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ANORESSIA MENTALE

 

ANORESSIA MENTALE

Il termine a.m. pare sia stato proposto per la prima volta da C. Huchard nel 1883 per indicare un disturbo dell’alimentazione che affligge soprattutto le donne (95% circa dei casi) in un’età molto giovane (fra i 13 e i 25 anni circa) ed è caratterizzato, soprattutto, da avversione all’aumento di peso per motivazioni inconsce o semicoscienti.

1. Diversamente da quanto sembrerebbe indicare il termine a. che etimologicamente vuol dire​​ mancanza di appetito,​​ questo non viene in realtà compromesso; l’anoressica intenzionalmente mangia poco, si alimenta con una dieta sproporzionatamente ipocalorica, usa lassativi o diuretici, o con frequenza vomita l’alimento ingerito. Vengono segnalate dagli studiosi di questo argomento delle forme minori e di più comune riscontro che si verificano solitamente in adolescenti fra i 13 e i 15 anni e che si risolvono nel giro di alcuni mesi; forme intermedie in cui gli episodi anoressici sono inframmezzati da recupero transitorio di peso o in seguito a crisi bulimiche o in seguito ad ospedalizzazione; forme gravi in cui il deperimento organico può portare a conseguenze pericolose, o immediate o postume. Nell’anoressica si ha quasi costantemente alterazione delle funzioni endocrine e sospensioni dei cicli mestruali; un atteggiamento ambiguo verso il proprio corpo il cui schema e il cui significato vengono alterati e strumentalizzati.

2. L’a. è stata interpretata in vari modi: la si è intesa come facente parte di un quadro isterico con cui, peraltro, ha molte somiglianze. È stata confusa col morbo di Simmonds dal quale però differisce sostanzialmente perché non c’è lesione ipofisaria. Ha degli aspetti compulsivi ma non si può identificare con un disturbo ossessivo-compulsivo. Oggi si tende ad attribuirle un’autonomia nosografica. Quanto alla eziologia, alla patogenesi e alla psicodinamica le interpretazioni variano da scuola a scuola; c’è sufficiente accordo sul dato che 1’​​ ​​ ambiente, sia familiare (con le difficoltà di comprensione reciproca fra i componenti e gli sconfinamenti di ruoli, soprattutto materni) sia sociale (con le proposte di interessi a cui mirare), influisce in modo determinante sull’insorgere dell’a. Così pure la percezione che l’anoressica ha del proprio corpo, il significato che gli attribuisce e la strumentalizzazione che ne fa, sono fondamentali per capire questo disturbo.

Bibliografia

Palazzoli-Selvini M.,​​ L’a.m.,​​ Milano, Feltrinelli, 1973; Ganzerli P. - R. Sasso,​​ La «rappresentazione anoressica». Contributo delle tecniche psicodiagnostiche allo studio dell’a.m.,​​ Roma, Bulzoni, 1979; Bracconnier A. - D. Marcelli,​​ Psicopatologia dell’adolescente,​​ Milano, Masson, 1991; Apfeldorfer G.,​​ Mangio dunque sono,​​ Venezia, Marsilio, 1993; Montecchi F.,​​ A.m. dell’adolescenza,​​ Milano, Angeli, 1994; Barbetta P.,​​ A.​​ e isteria: una prospettiva clinico-culturale, Milano, Cortina, 2005.

V. Polizzi