DIRITTO ALL’EDUCAZIONE
DIRITTO ALL’EDUCAZIONE
In senso giuridico l’espressione d.a.e. definisce l’insieme delle prestazioni che assicurano il raggiungimento di un risultato, l’istruzione, mentre da un punto di vista pedagogico si riferisce al complesso delle misure rivolte a garantire l’educazione di ogni uomo, di tutto l’uomo, per tutta la vita.
1. La riflessione pedagogica. Gli anni ’80 hanno segnato l’allargamento del d.a.e., caratterizzato fino ad allora prevalentemente dai tratti della quantità, dell’uniformità e dell’unicità; tale estensione ha portato a comprendere anche gli aspetti della qualità, della differenziazione e della personalizzazione. Pertanto non basta assicurare l’accesso di tutti alla scuola e l’eguaglianza dei risultati fra i vari strati sociali, ma è necessario garantire il d. a un’educazione di qualità. Nella stessa prospettiva si dovrà anche contemperare eguaglianza e diversità, tutela ed eccellenza. Un altro orientamento è consistito nel potenziare la partecipazione alla gestione delle strutture formative perché la riduzione e l’eliminazione delle diseguaglianze di opportunità non possono essere realizzate senza il coinvolgimento dei gruppi che soffrono direttamente dell’impatto delle disparità. Il concetto di d.a.e. mentre si è esteso e diversificato sul piano dei contenuti, ha dato vita in riferimento ai soggetti tutelati a principi autonomi. In proposito si possono ricordare quello dell’eguaglianza fra i due sessi; l’ → educazione interculturale che consiste nella messa in rapporto delle culture, nella comunicazione reciproca, nell’interfecondazione, mentre esclude l’assimilazione; l’integrazione dei disabili nella scuola ordinaria, che significa rispondere ai bisogni di tutti gli alunni e di ciascuno, dare risposte differenziate perché gli alunni sono diversi e fornirle all’interno della scuola ordinaria. Comunque, il cambiamento più profondo sul piano pedagogico consiste nell’accettazione mondiale della strategia dell’ → educazione permanente come idea madre delle politiche educative del futuro: essa significa garantire l’educazione di ogni uomo, di tutto l’uomo, per tutta la vita.
2. I risvolti giuridici e politici. L’assistenza scolastica è stata introdotta formalmente in Italia con la legge Daneo-Credaro del 1911, che stabilì l’obbligo di istituire in ogni comune un Patronato scolastico con il compito di assicurare l’iscrizione e la frequenza degli alunni nella scuola. Nel 1924 sono state create presso ogni istituto secondario le casse scolastiche per garantire l’assistenza a tale livello del sistema formativo. A sua volta, l’ → obbligo d’istruzione era stato stabilito precedentemente con la legge Casati (1859), ma la normativa è rimasta ampiamente disattesa. Con la Costituzione repubblicana viene compiuto un salto di qualità. Infatti, l’art. 34 stabilisce l’apertura della scuola a tutti, l’obbligo di istruzione, la gratuità dell’istruzione, il d. dei capaci e dei meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti di studi; soprattutto, la nostra Carta fondamentale concepisce la scuola come uno strumento di rinnovamento culturale e di eguaglianza sociale. In altre parole, la Costituzione ha sancito il d. all’istruzione come un vero e proprio d. soggettivo pubblico di prestazione che comporta per la pubblica amministrazione un obbligo positivo a fare. La Costituzione ha anche attribuito alle Regioni la competenza sull’assistenza scolastica. Il relativo trasferimento delle funzioni come anche il decentramento ai Comuni sono stati realizzati durante gli anni ’70. Lo sbocco finale è rappresentato dalla L. 53 / 03 che all’art. 2., co. 1, lettera c) assicura a tutti «il d. all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età» nel quadro della promozione dell’«apprendimento in tutto l’arco della vita» – art. 2., co. 1, lettera a). Il salto di qualità realizzato in materia dalla riforma Moratti ha trovato la sua attuazione concreta con l’approvazione del D. Lgs. 76 / 05 che definisce la norme generali sul d.-dovere all’istruzione e alla formazione. Nel quadro dell’apprendimento per tutto l’arco della vita, esso ribadisce l’impegno a garantire a tutti eguali opportunità di conseguire livelli culturali elevati e di sviluppare capacità e competenze adeguate a una transizione soddisfacente nella società e in particolare nel mondo del lavoro. L’obbligo scolastico e l’obbligo formativo non vengono dimenticati, trascurati o indeboliti, ma trovano un loro inveramento più pieno nella nuova normativa, nel senso che vengono ridefiniti e ampliati come d. all’istruzione e alla formazione: in altre parole, la fruizione dell’offerta educativa viene a rappresentare per tutti, includendo anche i minori stranieri, sia un d. soggettivo sia un dovere sociale. I giovani incominciano a beneficiare concretamente del d.-dovere con l’iscrizione alla scuola primaria e nella secondaria di 1° grado tale tutela si traduce almeno nella organizzazione da parte delle scuole di iniziative di orientamento. Quanti poi ottengono il titolo del 1° ciclo si iscrivono ad un istituto del sistema dei licei o del sistema di istruzione e formazione professionale fino al conseguimento di un diploma liceale o di un titolo o di una qualifica professionale di durata almeno triennale sino al diciottesimo anno di età. Sul piano informativo, a sostegno dell’attuazione del d.-dovere, viene creato il sistema nazionale delle anagrafi degli studenti. Il nuovo governo di centro-sinistra ha deciso di innalzare di due anni l’obbligo di istruzione (cfr. comma 626 della L. 296 / 06) perché sarebbero necessari per rafforzare ed elevare le competenze di base e per effettuare le scelte di indirizzo e di percorso con una maggiore consapevolezza. Nonostante l’intenzione certamente positiva, nel confronto tra obbligo di istruzione e d.-dovere di istruzione e di formazione mi sembra che vada preferita senz’altro la seconda impostazione perché l’obbligo presuppone una concezione di cittadini come sudditi che uno Stato benevolo e lungimirante e sollecito degli interessi loro e dell’intera società costringe ad istruirsi, mentre il d.-dovere rinvia alla consapevolezza dei cittadini circa la loro capacità di assumere in prima persona il compito della propria formazione.
Bibliografia
Pototschnig U., «Istruzione (d. alla)», in Enciclopedia del d., vol. XXIII, Milano, Giuffré, 1973, 96-116; Rapporto del Gruppo Ristretto di Lavoro costituito con D. M. n. 672 del 18 luglio 2001, in «Annali dell’Istruzione» 47 (2001) 1 / 2, 3-176; Montemarano A., Dall’obbligo scolastico e formativo al d.-dovere all’istruzione e formazione, in «Rassegna CNOS» 21 (2005) 3, 110-116; Malizia G., «La legge 53 / 2003 nel quadro della storia della riforma scolastica in Italia», in R. Franchini - R. Cerri (Edd.), Per una istruzione e formazione professionale di eccellenza, Milano, Angeli, 2005, pp. 42-63; Audizione del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni. VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione (29 giugno 2006), Roma, 2006; Romei P., D.-dovere all’istruzione e alla formazione: qualche considerazione, in «Dirigenti Scuola» 24 (2005) 4, 20-26.
G. Malizia