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GRAMSCI Antonio

 

GRAMSCI Antonio

n. ad Ales (OR) nel 1891 - m. a Roma nel 1937, intellettuale e uomo politico italiano.

1.​​ Vita e opere.​​ Di famiglia impiegatizia, con una borsa di studio frequenta la facoltà di lettere di Torino (1911). Non termina il curricolo, si avvicina ai socialisti e si dedica pienamente alla politica. Fonda, con amici, il settimanale (poi quotidiano) «L’Ordine Nuovo» (1919) e nel 1921 partecipa alla fondazione del partito comunista, di cui diviene uno dei dirigenti. Nel 1922 va a Mosca in rappresentanza del partito presso il comitato esecutivo della II Internazionale. Viene eletto deputato (1924), ma, in seguito ai provvedimenti speciali, viene confinato e nel 1928 è condannato a più di 20 anni e destinato a Turi. In carcere legge, riflette e scrive le​​ Lettere​​ e i​​ Quaderni dal carcere.​​ Nel 1934 chiede un periodo di libertà vigilata, che gli è concesso, ma nell’aprile del 1937 peggiora e si ricovera a Roma, dove muore il 27, per emorragia cerebrale.

2.​​ Il​​ pensiero pedagogico.​​ Premesso che l’impegno principale di G. era di ordine politico, la sua pedagogia, se così si può dire, si regge e si nutre, fino a identificarsi, di quella politicità. Infatti, mentre per il marxismo classico erano determinanti i rapporti di produzione e la struttura economica, per lui diventa risolutiva un’unità organica, dinamica, anzi dialettica e operativa di struttura e sovrastruttura, costituente il​​ «blocco storico».​​ Ogni struttura storica concreta è animata da una sovrastruttura e, quando essa è dominante, esercita un’egemonia.​​ Finora questa è stata nelle mani della classe-padrona, soprattutto in Italia, dove non ci sono stati eventi storici rivoluzionari e innovativi. Occorre un ribaltamento, per cui l’«egemonia» passi nelle mani della classe lavoratrice (operaia e contadina), dando il via a una società democratica. Ciò non è possibile tuttavia, se il proletariato non si impadronisce della cultura, che poi dovrà imporre, e a tal fine diventa insostituibile l’opera dell’educazione, che richiede l’intervento di​​ «intellettuali organici»,​​ inseriti cioè nella massa per farsene interpreti e promotori, in un rapporto di reciprocità dialettica. Infatti l’uomo è​​ «prodotto storico»​​ dei rapporti sociali animati da una volontà di intervento, e tale prodotto è portatore di una cultura, che per diventare egemone ha da essere autonoma, organica, omogenea e criticamente rapportata alle altre. In questa linea si opera una​​ «formazione storica»​​ che, libera da ogni determinismo e innatismo, darà luogo all’uomo nuovo e alla società nuova, all’insegna di una libertà disciplinata, contrapposta a ogni forma di spontaneismo libertario («sgomitolamento»). La disciplina infatti «limita l’arbitrio e l’impulsività», ma «non annulla la personalità e la libertà»; cosicché un «pizzico di coercizione» è di fatto indispensabile per la vita sociale, che richiede un conformismo dinamico, non imposto, ma proposto e accettato. Su queste basi si articolano le sue proposte per la​​ scuola,​​ prima funzionale alla subalternità della classe proletaria, che dovrà essere​​ unitaria,​​ al di sopra della contrapposizione tra cultura tecnica e umanistica, consentendo a tutti l’accesso a un ulteriore sviluppo culturale, al contrario della «riforma Gentile», classista e borghese. La scuola dell’obbligo deve essere fondamentalmente umanistica, nel senso di un nuovo umanesimo, prassico (ideale = «moderno Leonardo da Vinci»), e, al tempo stesso, disinteressata e formativa. In questo sta l’avvio della nuova società, guidata dal «nuovo principe», il partito, non dirigistico e impositivo, ma collaborativo e dialettico, teso all’elevazione della classe operaia. Le stesse tesi sono fondamentalmente riprese nelle sue​​ Lettere,​​ mirate, in particolare, all’educazione dei suoi figli.

3.​​ Valutazione.​​ G., da anni studiato e apprezzato anche all’estero, offre una reinterpretazione del marxismo (discussa specie in Italia), che identifica con la​​ «filosofia della prassi»,​​ accentuandone il carattere storicistico e dunque dialettico, di concretezza e relatività alle differenti situazioni. In tale prospettiva acquista più pregnanza anche la dimensione pedagogica (​​ marxismo pedagogico), non autonoma, ma inscindibilmente correlata alla sua lettura del reale umano-storico.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ le​​ Opere giovanili​​ di G. sono raccolte in 5 voll., Torino, Einaudi 1954-1971; le​​ Lettere dal carcere,​​ Ibid., 1947;​​ Quaderni dal carcere,​​ l’ediz. critica a cura di V. Gerratana, 4 voll., Ibid., 1975. b)​​ Studi:​​ fino al 1967, la bibliografia è raccolta in:​​ G. e la cultura contemporanea,​​ 2 voll., Roma, Editori Riuniti, 1970, vol. II, 477-544; Cammett J. M.,​​ Bibliografia gramsciana 1922-1988, Ibid., 1991. Quanto alla pedagogia: Lombardi F.,​​ Idee pedagogiche di A.G.,​​ Brescia, La Scuola, 1969; Manacorda M. A.,​​ Il principio educativo in G.: americanismo e conformismo,​​ Roma, Armando, 1970; Ragazzini D.,​​ Leonardo nella società di massa - Teoria della personalità in G., Bergamo, Moretti Honegger, 2002; Baratta G.,​​ Le rose e i quaderni. Il pensiero dialogico di A.G., Roma, Carocci, 2003.

B. A. Bellerate