa, l’incapacità di concentrazione prolungata, la carenza di interesse, di curiosità, di motivazione, di abilità verbali e di comunicazione, l’impulsività, l’incapacità di astrazione, di organizzazione, di confronto, di interiorizzazione, ecc.

2. Bisogna ricordare che i termini relativi ai diversi tipi di r. sopra menzionati vengono utilizzati con accezioni varie, restrittive o ampie a seconda delle cause ad essi attribuite, congenite o esogene o anche tutte e due. In realtà, il r.p. nell’apprendimento può dipendere da vari fattori: dal deficit d’intelligenza congenito, dalla deprivazione culturale, quindi dall’assenza di una opportuna mediazione, dagli aspetti non cognitivi o dalla combinazione di tutti questi elementi. A ciò andrebbe aggiunto il fattore dell’incapacità della scuola e dell’insufficiente professionalità docente, ossia la mancanza di un’impostazione didattica individualizzante e di un adeguato sistema di valutazione in funzione pedagogica. È ovvia, in questi casi, la conferma della teoria del deficit cumulativo, cioè la tendenza ad aggravarsi del deficit nonostante la scolarizzazione.

3. Un recupero totale del r.p. è difficile, ma può essere possibile se si interviene precocemente. Il concetto di modificabilità cognitiva sostenuto da più studiosi si addice maggiormente ai r. dovuti a cause ambientali. È importante identificare precocemente le funzioni carenti, in modo da fornire gli interventi appropriati nel momento opportuno. Ogni intervento tardivo, sebbene mai inutile, è condannato ad un successo solo parziale. Sono note al riguardo alcune iniziative promosse sia come dépistage precoce (l’esempio francese), sia anche come progetti di educazione compensativa (Compensatory education) soprattutto in area anglosassone a cui si collega l’esperienza prolungata di R. Feuerstein nei confronti dei soggetti socio-culturalmente svantaggiati. Il problema del r. nell’apprendimento va dunque analizzato da vari punti di vista. Per la sua soluzione ha una grande rilevanza l’azione educativo-didattica e di ciò la scuola deve essere consapevole. È necessario rendere effettiva la caratterizzazione democratica della scuola, che è scuola di tutti e di ciascuno, capace di sviluppare le potenzialità di ognuno nella prospettiva di umanizzazione, approntando una didattica per ogni soggetto, offrendo a ciascuno strategie idonee a sviluppare sia le capacità cognitive e comunicative, sia la fiducia in se stesso e l’autonomia. Occorre insegnare come apprendere in modo autonomo: imparare come imparare.

Bibliografia

David H. P. (Ed.),​​ Child mental health in international perspective, New York, Harper & Row, 1972; Gay R.,​​ Dallo svantaggio all’insuccesso,​​ condizionamenti socio-culturali e responsabilità del sistema scolastico, Milano, Fabbri, 1978; Feuerstein R.,​​ The dynamic assessment of retarded performers. The learning potential assessment device,​​ theory,​​ instruments,​​ and techniques, Baltimore, University Park Press, 1979; Passow A. H. - M. Goldberg - A. J. Tannenbaum,​​ L’educazione degli svantaggiati, Milano, Angeli, 1983; Bonansea G. - S. Damnotti - A. Picco,​​ Oltre l’insuccesso scolastico. Analisi e proposte didattiche, Torino, SEI, 1986.

H.-C.A. Chang




RITARDO SCOLASTICO

 

RITARDO SCOLASTICO

Per r.s. si intende il rallentamento nella carriera scolastica ufficialmente stabilita in un sistema d’istruzione e che è scandita dalla progressione dell’età cronologica e dal passaggio da una classe all’altra.

1. Il r.s. si misura in anni ed è dato dallo scarto tra classe effettivamente frequentata e classe che teoricamente dovrebbe essere frequentata. Il r.s. può essere in relazione al r. fisico, intellettuale, affettivo e sociale. Va comunque tenuto presente che i​​ ​​ test d’intelligenza (F. Galton, A. Binet) raccolgono critiche in campo psicopedagogico che invitano a non associare necessariamente il r.s. al r. psicofisico, essendo il primo forma distinta e specifica riferita ai fenomeni di dispersione scolastica (r., ripetenza, interruzione, abbandono, irregolarità, assenza) che implicano la considerazione di fattori causali di natura ambientale e familiare.

