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FEMMINISMO

 

FEMMINISMO

Il termine f., composto dal latino​​ femĭna​​ /​​ femininus​​ e dal suffisso​​ ismo​​ entra nella lingua it. nel 1896; il francese​​ féminisme​​ era entrato già nel 1837, mentre femmina comparve nel 1250.​​ Femĭna​​ deriva dal part. medio di un antico​​ fēre​​ (allattare, essere fecondo), da cui anche​​ fetus​​ (allattare, generare, creare, il cui compimento è il parto). La radice DHĒ (I) è largamente attestata; e, come verbo, appare nelle aree indiana, slava, germanica. Con l’ampl. in «l» si ha felice, figlio; in «n» si ha fieno (legato al nutrimento) e feneratizio (prestito nel senso del produrre frutti; di qui usura). F. entra, quindi, in una grande famiglia, imparentato con​​ femĭna,​​ felix,​​ fetus: costruito da una radice che designa il generare, creare, nutrire, far vivere, produrre frutti, quindi essere e rendere felice. È curioso che il​​ Dizionario di antropologia,​​ etnologia,​​ antropologia culturale,​​ antropologia sociale​​ curato da U. Fabietti e F. Remotti, edito da Zanichelli, non abbia le voci femmina, femminile, donna: rimanda a maschile e uomo. Oggi a f. si associa il termine​​ genere​​ da​​ gĕnus​​ /​​ gignĕre.

1. Il termine f. oggi è divenuto un grande contenitore ove si raccolgono elementi eterogenei relativi alla questione femminile: rivendicazioni pacifiche o violente; programmi socio-culturali e azioni positive a favore della parità tra i sessi; iniziative politiche e attività legislative dirette a tutelare e promuovere tale parità; studi in vari ambiti disciplinari riguardanti problemi, aspirazioni, istanze ed idealità femminili, molti dei quali acquistano cittadinanza anche nelle università; movimenti regionali e internazionali, centri di studio e di documentazione «donna», associazioni ed istituzioni governative e non, iniziative teoriche e pratiche finalizzate a promuovere nelle donne una nuova consapevolezza della loro identità sessuale. F. ha assunto così molteplici, talvolta alternativi, significati divenendo evocativo e allusivo, a volte generico ed ambiguo. I risultati raggiunti nel rimuovere gli ostacoli e creare le condizioni per la parità tra i sessi hanno contribuito a dargli un’accezione positiva, mentre all’inizio aveva un significato negativo e polemico. Soprattutto dagli anni 014660 designa un complesso, variegato e vasto movimento socio-culturale, teorico e pratico, che opera nell’ambito dei diritti economici, giuridici, sociali, politici, civili, religiosi, ponendo al centro la questione femminile, intesa come riflessione e azione dirette a favorire la vera parità tra i sessi, quindi la piena realizzazione della donna, con particolare attenzione alla sua identità. Esprime, così, uno degli aspetti più rivoluzionari della svolta culturale avvenuta negli ultimi due secoli. Nel terzo millennio ha vecchi e nuovi compiti: orientare più decisamente verso l’eliminazione di ogni forma di discriminazione per un’antropologia uniduale, richiamando l’attenzione sulla condizione della donna che non ha ancora acquisito in tutti i contesti socio-culturali e religiosi una vera e piena cittadinanza e, ove l’ha raggiunta, rischia di perderla, come attestano la tratta degli esseri umani e l’aumento delle violenze anche tra le mura domestiche. Il f., così, continua la sua funzione di denuncia contro le varie e subdole forme di sfruttamento ed oppressione; incoraggia a rimuovere gli ostacoli che impediscono la vera parità tra i sessi e promuove itinerari di crescita nell’identità femminile. È un compito complesso che esige un’illuminata e coerente opera di formazione e autoformazione, una vigilanza sulle dinamiche socio-culturali, socio-economiche e socio-educative, sulle istituzioni varie, sui meccanismi di rappresentazione, sulle comunicazioni di massa per evitare il permanere o il ritorno di stereotipi, discriminazioni, rivalità. È latente un’operazione in cui l’appello all’uguaglianza va verso il monosessismo e quello alla differenza legittima forme più sofisticate di discriminazione e violenze. Il f. interpella, quindi, l’educazione perché con iniziative concrete favorisca genuini itinerari di identificazione nei singoli e nelle comunità, specie nelle nuove generazioni, promuovendo una più profonda e motivata consapevolezza delle ragioni per cui l’essere umano esiste da sempre come maschio e femmina. È importante, soprattutto dopo Pechino (IV Conf. mondiale sulla donna), per il prevalere del termine genere che, in contesti socio-culturali dalle «identità fluide», rischia di innescare dinamiche omosessuali e proporre modelli antropologici narcisistici. La​​ mens​​ decostruzionista, soprattutto nel post-strutturalismo, oltre a inflazionare anni di ricerche scientifiche sulla differenza sessuale e conquiste del f. quale movimento di soggetto storico collettivo, rischia di condurre, sotto il segno della libertà confusa con l’arbitrio, al qualunquismo antropologico che rimuove la struttura relazionale, quindi solidale e comunionale della persona.

