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MONTESSORI Maria

 

MONTESSORI Maria

n. a Chiaravalle nel 1870 - m. a Noorwjk am See (Olanda) nel 1952, educatrice e pedagogista italiana.

1. Laureatasi in medicina nel 1896 e divenuta assistente alla clinica psichiatrica dell’Università di Roma, si dedicò allo studio della psicologia infantile, interessandosi dell’educazione dei fanciulli frenastenici e delle loro scuole. Queste esperienze, la lettura degli scritti di Itard e di Séguin e la frequenza dei corsi di S. Sergi (nella Facoltà di Lettere e Filosofia) la sollecitarono alla fondazione della prima Casa dei Bambini (1907), che segnò l’inizio di un impegno di ricerca ed educativo cui rimase fedele nel corso dell’intera esistenza. Dopo aver elaborato il suo metodo, fondò scuole per la formazione delle educatrici delle Case dei Bambini e si impegnò a divulgarlo in tutto il mondo (negli Stati Uniti d’America, in Spagna, in India, in Olanda...) dove si sono formate numerose associazioni «montessoriane» di cui la più nota è quella internazionale con sede ad Amsterdam.

2. La pedagogia scientifica di M. trova la più significativa espressione nelle Case dei Bambini, nella cui istituzione si esprime anche una profonda ansia di redenzione sociale, di giustizia, di amore ed un profondo messaggio di pace rivolto a tutta l’umanità. Alla base di questa pedagogia c’è infatti la volontà di rinnovare l’educazione, di combattere contro i pregiudizi antichi che ribadivano la schiavitù del bambino e quindi dell’uomo, di liberare la sua anima dai «ceppi» e di aiutare l’umanità a costruire un mondo migliore. La M. volle educare i bambini scientificamente per procedere fuori dalle vie che tutti più o meno avevano percorso, per realizzare una «pedagogia innovatrice, fondata su studi obiettivi e precisi», volta a trasformare la scuola e ad agire direttamente sugli scolari portando loro «una nuova vita». Per realizzare questa educazione utilizzò contributi offerti dalla psicologia, dalla biologia e dall’osservazione sperimentale, che le consentirono di conoscere le forze latenti del bambino e la «sua fame interiore», di studiare i mezzi più idonei per alimentarla e di organizzare un ambiente educativo, capace di sollecitare l’«embrione spirituale» ad esprimersi e di coltivare la sua «mente assorbente», con la convinzione che il germe fecondo «donde proviene la vita» si realizza e «si sviluppa secondo il destino biologico fissatogli dall’eredità». La libertà per la M. è liberazione della vita dagli ostacoli che ne impediscono il normale sviluppo; pertanto la Casa dei Bambini si configura come un ambiente arredato con tavoli e seggiole leggerissimi, lavabi, credenze, a misura di bambino, in cui egli può «agire dietro una serie di scopi interessanti da raggiungere, incanalando così nell’ordine e nel perfezionamento la sua attività». L’educatrice funge da​​ trait d’union​​ tra il bambino – che, grazie alla sua mente assorbente, «è creatore di se stesso» ed è «creativo» – e l’ambiente, «scientificamente predisposto», in cui egli è come il «germe vivente racchiuso in quel bozzolo che la sapiente natura ha determinato per proteggerlo e per corrispondere ai suoi bisogni vitali». Nella sua «Casa» il bambino può scegliere liberamente gli oggetti «sui quali liberamente reagisce». Essi infatti sono proporzionati alla sua capacità di utilizzazione, e le sue azioni «vanno collegandosi l’una all’altra, aiutandolo a organizzare la propria mente che deve tutte dirigerle».