2. Le cause del r.s. sono da attribuire anche alla qualità della relazione scuola-famiglia e alle condizioni strutturali dell’insegnamento-apprendimento. Il r.s. manifesta l’azione selettiva della scuola nei confronti dei soggetti che non raggiungono i traguardi formativi programmati per anno, per classe, per ciclo di studio e che quindi vanno incontro all’​​ ​​ insuccesso scolastico. Nel corso del tempo la scuola ha adottato forme di istruzione promozionali e di orientamento più che punitivo-selettive, avviandosi ad una graduale diminuzione della popolazione scolastica in stato di r. nella scuola dell’obbligo. La coscienza civile del diritto all’istruzione ha favorito l’aumento della responsabilità della scuola e della partecipazione della famiglia alla questione educativo-formativa. Ciononostante le ricerche sui​​ drop-out,​​ soprattutto nella scuola media e secondaria, continuano ad evidenziare seri problemi di demotivazione allo studio, di scarsa fiducia nell’istituzione educativa, di mancanza di relazioni significative tra docenti e discenti, di carenza organizzativo-strutturale, di emarginazione sociale. In Italia il r.s. colpisce soprattutto i ragazzi delle classi di passaggio da un livello all’altro di scuola (prima media, primo anno della secondaria), delle aree geografiche del Sud. Dal 27°​​ Rapporto Censis​​ sulla situazione sociale del Paese, 1993, risulta inoltre che la regolarità nei percorsi di studio degli studenti stranieri nel ciclo dell’obbligo è più alta nell’Italia settentrionale.

Bibliografia

Avanzini G.,​​ L’insuccesso a scuola, Napoli, Dehoniane, 1972; Malizia G. - S. Chistolini (Edd.),​​ Drop-out non più. L’abbandono nel biennio a Verona: un’indagine e una sperimentazione, Roma, LAS, 1985; Bucciarelli C. et al.,​​ La dispersione scolastica in Italia in aree di rischio e disagio educativo. Rapporto finale complessivo, Roma, Ministero della P.I. / Istituto della Enciclopedia Italiana, 1990; Chistolini S.,​​ Interventi metodologici per adolescenti poco motivati allo studio, in «Rassegna CNOS» 16 (2000) 1, 48-61.

S. Chistolini




RIVA Silvio

 

RIVA Silvio

n. a Paina (Milano) nel 1913 - m. a Como nel 1994, sacerdote ed educatore religioso italiano.

1. Conseguita l’abilitazione magistrale, insegna religione a Milano nell’Istituto Magistrale «Virgilio» e collabora con​​ ​​ Casotti e​​ ​​ Nosengo nello sperimentare e porre in atto la pedagogia attivistica nell’educazione religiosa. Divenuto sacerdote (1943) e poi religioso francescano (1960), ricopre cariche direttive nella diocesi di Como, e insegna a Roma sia alla Pontificia Università Antoniana che alla Pontificia Università Lateranense, dove è responsabile della cattedra di Catechetica e preside del Pontificio Istituto di Pastorale. Fonda nel 1951 e dirige fino al 1957 la «Rivista del Catechismo», dandole un’impronta di approfondito impegno pedagogico aperto a molti apporti nazionali ed internazionali. Prende parte attivissima al movimento catechistico italiano con la parola e con gli scritti, come membro cooptato dell’Ufficio Catechistico Nazionale e conferenziere apprezzato e instancabile. Ne diviene anche in parte lo storico-testimone, uno fra i più importanti.

2. Alla scuola di Casotti e in consonanza con l’amico Nosengo, si dedica all’elaborazione didattica e alla divulgazione dei metodi attivi nella​​ ​​ catechesi e nell’educazione religiosa dei fanciulli e degli adolescenti, dirigendosi particolarmente alle parrocchie e alle associazioni cattoliche, ma è anche autore di numerosi testi di religione per la scuola. Gli stanno a cuore la catechesi biblica, l’educazione alla preghiera e alla partecipazione liturgica, la didattica e la pedagogia. Nel suo lavoro accademico scrive sulla storia recente della catechesi e della pedagogia religiosa, sulla formazione e la missione dell’educatore religioso, sulla prassi e la teoria della catechesi. È da annoverare tra i più impegnati promotori del rinnovamento dell’educazione religiosa in Italia.

Bibliografia

Pignatiello L., «R.S.», in L. Lentner (Ed.),​​ Dizionario di catechetica,​​ Milano, Paoline, 1969, 549-550; Gatti G., «R.S.», in J. Gevaert (Ed.),​​ Dizionario di catechetica,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1986, 547-548.

U. Gianetto




RIVISTE PEDAGOGICHE

 

RIVISTE PEDAGOGICHE

Le r.p. italiane comprendono tre grandi categorie: a) le r. e periodici di didattica; b) le r. di politica scolastica e sindacale; c) le r. di pedagogia propriamente dette.

