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COSTUME

 

COSTUME

Modo diffuso di pensare ed agire collegabile alla tradizione culturale di un gruppo o di un’epoca storica.

1. L’etimologia (dal lat.​​ cons[ue]tumen​​ variante popolare del classico​​ consuetudo)​​ collega il termine a «consuetudine», «abitudine». In tal senso sta a significare l’insieme delle usanze, delle credenze, dei modi di essere e di agire che caratterizzano la vita sociale e la cultura di un gruppo, di un popolo, di una nazione, di una collettività in una data epoca (e al limite che caratterizzano un’epoca nella sua globalità). Dal punto di vista soggettivo, ciò si riflette nel modo abituale di agire, di comportarsi e di presentarsi di una persona, dovuto al temperamento personale o acquisito per esperienza, per educazione e per lunga consuetudine e compartecipazione ad un vissuto sociale. Per lo più il c. riveste un certo carattere etico, per cui viene ad essere anche sinonimo di condotta morale consueta di un individuo o di una collettività (come nelle espressioni «buon c.», «mal c.», «uomo o donna di buoni o di pessimi c.». In tal senso si può collegare al termine lat.​​ mores.​​ Un ambito particolare dei c. è dato dai c. educativi, vale a dire dai modi di pensare e promuovere, socialmente, la crescita e la buona qualità della vita personale, individuale e comunitaria, utilizzando modelli e pratiche formative socialmente approvate e tradizionalmente consolidate.

2. L’attenzione ai c. degli individui e dei popoli è antichissima, ma certamente dall’Illuminismo in poi (cfr. Montesquieu e in genere il mito del «buon selvaggio») ha assunto una rilevante portata critica nei confronti degli​​ ​​ stili di vita e dei modelli di sviluppo tradizionali, o comunque socialmente approvati nella civiltà occidentale. L’​​ ​​ antropologia culturale ne ha fatto un ambito peculiare di ricerca e di studio, ai cui inizi è senz’altro da porre la ricerca di W. G. Sumner (1906) che già nel titolo,​​ Folkways,​​ mette in luce come i c. diventino «vie», «cammini di vita» per gli individui e per la comunità. Il discostarsi dai c. rischia facilmente l’etichettamento di «deviante», di «strano», di «diverso», con conseguenze e riflessi, non sempre positivi, sull’esistenza personale e su quella di gruppo. Anzi, la violazione dei c. sociali, soprattutto in certe società fortemente difensive, può essere considerata come un attentato o perlomeno un pericolo alla pacifica convivenza, e pertanto severamente punita con pene di vario tipo: prigione, scomunica, esilio, censura, internamento in istituzioni manicomiali o in «gulag», o in campi di lavoro forzato, radiazione da cariche sociali; o quantomeno con forme varie di pubblico disprezzo. I c. assolvono infatti ad una funzione di integrazione e di conformità rassicurante, ed in tal senso sono sentiti come un fattore di coesione, di stabilità, di continuità e di benessere sociale e dal punto di vista soggettivo come un fattore di identità e di appartenenza comunitaria.

3. L’accelerazione del mutamento socioculturale e dell’innovazione scientifico-tecnologica, l’accresciuta complessità della convivenza sociale, la vasta tendenza alla concentrazione urbana della popolazione, il forte senso del pluralismo e della differenziazione sociale, l’incontro multiculturale apportato dal mercato globale e mondializzato, comportano oggi profonde trasformazioni del c., anche solo rispetto ad un recente passato, in tutti i campi e particolarmente in quello relazionale e sessuale. Il senso di stabilità «sacrale» e di obbligatorietà morale, che i c. tendono ad avere, vengono così ad essere messi in discussione. In più d’un caso vengono sostituiti o compensati dai valori e dalle indicazioni della moda, specie a seguito dell’incisivo influsso dei​​ ​​ mass media, televisione in particolare, ma anche del crescente utilizzo dei personal computer e delle reti di comunicazione a distanza. Ciò provoca spesso forme di difesa oltranzistica e fondamentalistica dei c. tradizionali; ma anche forme di culto folkloristico di essi.

4. La pratica educativa contemporanea favorisce la conoscenza e la rivisitazione critica del folklore e dei c. locali, nazionali, internazionali e mondiali, attribuendo a tale opera istruttiva valore antropologico e formativo in ordine al consolidamento dell’identità personale, culturale, sociale. A sua volta, la coscienza pedagogica contemporanea, a fronte della notevole ambivalenza dei c. sociali invita a bilanciare i possibili effetti perversi della loro trasmissione con l’introduzione di elementi innovativi e soprattutto con forme di coscientizzazione critica e stimolazione della creatività soggettiva.

5. Al limite si potrebbe dire che la coscientizzazione dei c. sociali in genere e di quelli educativi in particolare, la stimolazione della capacità di giudizio morale autonomo, il rafforzamento della libertà e della responsabilità individuale e comunitaria, fanno parte del c. pedagogico ed educativo contemporaneo: pur nel pluralismo delle giustificazioni e dei quadri di valore, e pur nelle incertezze e diversificazioni delle strategie operative.

Bibliografia

Sumner W. G.,​​ C. di gruppo,​​ Milano, Comunità, 1966 (orig.:​​ Folkways,​​ New Haven, Yale University Press, 1906); Olson M.,​​ La logica dell’azione collettiva,​​ Milano, Feltrinelli, 1983; Callari Galli M.,​​ Antropologia culturale e processi educativi,​​ Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1993; Sorcinelli P. (Ed.),​​ Identikit del Novecento: conflitti,​​ trasformazioni sociali,​​ stili di vita, Roma, Donzelli, 2004; Botta G. (Ed.),​​ Tradizioni e modernità. Saperi che ci appartengono, Torino, Giappichelli, 2007.

C. Nanni