LIBERAZIONE
LIBERAZIONE
Il termine l. fa riferimento etimologicamente a → libertà, ma vi aggiunge una connotazione particolare, poiché designa il passaggio da una situazione di schiavitù ad una di libertà. Come tale è utilizzato in svariati contesti che vanno dall’affrancamento individuale da situazioni di oppressione fisica, psichica, morale o religiosa, al superamento collettivo di situazioni di dipendenza e sottomissione da parte di interi popoli e continenti.
1. A partire dalla seconda metà del sec. XX il termine ha acquistato dei risvolti particolari, per via dei «movimenti di l.» sviluppatisi specialmente tra i popoli del cosiddetto Terzo Mondo. La spinta è venuta inizialmente dall’ → America Latina. La presa di coscienza della situazione di estrema povertà della stragrande maggioranza degli abitanti del continente, e l’individuazione delle cause strutturali che la provocano e che configurano una situazione di nuova dipendenza e schiavitù (teoria della dipendenza), fomentarono delle forti aspirazioni ad un cambiamento globale e diedero origine ad un vasto tentativo di l., che si è espresso in qualche caso estremo anche in forma di lotta armata. Tale ricerca di l. si è caratterizzata per aver sottolineato soprattutto i condizionamenti economici della povertà, senza tuttavia trascurare quelli sociali, politici e culturali. In altri continenti i movimenti di l. sorti successivamente hanno acquistato delle sfumature peculiari, determinate dalle condizioni in cui versavano. Così, in Africa è stata molto accentuata la componente culturale della l.; nell’Asia povera (India, Filippine) è stata la sua dimensione religiosa ad essere presa in speciale considerazione, in ragione della forte presenza delle antiche religioni profondamente radicate nei popoli; negli Stati Uniti, tra i negri, i movimenti si sono raggruppati in ragione della segregazione razziale.
2. Uno degli aspetti della l. a cui si è prestata particolare attenzione, specialmente nell’America Latina, è stato quello educativo. Si è così sviluppata quella che venne chiamata → «educazione liberatrice», una «pedagogia degli oppressi» (→ Freire) mirata prioritariamente alla trasformazione dell’educando in soggetto della propria educazione. L’educazione liberatrice si caratterizza per il fatto di essere umanizzante, critica, dialogica e coscientizzatrice. Essa si propone di portare l’educando da uno stato di coscienza non corrispondente al contesto storico in cui vive, ad un altro che gli permetta una partecipazione effettiva, oggettiva e critica nel processo storico in cui è inserito.
3. La Chiesa cattolica, specialmente attraverso le Conferenze Generali del suo Episcopato di Medellín (Colombia 1968) e di Puebla (Messico, 1979), diede un valido contributo ai tentativi di l. del Continente. Medellín, in particolare, dedicò uno dei suoi 16 capitoli al tema dell’educazione liberatrice, in cui si coglie l’influsso esercitato dalle proposte di Freire. Ci sono anche dei considerevoli apporti sulla tematica nel documento dedicato alla → catechesi.
Bibliografia
Freire P., La pedagogia degli oppressi, Milano, Mondadori, 1971; Balducci E., L., in J. B. Bauer - C. Molari (Edd.), Dizionario teologico, Assisi, Cittadella, 1974, 313-322; Mongillo D., L., in V. Bo et al. (Edd.), Dizionario di pastorale della comunità cristiana, Assisi, Cittadella, 1980, 323-325; Boff L. - C. Boff, Libertad y liberación, Salamanca, Sígueme, 1982; Gutiérrez G., Teología de la liberación. Perspectivas, Salamanca, Sígueme, 172004; Aráujo Freire A.M. (Coord.), La pedagogía de la liberación en Paulo Freire, Barcelona, Graó, 2004; Gelpi E., Educación permanente. La dialéctica entre opresión y liberación, Xàtiva, Edicions del CREC, 2005.
L. A. Gallo