1. Ben poche fino al 1860, in Piemonte-Liguria, Lombardo-Veneto e Toscana, con la sola eccezione importante della «Guida dell’Educatore» di​​ ​​ Lambruschini (1836- 1842 e poi 1844-1845), sono rapidamente aumentate dopo l’unità d’Italia. Nel 1873 si contavano una quarantina di giornali scolastici; vent’anni dopo erano oltre la cinquantina; ma la maggior parte delle testate appariva e durava due o tre anni, poi spariva e cedeva il passo ad altre. Spesso inoltre le tre categorie non sono chiaramente distinguibili. Qui accenneremo solo ad alcune testate. Alla fine del sec. XIX era comparso l’«Archivio di Pedagogia e Scienze affini» (1876-1883). Nei primi decenni del sec. XX sorsero la «R. di Pedagogia» (1906-1911) di orientamento positivista diretta da Francesco S. De Dominicis e la «R. Pedagogica» (1908-1939) di indirizzo herbartiano diretta da Luigi Credaro.

2. L’avvento della corrente idealista coincise con la comparsa di due r. dirette da​​ ​​ Lombardo Radice, i «Nuovi doveri» (1907-1911) e «L’Educazione Nazionale» (1919-1933), e di altre due dirette da​​ ​​ Codignola, «Levana» (1922-1928) e «La Nuova Scuola Italiana» (1923-1938), eco della riforma Gentile. Poco dopo apparvero «Scuola Fascista» (1932-1943) diretta da L. Volpicelli e «La Vita Scolastica» (1929-1938) diretta da G. Calò.

3. Nello stesso periodo, ma con indirizzo spiritualistico cattolico, nascono «Gymnasium» (1932-1964) della SEI, il «Supplemento Pedagogico di Scuola Italiana Moderna» (1933-1942 e 1948-1952) della editrice La Scuola di Brescia, e la «Rassegna Italiana di Pedagogia» (1941-1948) diretta da R. Resta, ripresa come «Rassegna di Pedagogia» da G. Flores d’Arcais dal 1946 ai giorni nostri, ora anche in condirezione tedesca con W. Böhm di Würzburg.

4. Un folto gruppo di r. cattoliche nasce nel dopoguerra e dura fino ad oggi. Sono «La scuola e l’Uomo» (dal 1944) dell’UCIIM diretta da C. Checcacci, e «Docete» (dal 1946) della FIDAE. Sono di tipo didattico per gli insegnanti quelle del gruppo bresciano, come «Scuola Materna» (dal 1945) già diretta da A. Agazzi; «Scuola Italiana Moderna» (preesistente già dal 1893 ma rinnovata) per le elementari, a lungo animata da V. Chizzolini e ora diretta da M. Cattaneo; «Direzione e Scuola» (dal 1981) diretta da C. Scurati; «Nuova Secondaria» (dal 1983) diretta da E. Agazzi per le secondarie superiori. Nacque vicino alla Democrazia cristiana «Tuttoscuola» (dal 1975) diretto da A. Vinciguerra. Di carattere più pedagogico-scientifico sono le r. cattoliche «Pedagogia e Vita» del gruppo bresciano (dal 1953) già diretta da M. Casotti, poi da​​ ​​ Giammancheri e ora da N. Galli; e «Orientamenti Pedagogici» dei docenti della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana (dal 1954), cui si affianca la «R. di Scienze dell’Educazione» della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione «Auxilium» (dal 1963). Pure cattolica è «Prospettive EP» (dal 1978) fondata a Siena da M. Mencarelli.

5. Vicini a posizioni marxiste o comunque di sinistra sono invece «Cooperazione Educativa» (dal 1952) del MCE ispirato alla pedagogia del Freinet; il «Giornale dei genitori» di A. Marchesini Gobetti (dal 1959); e «Riforma della Scuola» (1955-1993) già diretta da​​ ​​ Lombardo Radice e Bertoni Jovine, e poi da T. de Mauro. Esponente dell’indirizzo di democrazia laica a sfondo socialista è «Scuola e Città» (dal 1950) già diretta da T. Codignola e poi da L. Borghi, R. Laporta, A. Visalberghi.

6. Indipendenti da indirizzi ideologici sono i periodici «I Diritti della Scuola» (dal 1899), «L’Educatore Italiano» (dal 1954) e la nuova serie di «La Vita Scolastica» (dal 1946); inoltre «Vita dell’Infanzia» dell’Opera Nazionale Montessori (dal 1950) a lungo diretta da M. Pignatari; la «Nuova R. Pedagogica» (1951-1980) già diretta da N. Sammartano; «I Problemi della Pedagogia» (dal 1955) fondata da L. Volpicelli e continuata dal figlio Ignazio; «Prospettive Pedagogiche» (dal 1964) già diretta da G. Catalfamo.

7. Vanno aggiunte tra le più recenti «Nuove Ipotesi» diretta da M. Manno; «Ricerche Pedagogiche» diretta da M. Valeri e G. Genovesi; «Nuova Paideia» diretta da G. Acone e C. Volpi; «Qualeducazione» diretta da G. Serio; «Il Quadrante Scolastico» di Trento; «Cultura e Educazione» dell’AEI. Sono a carattere storico gli «Studi di Storia dell’Educazione» diretti da F. Ravaglioli, il «Bollettino del CIRSE» diretto da G. Genovesi, gli «Annali di Storia dell’Educazione» diretti presso la Università Cattolica da L. Pazzaglia.