3. Il materiale che integra la funzionalità dell’ambiente di relazione prende il nome di materiale di sviluppo. Esso è nato dalle esperienze condotte da M.M. con i subnormali ed è utilizzato ai fini dello sviluppo sensomotorio, del tatto, del senso barico, del senso termico, della vista, dell’udito del bambino. È costituito da tavolette completamente o alternativamente lisce o rugose, da campioni di tessuti, da tavolette di identica dimensione ma di peso diverso, da recipienti da riempire con acqua di differente temperatura, da cilindretti da incastrare in supporti, da serie di cubi decrescenti per costruzioni, da prismi, da asticciole, da tavolette avvolte da filo colorato, scatole sonore, campanelli. Gli oggetti più significativi sono quelli che si prestano agli esercizi sistematici, che impegnano i sensi e l’intelligenza e implicano la collaborazione armoniosa di tutta l’attività psichica e motrice del bambino e lo conducono gradualmente a conquistare gli apprendimenti fondamentali della cultura come il leggere, lo scrivere e il contare. Questo materiale, secondo la M., è «uno strumento sistematico di psicologia che può paragonarsi ad una palestra per la ginnastica dello spirito», ed il bambino, esercitandosi spontaneamente, «progredisce nello sviluppo e perciò anche nell’acquisto della cultura». Esso vuole proporsi come risposta alla domanda interiore di ciascun bambino e quello sensoriale è offerto secondo una tecnica che richiede l’ordine delle presentazioni successive (riconoscimento di identità, di contrasti, di somiglianze), le preparazioni esterne che aiutano la concentrazione (isolamenti del senso) e l’isolamento del materiale stesso. Le lezioni hanno un compito di chiarificazione, pertanto debbono essere brevi, semplici e obiettive e si svolgono secondo precisi ritmi (primo tempo: motivazione e presentazione dell’oggetto;​​ secondo tempo: verifica – il bambino è chiamato a riconoscere l’oggetto o i suoni terzo –;​​ terzo tempo: ulteriore verifica anche attraverso le domande). Questo materiale, se correttamente usato, rende possibile l’autoeducazione e «realizza in maniera concreta la esigenza della libertà nell’educazione». Il suo uso suscita nei bambini varie reazioni psichiche, tra le quali la «polarizzazione dell’attenzione», mentre la ripetizione degli atti assume una particolare importanza. Un altro pregio notevole di questo materiale è dovuto al fatto che in esso «è insito» il controllo dell’errore, «cosicché il bambino riesce da sè a correggere i suoi errori attraverso la ripetizione degli esercizi» e ha la possibilità di osservare, di esercitarsi con gli oggetti, di fare confronti e di formare giudizi, di ragionare, di decidere e di raggiungere lo sviluppo delle facoltà intellettuali e del carattere. Questa crescita sul piano dell’educazione intellettuale (che è preceduta e favorita dall’educazione dei sensi) su quello della formazione del carattere e su quello sociale (morale e religioso) consente la realizzazione dello sviluppo armonico della personalità dell’uomo e l’autoeducazione e, indirettamente, di «ingrandire» il mondo e di «liberarlo dalle catene che gli impediscono di avanzare».

Bibliografia

a)​​ Fonti: opere principali della M.:​​ Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini​​ (1909),​​ Manuale di pedagogia scientifica​​ (1921),​​ I bambini viventi nella Chiesa​​ (1922),​​ La mente del bambino​​ (1952). b)​​ Studi: Valitutti S.,​​ Il problema dell’educazione nel pensiero di M.M., Roma, Ed. Vita dell’Infanzia, 1953; De Bartolomeis F.,​​ M.M. e la pedagogia scientifica, Firenze, La Nuova Italia, 1953; Bertin G. M.,​​ Il fanciullo montessoriano e l’educazione infantile, Roma, Avio, 1963; Leonarduzzi A.,​​ M.M.​​ Il pensiero e l’opera, Brescia, Paideia, 1967; Scocchera A.,​​ M.M. Quasi un ritratto inedito, Firenze, La Nuova Italia, 1990; Loschi T.,​​ M.M. Il progetto scuola nella visione ecologica dell’uomo e del bambino,​​ costruttori di un mondo migliore, Bologna, Cappelli, 1991; Schwegman M.,​​ M.M., Bologna, Il Mulino, 1999; Centro di Studi Montessoriani,​​ Linee di ricerca sulla pedagogia di M.M., Milano, Angeli, 2005; Tornar C.,​​ La pedagogia di M.M. tra teoria e azione, Ibid., 2007.

S. S. Macchietti