CATECHISMO
CATECHISMO
Nella prima accezione della parola, il c. è l’istruzione orale e familiare della religione cristiana fatta dopo il battesimo ai fanciulli e agli adulti. Di qui, a partire dal sec. XVI, il termine è passato a designare, ben presto quasi esclusivamente, il libro che contiene l’esposizione elementare delle verità fondamentali del cristianesimo. Il c. è allora un manuale popolare, un riassunto esatto e sicuro della dottrina cristiana, redatto a domande e risposte, approvato e proposto dal vescovo per la sua diocesi. È avvenuto spesso che fossero detti c. anche libri a domanda e risposta di altri rami del sapere.
1. Il c. come libro di studio per gli alunni si sviluppò dalle formule catechetiche trasmesse per tutto il → Medioevo, accresciute, verso la fine del periodo, sulla base dei «cataloghi dei peccati» usati nella prassi confessionale, come spiegazioni del Credo e del Pater, e poi anche del Decalogo e dell’Ave Maria, e dei cataloghi medievali delle virtù e dei vizi. I c. più diffusi del sec. XVI, quelli di Lutero (1529), Canisio (1555-59), Auger (1563, 1568), Astete (1576), Ripalda (1586) e Bellarmino (1597 / 98), sono manuali brevi, destinati ad essere appresi a memoria con un minimo di spiegazione. Si compilano anche c. con un discorso espositivo, dal C. Romano o del Concilio di Trento (1566) a numerosi altri dei secoli seguenti, per persone colte o come guida ai catechisti. Si tentano anche «c. storici», che seguono l’esposizione della storia della salvezza. Ma è solo verso la metà del sec. XX che (parallelamente al rinnovamento della → catechesi) si sperimentano nuove forme di c., meno dottrinali, che abbandonano il metodo mnemonico, si ispirano alla → Bibbia e alla → Liturgia e danno spazio all’esperienza di vita e a moderne concezioni del processo di insegnamento-apprendimento.
2. Il c. ha costituito, negli ultimi secoli, un fattore importante nello sviluppo della cultura popolare, ed è sempre più riconosciuto come un documento di importanza considerevole per conoscere la storia di un paese e di un popolo; e non solo la storia religiosa, ma quella totale, sociale e culturale. Non ha influenzato solo la formazione del cristiano, ma anche quella dell’uomo in generale. Il c. offre un elemento importante per comprendere come si trasmettono i valori e la rappresentazione del mondo da una generazione all’altra. Non è un fatto isolato, poiché si radica in una fede collettiva, in una pratica sociale, in una cultura. Nella sua forma elementare e volutamente sintetica è in un certo modo l’espressione di un tempo e di una società. Il testo di c. veniva letto ad alta voce, ripetuto, memorizzato: così ha avuto un ruolo incisivo nella formazione di coloro che lo hanno utilizzato, ha contribuito a formare il loro linguaggio religioso, la loro maniera di pensare e di esprimere la propria fede, influenzando la loro visione della vita e tutta la loro cultura. In alcuni Paesi, il c. redatto nella lingua nazionale, ha contribuito a superare il provincialismo dialettale.
3. L’apprendimento «catechistico» si presta a severe critiche dal punto di vista didattico e pedagogico. Il metodo domanda-risposta usato dal c. aveva perduto ogni traccia del dialogo socratico, volto alla ricerca della verità, o di quello della disputa medievale, mirante alla intelligenza di un testo, per diventare uno strumento destinato ai semplici, al fine di inculcare loro una dottrina di cui è garanzia l’autorità del maestro. È un limite che nelle comunità protestanti veniva superato dalla lettura della Bibbia, e in quelle cattoliche dall’educazione familiare e dalla partecipazione alla liturgia parrocchiale, che ne completavano e compensavano l’austerità. Nel mondo cattolico troppo sovente il c. è diventato un sostituto della Bibbia. Mentre questa presenta un insegnamento più aperto e non sistematico, il c. tende a offrire una enciclopedia elementare della dottrina cristiana. L’idea di c. è correlativa a quella di totalità. L’uso del c. ha spesso comportato una mutazione nell’atteggiamento: non si è più nel clima di ascolto e di accoglienza proprio della lectio divina, ma in quello della comprensione e dell’argomentazione. Siamo nell’universo della razionalità, che caratterizza l’età moderna. Inoltre, il carattere «dottrinale» del c. non rendeva ragione della dimensione storica e personale del fatto cristiano. Per motivi teologici e pedagogici, il c. è oggi considerato come uno strumento da concepire in forma nuova, se si vuole assicurare un’educazione religiosa più adeguata sia alla natura del cristianesimo sia al genio dell’epoca contemporanea.
Bibliografia
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U. Gianetto