8. Infine ci sono r. specializzate per l’educazione matematica e scientifica, artistica e musicale, fisica e motoria, l’educazione speciale per gli handicappati, l’educazione degli adulti, l’educazione geografica e ambientale, i giochi e ludoteche; che qui non elenchiamo, ma che sono seguite con interesse dalle rispettive categorie.

Bibliografia

Chiosso G., «Stampa pedagogica e scolastica periodica», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica,​​ vol. VI, Brescia, La Scuola, 1994, 11123-11153;​​ Laeng M. - C. Trombetta - S. Chistolini,​​ «Periodici di pedagogia, didattica, psicopedagogia», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica.​​ Appendice​​ A-Z, Brescia, La Scuola, 2003, 1151-1170.

M. Laeng




ROGERS Carl

 

ROGERS Carl

n. a Chicago nel 1902 - m. a La Jolla nel 1987, psicologo statunitense.

1. R. fu il quarto dei sei figli di una famiglia molto unita e dai rigidi principi morali. Visse i primi anni della sua vita in campagna e frequentò gli studi di agraria al College del Wisconsin. Durante un viaggio in Cina ebbe modo di allargare i propri orizzonti culturali; dopo questo viaggio decise di dedicarsi alla vita religiosa: ma avendo scoperto che la propria vocazione non aveva radici profonde, abbandonò questa strada ed incominciò a frequentare vari corsi all’Università di Columbia dove individuò la propria autentica inclinazione verso la psicologia e la psichiatria, il che lo indusse a studiare all’Institute for Child Guidance.​​ Assunto come psicologo nel​​ Child Study Department​​ della​​ Society for the Prevention of Cruelty to Children​​ a Rochester, New York, vi lavorò per 12 anni e fu qui che, verso la fine della sua permanenza, fondò un «Centro di Consultazione». Nel 1940 fu nominato professore all’Università di Stato dell’Ohio, dove nel 1942 presentò una prima formulazione delle sue idee nel lavoro intitolato​​ Counseling and psychotherapy.​​ È da questo momento che la terapia di R. si consolida come sistema teorico che viene via via presentato in varie opere, articoli e libri, fra i quali è da ricordare​​ Client-centered therapy: its current practice,​​ implications and theory,​​ che contiene in maniera sintetica gli aspetti principali della sua teoria. L’interesse per il benessere e la salute psichica della persona lo portò a fondare una scuola che assunse la denominazione di​​ Client-centered therapy​​ (terapia centrata sul cliente).

2. Nei lavori di R. si possono individuare tre aspetti fondamentali che riguardano: la «tendenza attualizzante», forza di crescita presente nella persona che la porta ad agire ed a vivere pienamente la vita; gli «scopi» che la terapia si propone; ed i «procedimenti tecnici», cioè i modelli, gli strumenti, la condotta ed i mezzi adottati dal terapeuta per svolgere il processo terapeutico che porterà all’esame degli eventi psichici che si svolgono nel soggetto. La modalità di intervento terapeutico è stata denominata «non direttiva» in quanto il terapeuta non deve proporre al cliente obiettivi lontani o diversi da quelli che questi vorrebbe raggiungere e deve evitare ogni accelerazione prematura nello sviluppo personale del cliente stesso rispettandone i tempi ed i ritmi di cui egli ha bisogno per effettuare il cambiamento. Nel​​ ​​ colloquio, il terapeuta, con le sue risposte al vissuto del cliente tenta in primo luogo di favorire l’espressione dell’emozionalità del soggetto, prosegue poi verso la promozione dell’«insight», denominata auto-esplorazione e auto-comprensione, e verso la chiarificazione delle azioni del cliente, badando in ogni momento a rispondere al sentimento del cliente stesso. Il terapeuta aiuta il soggetto ad auto-esplorarsi attraverso un atteggiamento di «genuinità», di «accettazione positiva incondizionata» e di «empatia», nonché rinforzandolo attraverso specifiche modalità di «risposta». Così, insensibilmente, la persona passa dall’auto-esplorazione all’auto-comprensione. Questo passaggio costituisce il momento decisivo del processo terapeutico perché con esso si determina un notevole cambiamento sulla base dell’acquisizione, da parte del cliente, di una obiettiva conoscenza di sé, dei suoi problemi e del suo mondo, conoscenza che include la comprensione dell’impatto sulle altre persone, e la natura o la modalità del proprio modo di essere e di agire nelle relazioni interpersonali.

