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AMOREVOLEZZA

 

AMOREVOLEZZA

Il termine a. è quasi caduto in disuso nella lingua it.; ma nei secoli XVI-XIX ricorre con frequenza anche come categoria «pedagogica» (nell’educazione, nella catechesi e nella​​ ​​ pastorale).

1. Esso indica una particolare modalità di rapporti tra padri / madri e figli, tra maestri / educatori-maestre / educatrici e allievi / allieve, tra catechisti e catechizzandi, tra sacerdote / confessore e fedele / penitente. «A.​​ – scrive il Tommaseo – è il segno dell’amore, della benevolenza, dell’affetto; segno che può essere più o meno evidente e sincero.​​ Amorevole​​ indica gli atti esterni di un sincero amore [...] L’a. innoltre è, più d’ordinario, da superiore a inferiore. Può però anco l’a. essere tra pari, così come l’affetto [...]. La vera a. cristiana vien sempre dal cuore» (Nuovo diz. de’ sinonimi,​​ Napoli, 1905, 102-103).

2. Già nelle​​ Constitutioni et Regole della Compagnia et Scuole della Dottrina Christiana​​ (1585) è stabilito per il maestro: «con charità, a. et mansuetudine gli [gli scolari] riceva», seguendo l’esempio «di Christo, che con tanta charità et a. accettò quello fanciullo, che gli andò avanti». Anche​​ ​​ Aporti parla della necessità di «guadagnarsi prima di tutto l’affezione e la confidenza dei fanciulli», tenendo conto che «si ama chi ci tratta con a.» e che «il mezzo che più concorre a conciliare la benevolenza è la benevolenza»​​ (Scritti pedagogici​​ II, Torino, Chiantore, 1945, p. 85, 440-441). Fratel Théoger delle Scuole cristiane, conosciuto da don​​ ​​ Bosco a Torino (Virtù e doveri di un buon maestro,​​ Torino, Paravia, 1863), sviluppa il tema del maestro che «procura colle sue amabili qualità di conciliarsi l’a. degli scolari» (p. 5). Il barnabita A. Teppa,​​ Avvertimenti per gli educatori ecclesiastici della gioventù​​ (Roma / Torino, Marietti, 1868), una delle fonti delle pagine di don Bosco sul​​ ​​ sistema preventivo del 1877, parla di «amorevoli parole», di «amorevoli correzioni», «modi amorevoli», di castighi dati «con dignità e insieme con a.» (pp. 40, 49).

3. Don Bosco fa dell’a. uno dei tre pilastri (gli altri sono la​​ ​​ ragione e la​​ ​​ religione) su cui poggia il «sistema preventivo», la cui «pratica è tutta appoggiata sopra le parole di S. Paolo che dice: La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e sostiene qualunque disturbo». L’a. è precisamente «amore dimostrato» con immediatezza, sincerità e riserbo, e può considerarsi sinonimo di dolcezza, mansuetudine, benevolenza, amore-carità paziente e comprensiva. Don Bosco raccomanda l’a. anche ai confessori: «Accogliete con a. ogni sorta di penitenti, ma specialmente i giovani» (Opere edite​​ XIII 181); ma più universalmente a tutti coloro che si occupano dell’età in crescita: genitori, educatori, insegnanti, assistenti, animatori. Egli, però, non si nasconde alcune possibili ambiguità pedagogiche nel praticarla; perciò la vuole vissuta in sintesi con la ragione / ragionevolezza e la virtù teologale della carità. In relazione alle cautele e alle avvertenze di don Bosco, una innovativa pista di ricerca di grande forza suggestiva, con preciso riferimento alla sensibilità odierna nei confronti della sessualità e dell’amore, è percorsa e indicata dal salesiano francese Xavier Thévenot.

Bibliografia

Perquin N.,​​ Don Bosco als opvoeder en psycholoog,​​ in «Dux» 29 (1962) 433-439;​​ Rougier S.,​​ L’avenir est de la tendresse. Ces jeunes qui nous provoquent à l’espérance, Paris, Salvator, 1979; Thévenot X.,​​ Don Bosco educatore e il sistema preventivo. Un esame condotto a partire dall’antropologia psicoanalitica, in «Orientamenti Pedagogici» 35 (1988) 701-730;​​ Id., «L’affectivité en éducation», in​​ Éducation et pédagogie chez don Bosco,​​ Paris, Fleurus, 1989, 233-254; Braido P.,​​ Breve storia del «sistema preventivo»,​​ Roma, LAS, 1993; Id.,​​ I molti volti dell’a., in «Rivista di Scienze dell’Educazione» 37 (1999) 17-46.

P. Braido