EDUCAZIONE CRISTIANA
EDUCAZIONE CRISTIANA
Le espressioni e.c. e «e. dei cristiani» sono due modi corretti per indicare l’azione educativo-formativa, esercitata dalle comunità cristiane e dal singolo cristiano, lungo la storia, sulle nuove generazioni in funzione di una loro maturazione umano-cristiana nei differenti contesti culturali (→ Cristianesimo, → Chiesa, → educatore cristiano).
1. Parola di Dio, tradizione ecclesiale ed e. La Parola di Dio, contenuta nella → Bibbia e trasmessa dalla Chiesa, non contiene una pedagogia rivelata valida per tutti i tempi, i luoghi e le culture, ma solo alcune esigenze fondamentali, a partire dalle quali e ispirandosi ad esse, le comunità cristiane sono chiamate ad impostare la loro prassi educativa nei differenti contesti culturali in cui devono vivere. La determinazione della natura, dei contenuti e della meta dell’e., cioè della → maturità, la scoperta dei metodi e dei mezzi adatti per raggiungerla, la configurazione delle istituzioni educative, sia di quelle naturali, come la famiglia, sia delle altre prodotte dalla cultura, come la scuola, sono lasciate all’inventiva delle generazioni cristiane operanti nelle diverse culture. Questo spiega perché nell’ambito dell’unica fede cristiana, di fatto e di diritto esistano prassi e istituzioni educative e scolastiche plurime, differenti tra loro e tuttavia compatibili con la suprema saggezza contenuta nella Parola di Dio, quindi tali da potersi legittimamente qualificare come cristiane (→ pedagogia cristiana). La Chiesa, lungo la sua storia bimillenaria, pur occupandosi di e. e di pedagogia, non l’ha fatto attraverso interventi dottrinali del magistero quanto piuttosto mediante esortazioni e direttive di tipo pastorale oppure mediante la promozione di esperienze educative e di istituzioni scolastiche, ispirate dalla Parola di Dio. Solo nell’epoca contemporanea la Chiesa ha affrontato il problema dell’e.c., in due importanti documenti: l’Enc. Divini Illius Magistri (1929-1930) di Pio XI e la Dichiarazione Gravissimum Educationis (= GE) (1965) del Conc. Vaticano II.
2. Dimensioni e obiettivi dell’e.c. oggi. L’e.c. deve essere intesa come un processo unitario di maturazione umana e di crescita cristiana. In esso le due componenti o dimensioni, quella umana e quella specificamente cristiana, pur essendo distinte a livello concettuale, non possono essere separate nella realtà concreta del processo educativo, il quale, a sua volta, riguarda non solo le persone singole ma anche le comunità ecclesiali, perché solo all’interno di queste ultime e mediante la loro capacità educativo-formativa, le persone singole possono crescere e maturare a livello umano e cristiano.
2.1. Prima e fondamentale componente dell’e.c. è la sua dimensione autenticamente umana e attuale. Deve essere un’e. la quale, pur differenziandosi all’interno delle diverse culture, miri a formare uomini maturi. «Tutti gli uomini di qualunque razza, condizione ed età, in forza della loro dignità di persona hanno il diritto inalienabile ad una e. che risponda al proprio fine, convenga alla propria indole, alla differenza di sesso, alla cultura e alle tradizioni del loro paese, e insieme aperta ad una fraterna convivenza con gli altri popoli al fine di garantire una vera unità e la vera pace sulla terra» (GE, 1). Non va dimenticato, però, che oggi i processi educativo-formativi devono realizzarsi in contesti culturali, caratterizzati da un pluralismo esasperato a tutti i livelli, da una conflittualità ideologica e religiosa che giustifica l’uso della violenza; da forme di sincretismo alla New Age, nelle quali l’identità della fede cristiana tende gradualmente a dissolversi. Per conseguenza l’e. dovrà essere concepita come un processo di crescente maturazione delle persone singole e delle comunità, orientato ad una migliore «qualità della vita» e a tipi di promozione e liberazione umana, definiti razionalmente nell’orizzonte delle supreme finalità cristiane. Primo obiettivo di un’e. così intesa è quello di sviluppare, nei giovani e negli adulti, una crescente capacità critica di fronte alle attese, alle aspirazioni e ai progetti di vita, che le agenzie di socializzazione e inculturazione diffondono largamente a tutti i livelli attraverso i mass-media, particolarmente la TV, per la sua diffusione capillare e la sua efficacia persuasiva. Tale obiettivo si raggiunge