3. Ci siamo soffermati sulla psicoterapia perché la teoria della personalità elaborata da R. discende direttamente dalla sua esperienza clinica, riceve conferma dalla ricerca empirica, e si presenta come una teoria dinamica, in quanto si interessa del cambio della personalità e non delle strutture fisse. R. dalla fenomenologia e dalla teoria organismica, coglie ed elabora alcuni concetti fondamentali: il concetto di sé, inteso come l’immagine soggettiva che la persona ha di se stessa, e quello dell’organismo, concepito come l’insieme organizzato della psiche e del soma, in cui è presente un impulso fondamentale verso l’auto-realizzazione. Questa spinta per diverse circostanze della vita può essere stata soffocata, e per mezzo del colloquio terapeutico viene fatta riemergere, ponendo, quindi, la persona nuovamente in grado di conquistare libertà, autonomia e capacità di dirigersi costruttivamente. L’interesse che R. provava per la persona umana lo portò a studiarne anche altri aspetti oltre a quelli brevemente enunciati e che, in un modo o nell’altro, ruotano intorno alla modalità terapeutica da lui proposta. Fra questi ricordiamo la «coscienza di sé», intesa principalmente come simbolizzazione delle esperienze, di una coscienza esistenziale, di un sentimento di esistere, che se non è distorta bensì aperta all’esperienza, porta la persona a vivere in un modo più sensibile, più variato e più ricco. Un altro aspetto è quello di «libertà» intesa come libertà interiore che permette di vivere secondo le proprie scelte. Fra i tanti temi che R. ha studiato e proposto, ricordiamo quello della «soggettività umana», tema esistenziale presente in tutti i suoi scritti. Per R. l’uomo è un soggetto attivo che, padrone di se stesso, vive soggettivamente l’esistenza, i propri sentimenti e le proprie esperienze. Sono state molte le critiche rivolte a R. a causa di queste enunciazioni, ma resta il fatto che da lui ebbe inizio una ricca e feconda corrente di studi e di osservazioni sull’uomo, sulla personalità umana e sulle sue possibilità di normale sviluppo o di degenerazione patologica. La teoria di R., senza cristallizzarsi negli schemi di una presunta ortodossia, ha influito su parecchie tendenze della scienza e della pratica psicologica in situazioni ed a livelli diversi, nel laboratorio e nella clinica, nel lavoro e nella scuola.

Bibliografia

R.C.R. - G. M. Kinget,​​ Psicoterapia e relazioni umane,​​ Torino, Bollati Boringhieri, 1970; R.C.R.,​​ La terapia centrata sul cliente,​​ Firenze, Martinelli, 1970; Id.,​​ Psicoterapia di consultazione:​​ nuove idee nella pratica clinica e sociale,​​ Roma, Astrolabio, 1971; Bruzzone D., C.R.,​​ La relazione efficace nella psicoterapia e nel lavoro educativo, Roma, Carocci, 2007.

W. Visconti




ROLLIN Charles

 

ROLLIN Charles

n. a Parigi nel 1661 - m. a Parigi nel 1741, scrittore e educatore francese.

1. Nasce in una famiglia di artigiani. Con l’aiuto di un monaco benedettino, ottiene una borsa di studio. Segue corsi teologici alla Sorbonne, ma non diventa sacerdote. Sente invece molto viva l’inclinazione all’insegnamento. Nel 1687 è chiamato a occupare la cattedra di retorica e di eloquenza presso il​​ Collège royal.​​ Eletto rettore dell’università di Parigi (1694-1696), prende severe misure per ristabilire la disciplina, il buon ordine e la serietà degli studi. Accusato di​​ ​​ giansenismo, lascia, nel 1712, la direzione del collegio Beauvais. L’opera più nota è​​ Traité des études​​ (1726-1728).

2. L’opera di R. presenta una vasta e articolata problematica: l’educazione infantile e delle fanciulle, studio delle lingue, della poesia, retorica, eloquenza, storia e filosofia, governo interno del collegio. Per R. l’istruzione dei giovani ha tre obiettivi: la scienza, i costumi e la religione; cioè coltivare lo spirito, regolare il cuore e formare l’uomo cristiano. Sulla stregua di​​ ​​ Quintiliano, afferma l’importanza dell’educazione fin dai primi anni. Come​​ ​​ Fénelon, dedica speciale attenzione all’istruzione femminile, sottolineando il ruolo della madre nell’educazione. Nell’andamento di un istituto educativo considera centrale la figura dell’educatore: «di carattere fermo, moderato, sempre padrone di sé, che non ha per guida che la ragione, che mai agisce per capriccio o per impulso del momento»; in sintesi: che sappia ispirare ai ragazzi, allo stesso tempo, «amore e rispettoso timore». Gli equilibrati suggerimenti, vicini alle idee di Port Royal, hanno trovato molti consensi tra gli educatori cristiani dell’Ottocento, anche in Italia.

