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disturbi dell’APPRENDIMENTO

 

APPRENDIMENTO: disturbi dell’

Difficoltà o incapacità di raggiungere i livelli scolastici attesi dall’ambiente socioculturale.

1. Si possono distinguere due tipi di disturbi: a)​​ disturbi generali di a.​​ e cioè difficoltà presenti in tutte le aree dell’a., per cui si verifica un rendimento scolastico globale inferiore alla media. È possibile individuare l’origine di tali disturbi nei fattori:​​ fisici​​ (lesioni cerebrali, sordità, cecità, o altri handicap di carattere organico);​​ intellettuali​​ (inibizione intellettiva);​​ affettivi​​ (carenze affettive, presenza di un elevato livello di​​ ​​ ansia, disturbi nevrotici o psicotici, stati depressivi, iperattività);​​ familiari​​ (disturbi psichici di uno o di entrambi i genitori, conflitti coniugali, separazione o​​ ​​ divorzio, elevate richieste e attese da parte dei genitori circa il rendimento scolastico o all’opposto loro incapacità a motivare adeguatamente i figli allo studio, eccessiva rivalità fraterna alimentata da sistematici confronti da parte dei genitori);​​ socio-culturali​​ (condizioni economiche sfavorevoli, basso livello sociale dove non è presente come valore l’istruzione scolastica); b)​​ disturbi specifici dell’a.,​​ per cui compaiono difficoltà in un settore particolare dell’attività scolastica. I soggetti interessati a tali disturbi abitualmente hanno un QI normale.

2. I principali disturbi specifici dell’a. sono: la​​ ​​ dislessia e la​​ ​​ discalculia. Il termine dislessia (dal gr.​​ dis:​​ difficile e​​ lexis:​​ parola) sta ad indicare la presenza di una difficoltà di lettura, per cui soggetti scolarizzati e d’intelligenza normale denunciano una grave difficoltà a decodificare le parole stampate. Non si può parlare di dislessia se non dopo i 7 anni. Prima di questa età infatti gli errori di lettura sono banali e frequenti. Tale disturbo è abitualmente accompagnato anche dalla​​ disortografia​​ e cioè da una difficoltà a scrivere correttamente. Inoltre esso è più presente nei maschi che nelle femmine, in rapporto da 4 a 1, e nei soggetti di età scolare lo si riscontra in una percentuale che oscilla tra il 5 e il 15%. Non si è di fronte ad una vera e propria dislessia, se la difficoltà di lettura è connessa con disturbi presenti anche in altri settori di a. (aritmetica, storia, geografia). Le principali modalità di espressione della dislessia sono: confusione di lettere con grafia simile (e-a, l-h, m-n); confusione di suoni simili (p-d, v-f); inversione cinetica di alcune lettere nella parola (in-ni, al-la); confusione di lettere graficamente simmetriche (n-u); omissione o aggiunta di lettere, sillabe o parole; contrazione e deformazione di sillabe, lettere o parole; righe saltate; punteggiatura e tono inesistenti; non distinzione delle parole simili tra loro. Da segnalare che oltre alla dislessia esiste anche il disturbo dell’iperlessia.​​ Esso consiste nella capacità, superiore alla media, di decodificare le parole senza però capirne il significato.

3. Circa l’eziologia​​ della dislessia ci sono due grandi correnti: a)​​ teoria del singolo fattore​​ che individua la causa in una disfunzione del processo visivo-spaziale; b)​​ teoria multifattoriale​​ che vede la dislessia come il risultato dell’influsso più o meno accentuato di due o più fattori tra loro connessi. Possono essere: fattori genetici, disturbi cerebrali, mancinismo contrastato, turbe della comunicazione verbale, cattivo orientamento visivo-spaziale, debolezza uditiva; disturbi dello schema corporeo, identificazione inadeguata, fissazione o regressione affettiva, inibizione intellettiva, turbe della funzione simbolica, carenze culturali. Relativamente al peso che i fattori elencati rivestono, si possono distinguere diversi tipi di dislessia: a)​​ costituzionale.​​ È la più grave e la più difficile da curare. Essa è collegata ad una cattiva lateralizzazione, a disturbi del linguaggio, a perturbazioni gravi a livello dell’orientamento, con conseguenti disturbi a livello intellettivo e di personalità; b)​​ evolutiva.​​ È determinata dalla mancata individuazione del mancinismo fin dai primi esercizi scolastici o da un metodo difettoso di apprendimento; c)​​ affettiva.​​ È legata ad un blocco affettivo-relazionale.

4. Rispetto alla dislessia, la discalculia è più rara. Essa consiste in una difficoltà a comprendere ed utilizzare i numeri e quindi in una incapacità di effettuare operazioni aritmetiche elementari (addizione, sottrazione, ecc.) e conseguentemente, nelle scuole superiori, in un insuccesso nel campo della geometria, della fisica e della chimica, pur in assenza di una compromissione delle altre forme di ragionamento logico e di simbolizzazione. La discalculia è più presente nelle femmine che nei maschi. Nelle espressioni più correnti la discalculia è associata alla disgnosia digitale (difficoltà di riconoscere le dita) e all’aprassia costruttiva (difficoltà a riconoscere e a riprodurre i gesti e le figure nello spazio, come, ad es., un triangolo o una croce). La forma più completa di tale disturbo è la​​ sindrome di Gerstmann.​​ Essa comprende i seguenti sintomi: discalculia, disgnosia digitale, difficoltà di strutturazione spaziale e cioè indistinzione sinistra-destra, disgrafia, aprassia costruttiva, disprassia digitale. Circa l’eziologia​​ della discalculia vale quanto detto a riguardo della dislessia.

5. Si calcola che il 10-15% dei soggetti in età scolare denunci dei disturbi generali dell’a. e che il 5-10% sia coinvolto in un qualche disturbo specifico.

Bibliografia

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V. L. Castellazzi