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NARRAZIONE

 

NARRAZIONE

Nell’educazione il racconto o n. proveniente dalla vita svolge un ruolo importante. I genitori (i nonni) e gli insegnanti raccontano in forme diverse, talora in modo epico, ciò che essi stessi – od altri – hanno vissuto e ciò che fu esperienza di vita propria od altrui.

1. La n. ha una ovvia funzione informativa, ma con il valore aggiunto di coinvolgere le persone, facendo fare loro, nel tempo breve della n., una esperienza molto estesa di partecipazione . Per questo la n. è, nel bene o nel male, un potente fattore di trasmissione di significati vitali e ponte fra le generazioni. I diversi saperi, specialmente umanistici, quali la storia e la religione, ne sono mediazioni privilegiate. Psicologia e pedagogia, oltreché la didattica, si interessano della n. Purtroppo nella società dominata dai mezzi della​​ ​​ comunicazione sociale la pratica della n. è in ribasso. Per cui ancora più di prima si avverte il bisogno di tornare alla forma narrativa, riprendendo progressivamente la pratica e il gusto delle «grandi n.» (J.F. Lyotard). Lo sviluppo della n. conosce un cantiere speciale, quello dei bambini. Per lo sviluppo del loro «atteggiamento», la n. di​​ ​​ fiabe rimane fondamentale, anche dal punto di vista della psicologia del profondo.

2. Per la pedagogia religiosa è rilevante il fatto che nella​​ ​​ Bibbia (in particolare nell’AT) la fede è trasmessa in massima parte per mezzo di n., con delle proprietà singolari. Abbondanti sono i dettagli che riflettono vivacemente la realtà, vi è unità di «forma e contenuto», per cui la forma non si può modificare in modo arbitrario. Si ricordi il colloquio tra Abramo e Isacco in Gn 22,6-8. Se il narratore resta fedele alla forma della n. biblica, allora la trasparenza è garantita: il testo (scarno) e «ciò che rimane tra le righe» lascia trasparire la presenza di Dio ed attesta la fede. La fede intesa come esistenza nello Spirito di Dio permette al narratore di mettersi mediante la n. nella «contemporaneità» (Kierkegaard) con il fatto raccontato, per es. con Abramo, Mosè, Elia, Gesù.

3. Per la n. biblica, ma analogamente di altri contenuti, sono da segnalare i seguenti principi fondamentali: preparazione per mezzo di una semplice esegesi e meditazione; linguaggio immaginifico appropriato all’uditorio; narrare i fatti concreti in modo tale che sulla «scena interiore» degli ascoltatori si concretizzi nuovamente l’evento; non praticare la psicologizzazione (Drewermann), ma lasciare all’ascoltatore la libertà di entrare nel cerchio. Passaggi troppo concentrati vanno esplicitati, però senza falsificare, mentre va adoperato il mezzo della ripetizione per dare maggiore peso a un particolare. Parlare poco di Dio, e se necessario farlo per mezzo di metafore; lasciare dei vuoti che gli ascoltatori potranno colmare nella discussione successiva; non cedere mai al discorso di moda, ma parlare con «dignità», restando vicino alla semplicità e alla dignità del linguaggio biblico.

Bibliografia

Schroer H., «Erzählung», in​​ Theologische Real-Enzyklopädie,​​ vol. 10, 1982, 227-232; Zerfass R. (Ed.),​​ Erzähler Glaube - erzählende Kirche,​​ Freiburg, Basel,​​ 1988; Desideri I., «N.» in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica,​​ vol. V, Brescia, La Scuola, 1992, 8066-8069; Tonelli R. - L. A. Gallo - M. Pollo,​​ Narrare per aiutare a vivere. N. e pastorale giovanile,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1992; Rollo D.,​​ N. e sviluppo psicologico. Aspetti cognitivi,​​ affettivi,​​ sociali, Roma, Carocci, 2007.

G. Stachel