2.​​ Storia.​​ Ricostruire la storia del f. è un’impresa ardua: abbraccia la storia dell’umanità, in quanto la rivalità tra i sessi, come lascia intendere il racconto biblico delle origini (cf Gn 3,16), risale ad epoche remote. L’antifemminismo / maschilismo –​​ mens​​ discriminatoria non solo di alcuni uomini, ma anche di certe donne –, secondo diversi studiosi (donne e uomini), può nascondere nell’uomo il rifiuto o la rimozione della sua natia dipendenza dalla donna (madre) e, in genere, la coscienza di essere generati. Vivaci ricerche di archeologia, di etnologia e di antropologia culturale vorrebbero scoprirne le origini e dimostrare l’esistenza di civiltà, anteriori a quelle patriarcali, fondate su valori simbolici femminili. Non è qui il caso di entrare in queste complesse problematiche. Offro solo qualche nota sul f. moderno, base di quello contemporaneo.

3.​​ Motivi ispiratori,​​ cause,​​ fasi,​​ tipologie. Alcuni segnalano​​ cinque correnti di pensiero: a) quella legata al movimento liberal-democratico, che opera per aprire alle donne l’accesso al mondo dei diritti; b) quella che s’ispira alle idee socialiste che tende a correggere la tesi della diversità naturale tra donna e uomo, ritenendo le differenze di ruoli e la supremazia dell’uomo come prodotti di processi storici da rovesciare con la lotta di classe; c) quella che si rifà all’esistenzialismo, in particolare a Simone de Beauvoir, che sottolinea l’individualità e la libertà del soggetto, e vede nella cultura la causa della diversità / subordinazione della donna; d) quella che coltiva le prospettive psicoanalitiche e mette in crisi la concezione di Freud, vedendo nella differenza sessuale uno strumento di autonomia e di specificità femminili; e) quella che accoglie alcune tesi dello strutturalismo e post-strutturalismo che ricerca le radici del predominio maschile nelle socio-culture, per cui vuole liberare con la decostruzione dall’identità sessuale «ereditata», per costruirne altre secondo le opzioni delle libertà individuali. Queste correnti s’intrecciano, talvolta si arricchiscono reciprocamente. Sono vie che spingono a ripensare l’antropologia con ricerche multidisciplinari e multiculturali. Possono però diventare strumenti ideologici di pressione anche politica pure in istituzioni internazionali, quando la prepotenza di lobby prevale sulla ricerca della verità. Cancellano, così, l’obiettivo fondamentale del f.: oltrepassare le gabbie degli stereotipi per un umanesimo veramente integrale. Di fatto certe correnti decostruzioniste utilizzano la categoria «genere» per imporre una via ideologica monosessista che rimuove l’alterità paradigmatica tra uomo e donna. È una scorciatoia nel difficile cammino d’identità all’interno della «fluidità» sociale. Ma l’identità non è arbitrio. È dono e compito / responsabilità ove, superando le alternative tra natura, cultura, libertà, si raccordano patrimonio genetico, patrimonio culturale / contesto, autonomia / responsabilità del soggetto nella comunità umana. In questo itinerario può svolgere un ruolo fondamentale il​​ personalismo, soprattutto cristiano, che negli studi sul f. è quasi del tutto dimenticato. Grande, invece, è l’apporto offerto di fatto dal cristianesimo. In questo senso vi è una rilettura critica della