solo se si riesce a suscitare, particolarmente nel mondo giovanile, un tale amore per la verità da essere disposti a porla al di sopra di tutti gli altri interessi. Occorre aiutare i giovani a convincersi che la certezza sul vero senso della vita e l’impegno definitivo a servizio della verità e del bene sono raggiungibili, nonostante il diffuso scetticismo al riguardo. Il secondo obiettivo è quello di aiutare la generazione in crescita a costruirsi un progetto di vita autenticamente umano e ad acquisire quelle disposizioni psichiche che ne rendono possibile la realizzazione, anche quando il primo e le seconde risultino in contrasto con il quadro dei valori, dei progetti di vita e dei comportamenti, veicolati dal sistema culturale dominante. Terzo obiettivo infine di un’e. autenticamente umana e attuale è quello di coltivare nei giovani aspirazioni verso un mondo più umano, libero dalle oppressioni, che escluda i metodi della violenza, rispetti le persone, eviti le emarginazioni dei poveri, per poi orientarli verso un impegno serio e realistico a favore di qualche processo concreto di umanizzazione del mondo. Questi tre obiettivi dovrebbero essere attuati secondo una progettazione pedagogica che trovi la sua giustificazione nelle Scienze dell’e. in dialogo interdisciplinare tra loro e con la teologia (→ epistemologia pedagogica).
2.2. La seconda componente dell’e.c. è data da ciò che, a livello ontologico e teleologico, la specifica in quanto «cristiana». Ora il cristiano è la persona che, mediante la fede e il battesimo, è diventata una nuova creatura in Cristo, un figlio di Dio, però allo stato germinale, per cui è impegnato ad attuare un continuo processo di → conversione e di crescita nella fede, speranza e carità, avendo come meta la perfezione in Cristo o santità (Ef 4,13), concepita però in modo tale da includere al suo interno le finalità e gli obiettivi propri della maturazione umana. Gli obiettivi pertanto dell’e.c., in quanto tale, devono mirare al raggiungimento di una autentica maturazione umana all’interno di una crescita continua verso la perfezione cristiana o santità. Potremmo riassumerli nei seguenti quattro. Primo obiettivo che l’educatore cristiano deve prefiggersi è un annuncio efficace dei contenuti del kerygma cristiano (→ catechesi) alla generazione in crescita, per provocare, con l’aiuto della grazia, un vero processo di conversione, fondamento di ogni crescita cristiana. Si tratta di iniziare soprattutto adolescenti e giovani, gradualmente ma costantemente, ad una comprensione sempre più completa della visione cristiana della vita e del mondo e ad una accettazione sempre più matura della Parola salvifica di Dio in Cristo, mediante una fede viva e operosa, che tende a diventare sempre più matura. Il secondo obiettivo dell’e.c. è una vera iniziazione dei giovani alla vita liturgico-sacramentale delle comunità ecclesiali, che porti con gradualità le nuove generazioni a comprendere e a vivere coscientemente la dimensione cultuale e misterica della vita cristiana attraverso i segni liturgici (→ preghiera, → sacramenti). I giovani devono essere aiutati ad acquisire una religiosità sempre più matura e a superare la dissociazione perniciosa tra l’aspetto cultuale e gli aspetti profani della vita. Terzo obiettivo è l’apprendimento di una vita morale autenticamente cristiana mediante un vero tirocinio di pratica cristiana e, contemporaneamente a tale pratica, l’acquisizione di una conoscenza corretta delle dimensioni profonde del comportamento cristiano e un convincimento personale del suo valore, fondato su motivazioni non solo oggettivamente valide, ma anche percepite soggettivamente come tali (→ e. religiosa). Infine il quarto obiettivo specificamente cristiano dell’e. è l’iniziazione dei giovani all’apostolato ecclesiale, finalizzato alla crescita delle comunità cristiane nella loro dimensione «misterica», all’attuazione del loro fondamentale compito missionario agli uomini d’oggi (= la nuova evangelizzazione) e alla promozione di continui processi di liberazione dalle molteplici oppressioni cui le persone singole e le varie comunità umane sono soggette (→ Chiesa). È evidente che alla realizzazione di questi obiettivi devono partecipare tutte le componenti delle comunità cristiane, dalla famiglia alla scuola, dai gruppi giovanili alle associazioni e ai movimenti ecclesiali.