Bibliografia

Cadet F., «Vie de R.», in Ch.R.,​​ Traité des études. De la manière d’enseigner et d’étudier les belles lettres par rapport à l’esprit et au coeur,​​ vol. I, Paris, 1805, 1-69; R.Ch.,​​ Discours préliminaire du Traité des études, Introduction et notes de J. Lombard, Paris / Montréal, L’Harmattan, 1998.

J. M. Prellezo




ROMA educazione

 

ROMA: educazione

La​​ ​​ paideia​​ greca, come finalità e programma educativo, è nata e si è sviluppata in​​ ​​ Grecia in sintonia con la stessa cultura greca e quale mezzo per il suo perdurare. Con l’espandersi di tale cultura oltre i confini della Grecia si diffonde parallelamente anche la​​ paideia​​ ad essa inscindibilmente connessa. Questo evento più culturale che geografico o politico si è verificato nei secoli II a.C. - V d.C., dando origine al fenomeno che fu appunto chiamato Ellenismo, realizzando quella comunione della cultura greca, celebrata ed auspicata da grandi scrittori greci (​​ Isocrate,​​ ​​ Platone...), che si diffuse in tutta l’area del Mediterraneo e del Medio Oriente.

1.​​ L’ellenizzazione della antica cultura romana.​​ Con la conquista della Grecia da parte di R. si effettua la diffusione diretta della cultura e della​​ paideia​​ anche sul suolo romano e attraverso R. in tutto il mondo civile romanizzato. Infatti all’inizio del II sec. a.C. nella storia civile, politica e letteraria dei Romani si verifica chiaramente una «crisi», una rivoluzione (Wendepunkt):​​ la civiltà romana nei suoi aspetti fondamentali si trasforma clamorosamente e profondamente dando origine ad un processo irreversibile di​​ ​​ inculturazione e di «spiritualità». Questo cambio di mentalità e di prassi ebbe come elemento catalizzatore il fascino sempre più consapevole e diretto della civiltà greca e la presenza e l’attività determinanti di filosofi, letterati ed artisti greci, venuti in Italia, come pure di letterati, filosofi e insigni cittadini romani, che formarono il​​ Sodalicium Scipionum,​​ ruotante appunto attorno alla famiglia degli Scipioni, vero «cenacolo» e fulcro dello sviluppo evolutivo della storia romana. Nonostante la resistenza ostinata della classe tradizionalista (Catone il Censore), che difendeva il​​ mos maiorum​​ (= tradizione), valore sacrosanto per la tradizione della società romana contro il partito sempre più numeroso dei​​ novatores,​​ chiamati sprezzantemente​​ Graeculi,​​ la cultura e la condotta di vita dei Greci furono conosciute studiate ed imitate sempre maggiormente dalla parte più vivace ed aperta della società romana. Anche se in questo cammino progressivo si verificò qualche incidente di percorso, l’assimilazione della civiltà greca divenne orientamento pratico nell’evoluzione della storia romana. La vittoria del partito favorevole alla civiltà greca era scontata sia per l’ineluttabile progresso culturale e civile della società romana, come pure per la prospettiva politica di R. già proiettata decisamente alla sua missione di impero universale.