storia che sottolinea la forza liberatrice del Vangelo. Tra le​​ cause​​ del f. moderno si indicano tre grandi rivoluzioni: francese, industriale e del sentimento. Si individuano varie​​ fasi​​ che, con caratteristiche diverse, attraversano molte socio-culture secondo una traiettoria ideale: dalla rivendicazione dell’uguaglianza all’affermazione della diversità / complementarità; dal riconoscimento della diversità alla ricerca e attuazione della reciprocità valorizzando in modo propositivo anche il conflitto tra i sessi. Quest’ultima fase è la più esigente e impegnativa. Infatti, il riconoscimento costruttivo dell’uguaglianza / diversità tra i sessi è alla base della capacità di accoglienza dell’altro come diverso da sé. Nel f. convergono pure tre​​ tipologie​​ di percorsi: quello detto laico o a-confessionale, quello che matura nell’alveo del cristianesimo, quello operante nella vita consacrata femminile. Pur avendo caratteristiche e vie diverse, si arricchiscono reciprocamente e convergono in molti aspetti, quali la trasversalità, ecumenicità, universalità. Soprattutto a partire dagli anni ’80 sono state realizzate iniziative e ricerche condivise ove l’antropologia biblico-cristiana con la triplice dimensione relazionale della persona (teologale, umanistica e cosmica) è stata accolta come un luogo di risorse simboliche valido al di là delle appartenenze. Dopo Pechino, soprattutto con il decostruzionismo, è emersa una via rivendicativa individualistica che incide sulla possibilità di azioni comuni a favore delle donne. Le difficoltà, che stanno emergendo in sede ONU e nella Comunità Europea, ne sono un segno. La speranza è nella elaborazione di un nuovo umanesimo che consideri la persona nella sua integralità, quindi anche nella sua diversità sessuale, e si faccia carico dei diritti umani universali, base dei «diritti civili», difendendo le donne e tutti coloro che sono senza voce, umiliati nella loro dignità e identità.

4.​​ Una via.​​ Il f. è a una svolta. Si parla di post-f.: se vuole lavorare per il bene dell’umanità e non per interessi di parte, cioè dei potenti, deve accogliere la sfida del personalismo e promuovere l’antropologia uniduale, del maschile e del femminile. Giovanni Paolo II ha avviato questo percorso e soprattutto nella​​ Mulieris Dignitatem​​ e nella​​ Lettera alle donne​​ ha offerto una profonda riflessione che anche nella Chiesa non è stata ancora del tutto valorizzata. Il Papa interpella le donne, soprattutto credenti, ad elaborare un nuovo f. (Evangelium​​ vitae​​ 99), attingendo a quel «genio femminile» verso il quale l’umanità intera è tanto debitrice. Prendere sul serio questa «genialità» può attuare una nuova coniugazione di fecondità e felicità.

Bibliografia

Cavaglià P. - H. C. A Chang - M. Farina - E. Rosanna (Edd.),​​ Donna e umanizzazione della cultura alle soglie del terzo millennio. La via dell’educazione, Roma, LAS, 1998; Schooyans M.,​​ Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 2000; Roccella E.,​​ Dopo il f., Roma, Ideazione Editrice, 2001; Mancina C.,​​ Oltre il f.: le donne nella società pluralista, Bologna, Il Mulino, 2002; Roccella E. - L. Scaraffia,​​ Contro il cristianesimo. L’ONU e l’Unione Europea come nuova ideologia, Casale Monferrato, Piemme, 2005.

M. Farina