3. Il processo unitario di maturazione umano-cristiana. Il processo di maturazione umano-cristiana che dovrebbe caratterizzare l’e. dei cristiani, differenziandola dalle altre, va concepito come una realtà complessa, profondamente unitaria, all’interno della quale tuttavia sono distinguibili (ma non separabili) componenti personali e componenti comunitarie. Riteniamo che le componenti personali di un tale processo siano l’opzione globale di fede, il progetto di vita umano-cristiano e l’acquisizione di quei dinamismi permanenti che rendono possibile una vita umano-cristiana. Ciò che invece abilita le comunità ecclesiali ad essere l’ambiente adatto per la maturazione delle persone va ricercato nella loro dimensione a misura d’uomo, nella presenza in esse di una forte tensione evangelizzatrice non disgiunta da un autentico sforzo di promozione umana e in un clima di dialogo come atteggiamento, comunicazione e comunione collaborativa. L’opzione globale di fede con cui ci si converte al Cristo nella Chiesa, a causa del suo carattere radicale e totalizzante, viene ad essere di fatto un vero progetto di vita ed ha una funzione unificante di tutta la personalità. Proprio per questo possiede una valenza educativa, nel senso che può contribuire efficacemente alla maturazione della persona, purché il processo di conversione e crescita cristiana non sia a scapito della maturazione umana. Infatti il nuovo progetto di vita, incluso nella scelta di fede, provoca generalmente nel convertito un profondo sconvolgimento sul piano del pensiero e dell’azione, esigendo nuovi modi di vedere e giudicare la realtà e nuovi comportamenti. Si crea in lui una situazione conflittuale tra ciò che era prima («l’uomo vecchio», di cui parla S. Paolo) e ciò che è diventato ora («l’uomo nuovo») convertendosi. È una situazione che va superata, ma non a spese dell’umano, nell’accettazione sincera delle aspirazioni autenticamente umane del nostro tempo, nel rispetto di quei valori umani che l’umanità di tutti i tempi ha sempre stimato come mete dello sforzo etico della persona. Convertirsi significa iniziare un cammino di fede, speranza e amore-agape, mediante il quale il convertito si sforza di tradurre nella concretezza esistenziale della sua vita gli impegni che nascono dalla sua scelta radicale e totalizzante. Però, anche quando l’opzione globale di fede si è trasformata gradualmente in progetto cristiano di vita, non per questo si è già arrivati a colmare il vuoto che esiste tra ciò che si vuole essere (la nuova creatura in Cristo) e ciò che di fatto si è ancora; tra la mentalità di fede che si vorrebbe possedere e il modo di pensare e giudicare, che si aveva prima; tra la condotta ideale che ci si propone e quella effettiva, messa in opera nel grigiore della quotidianità. L’itinerario di maturazione cristiana implica ancora un lungo e faticoso lavoro di acquisizione di quelle strutture dinamiche o disposizioni permanenti, che nel linguaggio cristiano sono dette virtù, che orientano il cristiano a valutare e ad agire costantemente secondo gli obiettivi, remoti o prossimi, contenuti nel progetto di vita, ispirato alla fede. Si tratta di un vero «apprendistato» della vita cristiana. Perché il processo di maturazione umano-cristiana del convertito possa realizzarsi, deve avvenire all’interno di famiglie autenticamente cristiane, nelle quali i genitori hanno raggiunto una sufficiente maturità umana; famiglie, coadiuvate da gruppi ecclesiali a misura d’uomo, nei quali l’elemento «comunione» tra i membri sia reale ed evidente, senza escludere una piena apertura all’intera comunità cristiana e al mondo. Si esige inoltre, all’interno di questi gruppi, la presenza di un certo numero di persone umanamente mature, che abbiano già fatto un cammino di crescita della loro esperienza di fede e siano impegnate in un’azione di testimonianza evangelizzatrice e di promozione umana. Sono appunto queste persone quelle che realizzano la figura del vero educatore cristiano. Esse, con la loro autorevolezza, umana e cristiana, possono donare, ai giovani, un efficace aiuto educativo, offrendo loro le condizioni ideali per una conversione e crescita in Cristo, che contenga, al suo interno, un vero processo di maturazione umana.
Bibliografia
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G. Groppo