2.​​ L’humanitas romana.​​ In questo «cenacolo» di massimi esponenti della vita culturale, civile, militare della società romana, quale fu appunto il «Circolo degli Scipioni», si inserirono con un prestigio straordinario due personalità di prima grandezza del mondo greco, Polibio e Panezio, venuti a R. in tempi e circostanze diverse: il primo, grande storico greco, fu uno dei mille ostaggi portati a R. dopo la battaglia di Pidna (168 a.C.) vinta da L. Emilio Paolo. A R. egli lo accolse immediatamente in casa (167-150 a.C.) e gli affidò l’educazione dei suoi due figli: Fabio e Scipione Emiliano. Il secondo, filosofo stoico, venne a R. verso il 150 a.C. e fu ospite del «Circolo degli Scipioni» (150-129 a.C). L’influsso dello storico Polibio e del filosofo stoico Panezio fu determinante per la formazione di una mentalità storica aperta ed universale della classe dirigente dei cittadini e per l’educazione ad un dinamico personalismo: l’uomo diventava veramente centro dell’attenzione e della formazione globale, motore della storia personale e politica (faber suae quisque fortunae; teknites tou​​ biou)​​ nella sua dimensione personale e politica, con l’acquisizione e lo sviluppo delle virtù della​​ magnanimitas​​ (megalopsychía)​​ della filantropia (filanthropía)​​ e della comunione con gli altri (koinonía),​​ rafforzate dalle virtù tradizionali romane della​​ fortitudo,​​ della​​ pietas,​​ della​​ gravitas,​​ della​​ fides,​​ della​​ clementia.​​ L’osmosi di queste virtù doveva produrre nel cittadino romano l’equilibrio, l’armonia, l’eleganza, la dignità di tutta la vita nella condotta e persino nelle espressioni artistiche:​​ recte vivere,​​ facultas recte sentiendi et cogitandi,​​ recte loqui.​​ Come appare chiaramente anche attraverso la storia della civiltà romana questo orientamento programmatico non è solo una corsia preferenziale di formazione culturale, ma anche ed armonicamente di impegno pedagogico, veicolato dalla cultura. Una sintesi significativa della dottrina di Panezio sul culto della personalità si trova nel​​ De officiis​​ di​​ ​​ Cicerone, che riproduce il trattato di Panezio​​ perì tou kathékontos.​​ Il frutto più maturo e significativo era quindi una sintesi di «spiritualità», di cultura e di pedagogia, fondata sull’otium​​ e il​​ negotium​​ (contemplazione e azione, teoria e prassi) per formare globalmente l’uomo, e soprattutto il giovane. Dalla città eterna questo ideale di vita si diffuse trionfalmente nell’impero romano. L’enucleazione di questo ideale di cultura e di pedagogia, nella sua diffusione ed incarnazione, fu arricchito specialmente con il contributo originale di Cicerone (Somnium Scipionis,​​ De officiis,​​ De oratore),​​ di Terenzio, di Lucrezio, di Virgilio, di Orazio (Carm. III, 1,2, 3,4,5, 6:​​ Carmina romana),​​ di Properzio (Elegiae romanae:​​ IV, 11), di Tito Livio, di​​ ​​ Seneca e di​​ ​​ Quintiliano. Questo emblematico traguardo della civiltà romana venne chiamato significativamente​​ humanitas.​​ Aulo Gellio puntualizza questo evento della civiltà romana, quando presenta la traduzione latina del termine greco​​ paideia:​​ «Qui verba latina fecerunt quique his probe usi sunt ... humanitatem appellaverunt id propemodum,​​ quod Graeci “paideian” vocant,​​ nos eruditionem institutionemque in bonas artis dicimus...»​​ (XIII, 17).

3.​​ Le specificità educative.​​ Rispetto ai Greci i Romani mirarono particolarmente al traguardo della teoria e della prassi educativa (paideia):​​ rendere l’uomo perfettamente uomo (homines maxime homines,​​ liberi maxime liberi)​​ e cittadino utile alla​​ res publica.​​ Più specificamente gli elementi qualificanti della «mens romana»​​ nell’educazione della gioventù, differenziati da quelli dei Greci, possono essere schematicamente ridotti a questi: 1) maggior senso e dedizione alla famiglia; 2) nella famiglia una più forte coscienza della responsabilità diretta dei genitori sull’educazione dei figli, considerata come un’esplicazione anch’essa della​​ patria potestas;​​ 3) caratteristica impronta di praticità e concretezza, che fa associare la vita di lavoro e di attività produttiva con la preoccupazione della​​ res publica,​​ con la vita del foro e con l’impegno militare; 4) una maggior serietà e semplicità nella concezione della vita e spiccata formazione morale e religiosa, che distinse il popolo romano da quello greco; 5) una salda strutturazione della vita sociale, nella creazione del diritto, nel rispetto della maestà delle leggi e del​​ mos maiorum:​​ la formazione del​​ civis romanus​​ in opposizione all’individualismo greco. Senza dubbio la​​ paideia​​ greca si presenta in una sintesi più culturale e completa; R., giunta all’akme​​ del suo sviluppo civile, culturale, politico e militare, non poteva non subirne il fascino e non sentire il bisogno di assimilarlo, operando una sintesi originale e congeniale al patrimonio spirituale romano. Ma a parte la differenziazione tra Grecia e R., è da dire che questa sintesi felice ed armonica di​​ paideia​​ greca e di​​ humanitas​​ romana si diffonderà nel tempo e nello spazio in tutto l’impero di R. e formerà l’apporto più vivace all’ideale umanistico di educazione che si svilupperà lungo i secoli.

Bibliografia

Büchner K.,​​ Humanitas romana,​​ Heidelberg, Winter, 1957; Simoncelli M., «Lineamenti di storia della pedagogia», in​​ Educare,​​ «Enciclopedia delle Scienze dell’Educazione», vol. I, Zürich, PAS-Verlag, 1962; Jäger W.,​​ Paideia,​​ I, II, III, Firenze, La Nuova Italia, 1963;​​ Grimal P.,​​ Le siècle des Scipions,​​ Paris, Aubier,​​ 21975;​​ Bonner S.,​​ La educación en la antigua Roma: desde Catón el Viejo a Plinio el joven, Barcelona, Herder,​​ 1994; Marrou H. I.,​​ Storia dell’educazione nell’antichità,​​ Roma, Studium, 1994; Frasca R.,​​ Educazione e formazione a R. Storia,​​ testi,​​ immagini,​​ Bari, Dedalo, 1996; Prellezo J. M. - R. Lanfranchi,​​ Educazione e pedagogia nei solchi della storia,​​ vol. 1:​​ Dall’antichità alle soglie dell’Umanesimo,​​ Torino, SEI, 2004.

