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LABERTHONNIÈRE Lucien

 

LABERTHONNIÈRE Lucien

n. a Chazelet nel 1860 - m. a Parigi nel 1932, filosofo francese.

1. Nato da una famiglia di umili artigiani, compì i suoi studi in seminario e, dopo l’ordinazione sacerdotale, entrò nella Congregazione dell’Oratorio, ricoprendo dapprima l’incarico di professore di filosofia e poi le funzioni di direttore del celebre collegio di Juilly. L’esperienza educativa che venne compiendo lo stimolò a scrivere la​​ Théorie de l’éducation,​​ pubblicata per la prima volta nel 1901. In polemica con i teorici della cosiddetta educazione indipendente secondo cui ogni oggetto andava lasciato al suo libero e spontaneo sviluppo, egli affermava che una tale prospettiva, oltre che concretamente impraticabile, sarebbe stata deleteria e, pertanto, rivendicava la necessità della presenza attiva del maestro. Non si deve però credere che egli fosse portato a giustificare qualsiasi intervento dell’educatore. Sosteneva che, al pari di ogni altra autorità, anche quella del maestro cambiava volto a seconda delle intenzioni da cui era animata. A suo modo di vedere, c’erano due tipi di autorità: l’autorità «asservitrice» (asservissant),​​ che usava del potere e del sapere di cui disponeva per assoggettare gli allievi ai propri fini particolari, e l’autorità «liberatrice», che cercava al contrario di porre se stessa a servizio di coloro che le erano affidati per aiutarli a prendere in mano le sorti del loro destino. Egli riteneva che solo chi si sforzava di attuare il secondo tipo di autorità meritava il titolo di educatore.

2. Nel 1903, essendo stato sciolto l’Oratorio a seguito della legge sulle congregazioni religiose in Francia, L. prese dimora a Parigi e da quel momento dedicò le sue energie all’approfondimento delle tematiche filosofiche e religiose, partecipando a quel profondo sforzo di rinnovamento della cultura cattolica, che si diffuse un po’ in tutta Europa e a cui gli storici avrebbero poi dato il nome di modernismo. Tra il 1903 e il 1904 uscirono due suoi scritti che concorsero a farne conoscere il pensiero:​​ Essais de philosophie religieuse​​ e​​ Le réalisme chrétien et l’idéalisme grec.​​ In aperto contrasto con certa teologia cattolica, a suo giudizio troppo inficiata d’intellettualismo, egli sosteneva che la conquista filosofica del vero era frutto non solo della​​ ​​ ragione, ma anche delle disposizioni interiori del soggetto. Tale concezione nasceva in lui dal convincimento che ogni presa di posizione sull’essere rinviava, in modo più o meno esplicito, a una interpretazione dell’assoluto e che questa interpretazione comportava sempre un’opzione fondamentale sul senso dell’esistenza. Egli pensava cioè che, per avere la certezza e il possesso della​​ ​​ verità, occorreva affermare Dio e che per riuscire a cogliere Dio come principio, era necessario cominciare con l’assumerlo come fine. Queste tesi furono duramente biasimate dagli esponenti della cultura teologica neoscolastica, i quali accusarono il loro autore di fideismo.​​ 

3. Chiamato a far parte della Société Française de Philosophie nel 1905 L. ricevette l’incarico di dirigere le «Annales de Philosophie Chrétienne». Sotto la sua guida, il periodico sarebbe diventato una delle pubblicazioni di punta della cultura cattolica francese. Nella primavera del 1906 L. incorse negli strali della censura ecclesiastica: gli​​ Essais​​ e​​ Le réalisme​​ furono infatti messi all’indice. La vicenda avrebbe dovuto consigliargli una maggiore prudenza, tanto più che, dopo la promulgazione, nel 1907, dell’enciclica​​ Pascendi​​ volta a condannare le dottrine moderniste, nel mondo cattolico prese a diffondersi un pesante clima di sospetti. Ma L., incurante dei rischi, proseguì lungo la sua strada, non perdendo per altro occasione d’attaccare i teologi che guardavano con favore a un’alleanza della Chiesa con l’Action française,​​ il movimento di destra guidato da Charles Maurras. Questa sua coraggiosa linea di condotta non restò senza conseguenze. Tra la primavera e l’estate del 1913 egli fu raggiunto da alcuni gravi provvedimenti: l’8 maggio veniva posta all’indice la serie delle «Annales de Philosophie Chrétienne» uscita sotto la sua direzione; il 16 giugno analoga sorte toccava a due suoi brevi saggi; il 30 giugno gli fu consegnata un lettera del prefetto della Congregazione dell’Indice con cui gli si interdiceva di pubblicare i risultati dei suoi studi. La proibizione di pubblicare, cui L. si sottopose e dalla quale non sarebbe stato più affrancato, ne fece una specie di «murato vivo», anche se egli poté continuare a svolgere l’attività di ricercato conferenziere, oltre che di animatore di piccoli gruppi. Merita ricordare che, nonostante la condanna da cui era stato colpito, a lui non di rado ricorsero sacerdoti e persino vescovi per farsi aiutare nella redazione di testi e documenti.

4. Nel ’29, presa visione di un dibattito apertosi in tema di scuola sulle pagine della rivista di un sindacato di insegnanti, scrisse una lettera nella quale delineava il profilo di quella che avrebbe dovuto essere una scuola pubblica rispetto alle diverse opzioni culturali e religiose presenti nella società. Le precisazioni da lui fornite al riguardo si collocavano in ideale continuità con quanto aveva sostenuto nella​​ Théorie​​ de l’éducation.​​ L. prendeva le distanze sia da chi non esitava a concepire la scuola pubblica a servizio di una determinata concezione sia da chi pensava che, per restare al di sopra delle parti, essa fosse chiamata a stendere il silenzio sui problemi e sulle varie posizioni in campo. A suo modo di vedere, se si voleva che la scuola pubblica attendesse alla propria vocazione educativa, bisognava che i suoi insegnanti, evitando la neutralità non meno della partigianeria, potessero rendere ragione delle idee in cui credevano. In altri termini, egli stimava che la scuola pubblica doveva vedere nella pluralità delle posizioni da cui era caratterizzata non un male da subire o da occultare, ma un’opportunità da mettere a frutto al fine di una più efficace opera di collaborazione nella leale ricerca della verità.

Bibliografia

tra gli studi più recenti: Beillevert P. (Ed.),​​ L.​​ L’homme et l’oeuvre,​​ Paris, Beauchesne,​​ 1972; Pazzaglia L.,​​ Educazione religiosa e libertà umana in L.,​​ Bologna, Il Mulino, 1973; Perrin M. Th.,​​ La jeunesse de L. Printemps d’une mission prophétique,​​ Paris, Beauchesne, 1980;​​ La pensée de P.L.L.​​ Colloque philosophique organisé à l’occasion du 50ème​​ anniversaire de sa mort par la Faculté de Philosophie de l’Institut Catholique de Paris et l’Oratoire de France, in «Revue de l’Institut Catholique de Paris» (1983) fasc. VIII.

L. Pazzaglia