S. Felici




ROMANTICISMO E EDUCAZIONE

 

ROMANTICISMO E EDUCAZIONE

Bisogna ricordare anzitutto che non si dovrebbe parlare di R., al singolare, ma di r., al plurale, specialmente dopo gli studi di A. O. Lovejoy (Essays on history of ideas,​​ 1948); e che non si può identificare completamente qualche autore dell’epoca come «romantico», poiché non avrà tutte le caratteristiche possibili. Senza dimenticare, d’altra parte, che una cosa è «il» R. o «i» r. in educazione (che si possono trovare in tutti i tempi) e un’altra cosa ben diversa è quella che interessa concretamente in questa sede: il rapporto dell’educazione con quel movimento, chiamato R., a cui possono essere assegnati determinati limiti temporali, tra l’anno 1798 e l’anno 1830 (nel ’98 F. Schlegel pubblica un articolo significativo nella rivista «Athenaeum» e nel ’30 va in scena il dramma​​ Hernani​​ di V. Hugo). Ma queste date sono semplicemente indicative, poiché, ad es., è esistito tutto un movimento «preromantico», e, d’altro lato, va tenuto presente che sono stati molti gli aspetti artistici, sociali, ideologici, politici, ecc., che hanno contestualizzato l’apparizione e la vita del nuovo movimento.

1. Senza bisogno di definire con precisione il R., possiamo avvicinarci ad alcune delle sue note caratteristiche, specialmente quelle che hanno avuto conseguenze decisive per la pedagogia e per l’educazione successive. In un’epoca di trionfo della ragione, dell’industrializzazione, della borghesia, della verità, delle idee, della rivoluzione, del progresso, della storia lineare, delle guerre imperiali, della staticità, della correzione..., gli uomini cominciarono a sentirsi soffocati, abbandonati, trascurati; e diedero un grido di ribellione per trovare se stessi, per poter essere se stessi, per poter essere stimati per quello che erano. Essi decisero di «fuggire» e fuggirono verso il passato, il passato remoto, il Medioevo, l’esotismo, la libertà e l’indipendenza personale e dei popoli. Solo «a partire dalla Rivoluzione e dal R. la natura dell’uomo e della società cominciò a essere sentita come specialmente evoluzionista e dinamica» (A. Hauser).

2. Al di sopra dell’intelligenza e della volontà, si affermarono i sentimenti. Per​​ ​​ Pestalozzi, ad es., la formazione del cuore del fanciullo non è un compito in più, ma una attività fondamentale; e, il primo sentimento, è quello della bellezza, tanto che si può parlare di una predominanza estetica. Al posto della dichiarazione degli illuministi – la bellezza è nella verità – , A. de Musset dice ora che «niente è vero fuori del bello». È certo che già in​​ ​​ Locke c’era un appello ai sentimenti, ai​​ feelings;​​ ma non è meno certo che in​​ ​​ Rousseau si opera una rivoluzione. Al di sopra di un​​ ​​ Kant che rispetta la natura ma desidera condurre il fanciullo verso un modello ideale, degno della specie umana, Rousseau mette in risalto il valore dell’istinto, lascia che la natura agisca liberamente, e cerca di raggiungere una formazione completa in cui occupino un posto rilevante i sentimenti. Ma la cosa più importante è che egli colloca il fanciullo al centro del processo educativo, che significa far girare l’educazione attorno all’individuo. In seguito sarà possibile una​​ educazione progressiva​​ (​​ Necker), un’istruzione dei bambini (​​ Owen) e anche i​​ giardini d’infanzia​​ (​​ Fröbel). E se in ciò che riguarda il metodo la ragione lascia il posto all’intuizione, nel R. non sembrerà strano il valore che acquista detta intuizione nei pedagogisti dell’epoca, seguendo specialmente Pestalozzi, che fa dell’intuizione stessa il principio fondamentale della sua proposta didattica. Veicoli efficaci di molte delle istanze caratteristiche del R. in educazione furono i romanzi «pedagogici» come​​ Levana​​ di​​ ​​ Richter;​​ Wilhelm Meister​​ di Göthe;​​ William Lovell​​ di Tieck; o i precedenti,​​ Emilio​​ di Rousseau o​​ Eusebio​​ dello spagnolo P. Montengón.

Bibliografia

De Pascale C.,​​ Il problema dell’educazione in Germania. Dal Neoumanesimo al R.,​​ Torino, Loescher, 1979; Willinsky J. (Ed.),​​ The educational legacy of Romanticism,​​ Waterloo (Ontario), Wilfrid Laurier University, 1990.

J. Ruiz Berrio